La giovane madre mostra un sorriso mentre adagia il figlioletto di 17 mesi su una stuoia per farlo addormentare. Il suo fratellino di tre anni ride di gusto a qualche metro di distanza giocando appassionatamente con gli amici, mentre il padre porta tra le braccia del cibo per dar da mangiare a moglie e figli. Quello che appare come il perfetto ritratto di una famiglia felice è in realtà una dimensione del tutto nuova per Rahima e i suoi cari.
Nel 2017, la sua famiglia è stata costretta ad abbandonare improvvisamente la propria casa vicino a Buthidaung, in Myanmar, quando il quartiere dove vivevano è stato attaccato. Come migliaia di altri rifugiati rohingya, sono riusciti a trovare riparo nel distretto di Cox’s Bazar in Bangladesh, un’area che è stata trasformata nel più grande insediamento di sfollati al mondo, che ospita quasi 915.000 rifugiati appartenenti a quel gruppo etnico.
Tuttavia, pur avendo raggiunto un luogo sicuro, hanno comunque dovuto affrontare diverse criticità: degrado ambientale, servizi igienico-sanitari carenti, mancanza di infrastrutture e, forse ancor più temibile, la minaccia di un clima ostile, caratterizzato dall’avvento dei monsoni.
“La sfida più grande che abbiamo dovuto affrontare era legata al rifugio in cui vivevamo. Con l’arrivo del monsone, ogni volta che pioveva, il pavimento s’impregnava d’acqua e si trasformava in uno strato di fango”, afferma la venticinquenne Rahima. “C’erano insetti dappertutto, l’aria era malsana e i nostri figli si ammalavano”.
Il monsone destava in Rahima e in genitori come lei anche altre preoccupazioni: l’eventualità di inondazioni e smottamenti. Condizioni meteorologiche estreme, pendii ripidi e rifugi improvvisati possono essere una combinazione letale in un luogo così densamente popolato.
Grazie al sostegno di donatori come te, l’UNHCR e i suoi partner hanno lavorato per salvare e migliorare la qualità della vita dei rifugiati rohingya, contribuendo a sviluppare e a salvaguardare gli insediamenti nel distretto di Cox’s Bazar. Decine di migliaia di rifugi sono stati sostituiti in blocco o riparati, decine di ettari di terreno degradato sono stati bonificati e migliaia di rifugiati sono stati formati per rispondere alle emergenze e non solo.
L’anno scorso la famiglia di Rahima ha ricevuto un nuovo rifugio più funzionale, costruito per resistere agli effetti del monsone e ad altre condizioni meteorologiche estreme. Il rifugio è stato realizzato in bambù resistente e issato su piccole palafitte, in modo che l’acqua possa scorrere sotto di esso.
“Quando vivevamo nel vecchio rifugio ero preoccupata ma adesso non lo sono più. Ora il pavimento e le fondamenta sono più resistenti”, afferma Rahima. “Non mi preoccupano più neanche le piogge: siamo tranquilli. Non vediamo l’ora di vivere una vita migliore grazie al tuo sostegno”.
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