Quando le famiglie ucraine in fuga dagli scontri hanno iniziato ad andare verso ovest, Rymma Mytrak ha escogitato un piano e con l’aiuto dei suoi vicini ha aperto un rifugio per 80 persone in pochi giorni.
Rymma Mytrak, 35 anni, gestisce un ostello che ha creato per gli ucraini sfollati da un piccolo ufficio dove dorme anche la sua famiglia. © UNHCR/Victoria Andrievska
La 35enne ex parrucchiera sapeva per esperienza personale quanto sia importante trovare un luogo sicuro per chi non ha un altro posto dove andare.
“Io stessa vengo da un orfanotrofio, quindi ho sentito che dovevo fare tutto il possibile per aiutare le persone che – come me molti anni fa – hanno bisogno di sostegno”, ha spiegato.
Mytrak ha deciso di aprire un rifugio per sfollati interni (IDP) nel villaggio di Velykyi Bereznyi, vicino al confine occidentale dell’Ucraina con la Slovacchia. Non avendo una sua proprietà, ha condiviso la sua idea sui social e in pochi giorni il villaggio si è radunato per convertire un magazzino inutilizzato in un ostello per 80 persone.
“Ho creato un annuncio su Facebook sulla mia intenzione di avviare un ostello. Quattro giorni dopo, eravamo già in grado di iniziare ad ospitare persone”, dice.
Con attrezzature limitate, Mytrak ha dovuto essere creativa per preparare la struttura a ricevere i primi ospiti. “In questa stanza, per esempio, abbiamo fatto dei letti con le scrivanie dell’ufficio. Abbiamo usato tutte le risorse che avevamo a portata di mano”.
Un’altra piccola stanza fuori dal lungo corridoio dell’edificio ha tre letti a castello schiacciati all’interno, e c’è anche una cucina comune attrezzata con elettrodomestici donati e una sala da pranzo con decine di sedie spaiate disposte su lunghi tavoli a cavalletto.
Mytrak è stata aiutata nei suoi sforzi da suo marito Ruslan – un ex cappellano militare – e da un gruppo di volontari che è cresciuto di numero dopo che le prime famiglie hanno cominciato ad arrivare.
“C’erano 15 volontari, tutti desiderosi di aiutare”, dice Mytrak. “E i primi sfollati che sono arrivati qui hanno iniziato a fare i volontari anche loro”.
Per gestire il lavoro che comporta ospitare, nutrire e prendersi cura di così tante persone, Mytrak, suo marito e i suoi due figli si sono trasferiti in una stanza dell’ostello che funge anche da ufficio. Alcuni di coloro che arrivano se ne vanno dopo solo una notte, ma molti sono rimasti più a lungo.
Tra loro c’è Victor Nastych, che è arrivato con sua moglie e sua figlia dopo essere fuggito dalla loro casa a Brovary, un sobborgo orientale della capitale Kiev, ed è stato grato per l’offerta di alloggio e cibo caldo.
“Penso che ci dovrebbe essere un monumento che glorifichi Rymma”, dice Nastych. “Non ha nessuna proprietà, nessuna casa. Fa tutto per la gente. Va al consiglio del villaggio e chiede aiuto. Molte persone la conoscono e cercano di aiutarla”.
Con una stima di 7,1 milioni di persone attualmente sfollate in Ucraina, l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, sta sostenendo l’espansione e la creazione di centri di accoglienza e fornendo articoli di soccorso e altre forme di sostegno a chi ne ha bisogno. Finora, l’UNHCR ha sostenuto l’espansione di più di 70 centri di accoglienza in tutto il paese, ognuno dei quali può ospitare circa 250 sfollati.
Come parte di questi sforzi più ampi, l’agenzia ha recentemente fornito al rifugio di Velykyi Bereznyi delle coperte termiche per aiutare a mantenere i residenti al caldo quando le temperature notturne si avvicinano a – 0°.
Il team che ha consegnato le coperte e ha incontrato i residenti per valutare i loro bisogni includeva Nadiia Vakhovska, che si è recentemente unita all’UNHCR Ucraina e sa per esperienza personale cosa significa fuggire dalla propria casa.
“Nel 2014, ci sono stati pesanti scontri a Luhansk, da dove vengo io. Io e mio marito abbiamo preparato una piccola borsa e siamo partiti, sperando di tornare in poche settimane. Ma non siamo mai tornati”, spiega Vakhovska.
Lei e suo marito si sono spostati diverse volte prima di stabilirsi a Bucha, una piccola città a 30 chilometri da Kiev, che negli ultimi giorni è stata al centro dell’attenzione mondiale a causa delle orribili immagini di corpi che giacciono nelle strade. La città è stata in precedenza un rifugio per altri sfollati dall’Ucraina orientale nel 2014 e 2015, che hanno approfittato degli alloggi più economici e della vicinanza alle opportunità di lavoro della capitale.
Quando Bucha è stata sottoposta a pesanti bombardamenti all’inizio dell’attuale conflitto, Vakhovska è stata costretta a fuggire di nuovo dopo che la sua casa è stata irreparabilmente danneggiata. Ora, spera di usare la sua esperienza per aiutare le persone costrette a fuggire per la prima volta.
“Sapendo cosa significa essere costretti a fuggire dalla propria casa, ora posso offrire supporto e consigli ad altre persone”, dice Vakhovska. “Abbiamo superato le conseguenze della prima volta che siamo fuggiti. Questo ci dà la speranza che saremo in grado di gestirle anche questa volta. Ma nonostante l’esperienza, è molto difficile e doloroso. Ogni minuto è stressante”.
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