Il progetto ha cambiato le condizioni di vita di una famiglia di rifugiati siriani che vive a Beirut.
Per la prima volta in tre anni, Haela e i suoi quattro figli possono finalmente godersi l’aria fresca e un po’ di luce naturale nel loro piccolo monolocale a Ouzaii, un sobborgo in espansione nel sud di Beirut.
L’appartamento al piano terra di un edificio vecchio e cadente è stata la casa di Haela Kellawi sin dal 2014, quando, insieme ai propri figli, è fuggita dal conflitto in Siria dopo la scomparsa del marito. Nonostante avesse un tetto sotto il quale vivere, Haela era preoccupata del fatto che la mancanza di adeguata ventilazione e luce naturale e la carente fornitura di energia elettrica e acqua potessero essere dannose per la salute dei propri figli.
“Fino a poco fa non riuscivano a respirare bene”
“Fino a poco fa non riuscivano a respirare bene, giocavano sempre all’aperto”, spiega Haela, 32 anni di Damasco. “Si rifiutavano di rientrare perché si sentivano soffocare”. La gente era solita gettare l’immondizia nel piccolo spazio aperto di fronte all’appartamento; questa ha cominciato ad accumularsi fino a bloccare la loro unica finestra, impedendo il ricircolo dell’aria e l’ingresso della luce.
La situazione ha spinto la ONG libanese Recycle Beirut a scegliere la casa di Haela per sviluppare suo primo progetto di ristrutturazione in Libano, usando materiali riciclati e tecniche ecocompatibili.
Attualmente il Libano ospita più di un milione di rifugiati siriani, circa un quarto della popolazione totale. Uno studio dell’UNHCR del 2016 rivela che il 71% dei rifugiati siriani in Libano vivono al di sotto della soglia di povertà, mentre il 42% delle famiglie vivono in alloggi che non rispettano gli standard umanitari minimi.
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“La casa si allagava, c’erano ratti e scarafaggi. Gli impianti dell’acqua ed elettrico non erano adeguati, perciò abbiamo pensato, vista la criticità della situazione, di cominciare con lei”, spiega Aline Rad, architetto di Recycle Beirut. “Il nostro obiettivo principale è stato quello di creare un ambiente salubre e sicuro per Haela e i suoi figli”.
Negli ultimi due anni, Recycle Beirut, che dà lavoro a rifugiati siriani vulnerabili, ha svolto iniziative volte a ripulire l’ambiente e risolvere la crisi dei rifiuti che affligge il paese. La casa di Haela è il loro primo progetto di ristrutturazione che amano definire di “miglioramento abitativo”.
“La prima cosa che abbiamo fatto è stata creare delle finestre, far entrare il sole, mettere delle piante e ripristinare la ventilazione naturale. In seguito abbiamo cominciato a usare materiali riciclati per ristrutturare la casa”, aggiunge Rad.
La maggior parte del cemento usato per ristrutturare la casa di Haela è stato prodotto con sabbia, pietre, vetro ridotto in frammenti finissimi e residui edili. La ONG ha applicato un isolante non tossico all’esterno della casa e ha installato un impianto elettrico efficiente e sicuro e nuove tubature di polipropilene. Ha inoltre utilizzato vernici ecologiche per il salotto. Per quanto riguarda gli arredi, ha usato tessuti e legname di recupero forniti gratuitamente dalla Tekaya Design.
Il progetto di ristrutturazione, che ha fornito impiego a più di 20 persone libanesi e di altri paesi tra architetti, idraulici e piastrellisti, è stato completato in sei mesi ed è costato in tutto 10.000 dollari americani.
“Sono felicissima perché ora abbiamo una casa sana”
Haela è rimasta molto soddisfatta del risultato, e dice che la ristrutturazione ha avuto un impatto positivo sulle vite dei suoi figli: “Sono al settimo cielo. Sono felicissima perché ora abbiamo una casa sana e questo ha cambiato l’umore dei miei figli”.
La sua figlia di otto anni, Marwa, dice che ora passa i pomeriggi nel piccolo e luminoso giardinetto proprio al di fuori dell’appartamento. “Mi piace quando il sole tramonta, vengo qui a leggere e a godermi una bella boccata d’aria fresca”, racconta.
Recycle Beirut vorrebbe espandere questo progetto pilota per permettere ad altri rifugiati e libanesi in difficoltà di vivere meglio in case più sicure.
“Stiamo effettuando uno studio sull’intero sobborgo per individuare con precisione le persone più in difficoltà e risolvere i loro problemi”, dice Rad. “Vogliamo creare uno spazio per tutti i progettisti, tutti gli architetti, tutte le persone che sono interessate a questo progetto, a migliorare le vite dei rifugiati; inoltre vogliamo anche fare in modo che coloro che abitano in queste case possano collaborare con noi cosicché tutti possano trarne beneficio”.
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