Da Carol Rowe nel campo profughi di Bahn, Liberia
Una o due volte a settimana, un gruppo di circa 20 volontari sfila per il Campo profughi di Bahn nella Liberia orientale, cantando canzoni e portando striscioni.
Potrebbero sembrare un gruppo che canta e balla, ma loro trasmettono un semplice messaggio che potrebbe salvare vite.
Casa per casa, strada per strada, bussano alle porte e dicono alle famiglie dentro: “Lava le tue mani”. E’ un avvertimento vitale in uno dei paesi più duramente colpito dal virus assassino dell’Ebola, e una parte del Paese dove è difficile diffondere consapevolezza e informazione circa la diffusione dell’epidemia a causa dell’aspro terreno e delle povere reti di comunicazione.
A oggi, il Ministro della Salute liberiano ha monitorato più di 4.740 casi di ebola sospetti, probabili o accertati e oltre 2.700 morti in un Paese di più di 4milioni di persone. Circa 38.000 rifugiati ivoriani vivono in Liberia, molti dei quali in campi come Bahn nella provincia di Nimba. Finora si sa che sette rifugiati sono morti a causa dell’epidemia in Liberia, tutti loro vivevano in aree urbane o rurali.
Quando il virus Ebola ha colpito la Liberia lo scorso marzo, l’Agenzia delle Nazioni unite per i Rifugiati era coinvolta in una campagna di rimpatrio volontario riguardante i rifugiati ivoriani. Ora, il confine tra la Liberia e la Costa D’Avorio è chiuso e UNHCR ha reindirizzato i suoi sforzi sulla prevenzione mirata e azioni immediate per i rifugiati nei Paesi toccati dall’Ebola.
Queste includono l’accertamento che i rifugiati siano inclusi in piani di risposta nazionale, e che le attività riguardanti i rifugiati siano svolte in coordinazione con partners e autorità locali. Comprendono, inoltre, la mobilitazione sociale e campagne di sensibilizzazione nelle comunità locali per aiutare a ridurre il rischio di propagazione dell’epidemia.
I partners dell’UNHCR così come Care International hanno portato avanti numerose attività di sensibilizzazione e prevenzione a Bahn e in due altri campi profughi nella Liberia orientale, dove risiede circa il 75% dei rifugiati.
Kit igienici, comprensivi di secchi, cloro e sapone, e istruzioni su come utilizzarli, sono stati forniti a ogni famiglia di rifugiati. Il lavaggio delle mani è diventato un prerequisito per entrare in ogni campo, e i termometri vengono usati per tenere sotto controllo le persone per i primi sintomi. A chiunque presenta qualche linea di febbre è proibito entrare e viene mandato a un centro di cura.
I pazienti che mostrano sintomi simili a quelli dell’Ebola vengono messi in quarantena per osservazione e trattamento dei sintomi in questi centri di cura, mentre attendono una diagnosi. Tutti i campi profughi del paese hanno sviluppato centri di cura prestando grande attenzione alle pratiche igieniche e sanitarie, sotto l’occhio vigile dell’UNHCR e del suo partner, Medical Team International. I pazienti nei centri sono separati tra loro e lo staff indossa tute di protezione.
I pazienti classificati come casi sospetti o probabili di Ebola vengono trasferiti in ambulanza a una delle unità di trattamento dell’Ebola del paese, invece quelli risultati negativi al virus sono ricondotti alle cliniche dei campi profughi per ulteriore aiuto.
Il rappresentanet dell’UNHCR in Liberia, Khassim Diagne, ha dichiarato che mentre l’incidenza dell’Ebola nella Liberia orientale è stata relativamente bassa rispetto alla Monrovia, i controlli erano necessari per mantenere i campi liberi dal virus. Le regioni di Grand Gedeh e del Maryland, che entrambe ospitano campi profughi, non hanno registrato molti casi di Ebola, ma il virus sta cominciando a diventare una minaccia maggiore in Nimba, che ha registrato 265 casi sospetti, probabili e accertati a partire da metà ottobre.
“Questi sono tempi straordianri in Liberia che richiedono misure straordinarie,” ha detto Diagne.
“Fino a quando riprendono i rimpatri volontari, insieme con i suoi partner, UNHCR ha bisogno di tenere al sicuro e in salute i rifugiati”, ha aggiunto.
UNHCR sta supportando il governo liberiano nella sua risposta, specialmente nelle aree che ospitano i rifugiati ivoriani. L’Agenzia ha fornito finanziamenti e veicoli così come medicine e attrezzature sanitarie per gli ospedali di Nimba, Grand Gedeh e Maryland.
L’Agenzia dei Rifugiati sta anche assistendo più di 500 rifugiati che vivono in Monrovia. I messaggi di prevenzione dell’Ebola sono diffusi in larga parte nella capitale, ma loro sono consegnati prevalentemente in inglese, accrescendo il timore che i messaggi possano non raggiungere le comunità ivoriane di rifugiati che parlano francese.
In risposta, il partner operativo dell’UNHCR Special Emergency Activity to Renew Children’s Hope ha condotto una campagna di informazione in francesce sull’Ebola rivolta ad alcuni rifugiati urbani e ha chiesto loro di diffondere consapevolezza tra gli altri e di riferire i casi sospetti al governo o ai centri di trattamento gestiti da Medici Senza Frontiere.
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