Davanti ad una tazza di the nell’appartamento in cui vive con la sua famiglia, Waed si sente finalmente sollevata e racconta di come “a casa in Siria erano tutti molto tristi, come ad un funerale” poiché da quasi un mese non riuscivano a mettersi in contatto con lei e la sua famiglia. Da quel giorno che, in aereo, erano partiti da Beirut, in Libano, diretti in Italia.
Waed, Mohammed e i loro quattro bambini sono arrivati in Italia grazie al programma di Reinsediamento, gestito dal governo italiano in collaborazione con l’UNHCR e altri partner.
Per due anni hanno vissuto in Libiano da quando, nel 2013, furono costretti a fuggire da Homs, in Siria. Una famiglia smembrata dalla guerra: i genitori di lei rimasti in Siria, una sorella in Libano, alcuni parenti in Germania e altri sparsi in diversi Paesi Europei. Uniti dalla nostalgia per la vita che si sono dovuti lasciare alle spalle e dai contatti sporadici ma preziosissimi.
I primi tempi in Libano hanno vissuto in una casa in affitto ma i risparmi sono presto finiti e quello che riuscivano a guadagnare con lavori a giornata non è stato più sufficiente. Sono stati costretti ad andare a vivere in un garage per 200 dollari al mese, e da lì in una tenda in un insediamento informale, scivolando sempre più nel disagio e nella povertà.
Di questo periodo Waed ricorda uno dei momenti più difficili: “Eravamo vestiti tutti a festa il giorno che dovevamo andare a registrare i nostri documenti. Una pratica che fanno tutti i siriani senza documenti e anche noi eravamo entrati nel Paese in modo irregolare. Mio marito gli ha dato i suoi dati e pensavamo che avremmo ricevuto i documenti, invece.. l’hanno fatto entrare ma non l’hanno fatto uscire. L’hanno trattenuto per 5 giorni.
Avevamo i vestiti della festa, che ci aveva regalato mio fratello, i bambini erano così felici. Stavamo andando al mare da mia nipote che vive li’. Non avremmo mai immaginato che l’avrebbero arrestato.”
Ora al sicuro in Italia, i bambini sono tornati sui banchi di scuola dopo anni in cui erano stati costretti ad interrompere gli studi. E già sognano di diventare dottori e dottoresse. Si vestono a festa per andare a scuola, ogni mattina, come se non ci fosse giornata più bella.
Mohammed, che ad Homs aveva una pasticceria, spera
di trovare un impiego dignitoso per mantenere la sua famiglia e vedere i propri figli costruire il futuro che sognano.
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