Papa Stratis ha bisogno di una macchina per respirare, ma questo non gli impedisce di essere in prima linea tra i greci che aiutano i rifugiati arrivati in Europa.
Di William Spindler
Padre Efstratios Dimou – per tutti “Papa Stratis” – siede nel cortile della sua casa, con intorno vasi di terracotta pieni di fiori, un piccolo albero di albicocche e il suo enorme cane Siba, che assomiglia a un orso. Nel cielo dell’isola greca di Lesbo, delle rondini fanno avanti e indietro da un piccolo nido sul muro.
Papa Stratis indossa un abito talare blu scuro, porta la coda di cavallo e sandali in pelle ai piedi. Ha grandi occhi vivaci di una sfumatura grigio-blu e una lunga barba folta. Soffre di una malattia respiratoria cronica che lo costringe a essere sempre collegato a una bombola che pompa ossigeno nei suoi polmoni. La sua condizione però non lo ferma dall’accendersi una sigaretta ogni tanto.
Papa Stratis, insieme ad altri volontari locali del villaggio di Kalloni, ha iniziato ad aiutare i rifugiati dal 2007, attraverso la ONG ‘Agkalia’. In tutti questi anni calcola di aver aiutato circa diecimila persone, tra cui anche alcuni abitanti del luogo che hanno attraversato periodi difficili. Ma mai prima d’ora ha visto così tanti rifugiati in cerca di aiuto.
Father Stratis and his wife Stratoula on their house doorsteps at Kaloni village. Lesvos receives around 300 refugees and migrants a day. The high number of arrivals is straining the island’s capacity, services and resources. Local solidarity groups and NGOs, like ‘Agkalia’ run by Father Stratis, help ease the burden. ‘Agkalia’ provides food, clothing and shelter to up to 150 refugees a day. ‘Religion shouldn’t be an obstacle in helping people’ notes the Greek Orthodox priest who never asks about the religion of those he helps. The priest, who is in his 60s, needs oxygen therapy on a permanent basis, as he suffers from pulmonary fibrosis, obstructive lung disease and sleep apnea. His health condition doesn’t stop him from helping, despite the restrictions in his movement due to the oxygen tank. ‘As long as we are useful on earth, God will keep us alive’ says the priest.
“Ogni giorno arrivano a Kalloni da una a duecento persone,” dice il prete ortodosso, che ha 57 anni. “La gente del posto li manda da noi a chiedere aiuto. Diamo loro cibo, acqua, latte per i neonati, scarpe, vestiti. Possono anche rimanere qui: abbiamo coperte e dei materassi sul pavimento”.
Braccati dalla guerra in Siria così come da conflitti e persecuzioni in altri luoghi, da gennaio più di 26.000 rifugiati sono arrivati a Lesbo. Attraversano il breve tratto di mare che separa l’isola dalla Turchia con gommoni e barche di legno. Molti di loro scendono a terra sulla remota costa settentrionale dell’isola e devono camminare fino a 15 ore per raggiungere l’alloggio temporaneo di Papa Stratis a Kalloni.
“Ho visto bambini con le vesciche ai piedi e donne incinte sorreggersi il ventre piangendo dal dolore,” dice tristemente. “Queste persone non sono migranti, non scelgono di venire qui. Sono figli della guerra, in fuga dai proiettili. Sono richiedenti di vita, cercano la vita, la speranza e la possibilità di vivere un giorno in più”.
Con le autorità locali sopraffatte dall’arrivo in Grecia di 64.000 rifugiati dall’inizio dell’anno, gli attivisti del luogo come Papa Stratis e la rete di volontari ‘Village All Together’ sono spesso gli unici che si assumono la responsabilità di prendersi cura dei rifugiati nelle isole greche.
“Non abbiamo finanziamenti esterni,” spiega con un sorriso. “Dipendiamo completamente dalla generosità della popolazione locale.”
Father Stratis arrange things by phone regarding the NGO ‘Agkalia’. Lesvos receives around 300 refugees and migrants a day. The high number of arrivals is straining the island’s capacity, services and resources. Local solidarity groups and NGOs, like ‘Agkalia’ run by Father Stratis, help ease the burden. ‘Agkalia’ provides food, clothing and shelter to up to 150 refugees a day. ‘Religion shouldn’t be an obstacle in helping people’ notes the Greek Orthodox priest who never asks about the religion of those he helps. The priest, who is in his 60s, needs oxygen therapy on a permanent basis, as he suffers from pulmonary fibrosis, obstructive lung disease and sleep apnea. His health condition doesn’t stop him from helping, despite the restrictions in his movement due to the oxygen tank. ‘As long as we are useful on earth, God will keep us alive’ says the priest.
La sua Citroën Xantia color vino, ammaccata, che chiama “Tarzan” per la sua capacità di arrampicarsi negli angoli più inaccessibili dell’isola, è sempre piena di cibo, acqua e vestiti di ricambio.
“Un giorno sulla spiaggia abbiamo trovato un bambino addormentato tra le braccia di sua madre. Volevamo dargli del latte, ma non avevamo una bottiglia e lui non sapeva ancora bere dal bicchiere. Eravamo nel bel mezzo della notte, e abbiamo fatto aprire tutte le farmacie della città fino a quando non abbiamo trovato una bottiglia,” dice Papa Stratis ridacchiando sfacciatamente.
Duramente colpite dalla crisi del debito e confinate dall’economia, dalla politica e dalla geografia, le piccole comunità delle isole greche hanno a che fare con le conseguenze di conflitti lontani che conoscono e capiscono poco. Molti isolani sono diffidenti nei confronti dei rifugiati poveri che arrivano tra loro. Altri si preoccupano per l’impatto che loro presenza avrà sul turismo. Ma molti, come Papa Stratis, si rimboccano le maniche e non esitano a fare un passo avanti per aiutarli.
Foto di copertina e del servizio: ©UNHCR/Socrates Baltagiannis
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