Rifugiatosi nello scantinato della sua casa nell’est dell’Ucraina, Volodymyr Zayika, 71 anni, era completamente al buio. I bombardamenti avevano interrotto la fornitura di energia elettrica. Uscito per controllare alcuni fili elettrici, ha sentito un piede impigliarsi in un cavo.
“C’è stato un lampo”, racconta. “Qualcosa ha sibilato alla mia destra. Poi l’esplosione.”
Quando Volodymyr ha ripreso i sensi si è ritrovato a terra, avvolto da una nuvola di fumo e coperto di sangue. In seguito ha scoperto di aver calpestato il filo che faceva da detonatore a una mina, e di essere rimasto ferito alla testa, all’inguine e al petto, oltre che a una gamba e a una spalla. Due uomini lo hanno caricato su un carretto per la verdura e lo hanno portato al checkpoint più vicino, dal quale è stato portato all’ospedale di Toretsk.
“La radiografia mostrava ben 31 ferite”, racconta la moglie Valentyna, anche lei 71 anni, ex insegnante di scuola elementare vicino alla città di Pivdenne. Nessuno l’aveva voluta accompagnare in ospedale durante i combattimenti, così ha portato con sé un po’ di vestiti di ricambio in una busta di plastica ed è andata a trovare suo marito a piedi.
Dopo un mese in ospedale, la coppia ha scoperto di non avere più una casa a cui fare ritorno. I combattimenti avevano costretto tutti gli abitanti di Pivdenne alla fuga.
Ormai sfollati interni, i coniugi si sono trasferiti nell’appartamento di un parente a Toretsk, ad appena 15 chilometri dalla “linea di contatto” che separa le aree governative da quelle non controllate dal governo.
Volodymyr, il braccio ancora dolorante in seguito allo scoppio della mina, è impegnato ad aggiustare le pareti del bagno con delle assi di legno fornite da Proliska, partner dell’UNHCR che offre supporto ai civili che vivono nei pressi della “linea di contatto”.
L’esperienza di questa famiglia è fin troppo comune in Ucraina, uno dei paesi con la maggior concentrazione di mine antiuomo al mondo, con più di 1.000 vittime registrate a partire dal 2014. Nel 2018, il 43% delle vittime civili sono state causate da incidenti dovuti a mine e altri residuati bellici inesplosi. Tali incidenti sono stati inoltre la principale causa di morte infantile nel corso dello stesso anno.
Recentemente, nel febbraio 2019, due persone a bordo di un minivan hanno perso la vita a causa dello scoppio di una mina presso un checkpoint a Olenivka.
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Fortunatamente, un aiuto è a portata di mano. Alcuni esperti che si occupano di sminamento rischiano la vita – e gli arti – per rendere la zona più sicura per i civili. Tra loro c’è Tetiana Nikoforva, 37 anni. Mentre il sole filtra tra gli alberi, al mattino presto, Tetiana beve un sorso di tè caldo e osserva i primi fiori primaverili.
Poi riabbassa la visiera di sicurezza e si rimette al lavoro, sondando delicatamente il terreno davanti a lei alla ricerca di mine insieme a un team di esperti di un ente benefico britannico, HALO Trust.
I movimenti di Tetiana sono lenti e misurati. Controlla centimetro dopo centimetro con un bastone di plastica. Gli unici suoni udibili sono il cinguettio degli uccelli e il battito costante del suo cuore.
“Sono felice di poter contribuire a ridurre i pericoli per la vita di adulti e bambini”, spiega. “Sento di essere nel posto giusto. Volevo rendermi utile.”
Circa 1,3 milioni di persone in Ucraina sono state costrette a fuggire dalle loro case, e l’UNHCR ritiene fondamentale che adulti e bambini imparino a riconoscere mine e altri residuati bellici inesplosi.
Le zone maggiormente contaminate sono quelle nei pressi della “linea di contatto”, dove le persone rischiano di calpestare mine in terreni agricoli, foreste, lungo le sponde dei fiumi, ai lati delle strade, nei cimiteri e a volte anche vicino alle loro stesse abitazioni.
La zona in cui Tetiana sta lavorando era, una volta, un’area picnic molto popolare. Oggi, a quasi cinque anni dall’inizio del conflitto nell’est dell’Ucraina, è un vero e proprio campo minato, disseminato di ordigni inesplosi.
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La HALO Trust sta contribuendo allo sminamento nell’ambito di una più ampia azione umanitaria in risposta ai pericoli delle mine, coordinata dal Protection Cluster con a capo UNHCR. Tuttavia, mine e altri residuati bellici inesplosi continuano a rappresentare una grave minaccia. È inoltre necessario fornire maggior sostegno alle vittime di incidenti causati dalle mine e alle loro famiglie, attraverso assistenza medica a lungo termine, riabilitazione e supporto psicosociale.
In occasione della giornata internazionale per la consapevolezza sulle mine e per il supporto all’azione contro le mine, l’UNHCR chiede di intensificare gli sforzi per rispondere ai pericoli delle mine presenti nell’est dell’Ucraina.
In tutto il mondo, rifugiati e sfollati interni sono ancora particolarmente vulnerabili ai pericoli delle mine in molte zone colpite da conflitti. Che stiano fuggendo da, attraverso o verso aree contaminate, questi pericoli continuano a uccidere, ferire e causare traumi a individui e comunità.
Le mine costituiscono, inoltre, un ostacolo serio alla possibilità di fare ritorno nelle proprie terre in condizioni sicure e dignitose, esponendo in tutto il mondo a pericoli enormi le persone in fuga che intendono tornare nei propri Paesi e inibendo gli sforzi collettivi volti a ricostruire le comunità al termine dei conflitti.
In Ucraina, la stessa Tetiana conosce il prezzo del conflitto, dopo che il fratello ha perso la vita in un’esplosione causata da un colpo di mortaio.
“Ho iniziato a chiedermi perché ci fossero così tante vittime”, racconta Tetiana. “Poi ho scoperto quante mine contaminavano i nostri campi, e mi sono chiesta in che modo potessi fare la differenza.”
Per un anno, Tetiana non ha detto ai suoi genitori che lavorava per trovare mine. Racconta che i suoi amici avevano pareri contrastanti riguardo questa sua attività. Ma nonostante le lunghe, lente e pericolose ricerche, è orgogliosa di poter aiutare persone come Volodymyr a sentirsi di nuovo al sicuro.
“Gli anni passeranno, e i nipoti dei nostri nipoti potranno tornare a camminare senza pericolo in questi campi”, dice. “Spero che un giorno l’Ucraina sarà di nuovo libera dalle mine.”
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