Di Farah Ayub
In una mattina di nebbia ai confine di Lahore, un gruppo di donne rifugiate afghane parla e scherza. La possibilità di esprimersi ed essere ascoltate costituisce un momento di spensieratezza per tutte, tranne una giovane donna che siede in silenzio tra loro.
Gul Meena, 20 anni circa, indossa un vestito tradizionale afghano rosso e pesante, mentre tiene la sua bambina di 3 anni, Gulalai. Coni suoi occhi grandi color nocciola e i capelli rossi, la piccola Gulalai cerca di prendere qualche biscotto da sua sorella Hina di 8 mesi.
Le altre donne iniziano a canzonare Gul Meena perché dà alla luce una bambina all’anno. Una sostiene maliziosamente che Gul Meena e suo marito diano in sposa/spose le loro bambine per ottenere i soldi per cibo e affitto. Gul Meena scoppia in lacrime mentre cerca di mantenere il sorriso.
Suo marito ha venduto le loro figlie minori Laia, 7 anni, e Gulalai, 3 anni, per 2.000 dollari ognuna. Il futuro marito di Laila si è sposato già due volte e ha più di 45 anni, mentre il futuro marito di Gulalai ha 25 anni. Entrambe le bambine saranno ufficialmente date in spose a 10 anni, secondo la madre.
“Mio marito è tossicodipendente, non ho bambini per guadagnarci” ci dice Gul Meena. “Non abbiamo altra scelta che far sposare le nostre figlie per comprare da mangiare e avere un tetto sopra la nostra testa”. Mentre parla guarda Gulalai che siede felice mangiando biscotti e scherzando con la sorellina, inconsapevole di essere stata venduta e dichiarata sposata.
I matrimoni precoci sono comuni nella cultura degli afghani di etnia Pashtun. Tale pratica è accettata in termini socio-culturali e religiosi e nel diritto consuetudinario. Per questo, è una sfida difficile per gli operatori umanitari che si occupano della tutela dei bambini.
L’UNHCR conduce regolarmente degli incontri con le comunità di rifugiati per valutare in modo diretto quali sono i bisogni più urgenti delle persone e fornire assistenza quando è necessario.
Al momento, in Pakistan sono registrati circa 1.6 milioni di rifugiati afghani. Donne e bambine costituiscono il 47% del totale dei rifugiati in Pakistan. Le loro voci spesso non vengono ascoltate quando si tratta di prendere decisioni. Tra loro, il 23% delle ragazze ha meno di 18 anni.
La storia di Gulalai non è insolita tra la comunità Pashtun, dove è frequente sposarsi sotto ai 16 anni. Oltre a motivi culturali, un altro fattore che contribuisce a portare avanti la pratica dei matrimoni precoci è la povertà, che induce i genitori a concedere le proprie figlie per sanare debiti o risolvere faide familiari o tribali. Nelle situazioni peggiori, padri e fratelli tossicodipendenti vendono le proprie figlie e sorelle a uomini più anziani per grandi somme, come il marito di Gul Meena.
La famiglia di Gulalai ha sofferto quando suo padre , Samad Khan , è stato ricoverato in un centro di disintossicazione gestito da un partner dell’UNHCR. Una volta Samad Khan era un bravo tessitore di tappeti, e il personale dell’UNHCR ha parlato con una fabbrica di tappeti locale per consentire a Samad Khan di guadagnarsi da vivere dopo la riabilitazione .
“In circostanze come quelle della famiglia di Gulalai, non si tratta solo di un padre tossicodipendente e una madre impotente”, sostiene Svetlana Karapandzic, una Protection Officer dell’ UNHCR a Islamabad.
“Riguarda più la mentalità e le pratiche culturalmente accettate anche se nocive.” E’ necessario uno sforzo a lungo termine per creare consapevolezza in modo molto sensibile sui diritti dei bambini e le conseguenze a lungo termine su bambini, famiglie e comunità. L’UNHCR in Pakistan ha elaborato un piano di sviluppo della comunità in questo contesto di tre anni a più livelli da attuare attraverso le agenzie partner.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter