Gothier e Prince-Bonheur sono cresciuti insieme, ma la guerra li ha separati. Mentre in seguito Gothier è riuscito a riprendere gli studi, Prince è ancora in esilio.
Prince-Bonheur Ngongou aveva 17 anni ed era a lezione di francese quando sentì i primi spari. L’insegnante smise di parlare, e il caos si impadronì della classe.
“Ci sono voluti alcuni secondi per capire perché le persone stessero gridando,” ricorda il ragazzo.
Prince corse immediatamente a casa a Mougoumba, un villaggio nella regione meridionale di Lobaye, nella Repubblica Centrafricana. Prese la madre e i fratelli più piccoli, e fuggirono verso il fiume Ubangi, il maggiore affluente del fiume Congo, che scorre lungo il confine tra Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo e Repubblica Democratica del Congo (RDC).
Nello stesso momento, il cugino e migliore amico di Prince, Gothier Semi, che oggi ha 23 anni, era a casa e stava preparando lo zaino per la scuola quando sentì delle urla. “Non sapevo dove fosse la mia famiglia ma vedevo il terrore negli occhi delle persone che correvano verso il fiume. Sapevo che sarei dovuto fuggire anch’io,” racconta.
Gothier saltò sulla prima barca che poté trovare. Solo e spaventato, si lasciò trascinare dalla corrente per ore, fino ad arrivare a Betou, nella Repubblica del Congo.
Nel frattempo, Prince attraversava il fiume insieme alla sua famiglia su una piccola canoa. Arrivati nella RDC, raggiunsero il campo di rifugiati di Boyabu dove l’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, offrì loro cibo e riparo.
Per la prima volta nella loro vita, Gothier e Prince erano lontani, in insediamenti di rifugiati diversi, in paesi diversi.
Entrambi dovettero affrontare una nuova realtà: come per molti minori della loro età in fuga dai conflitti, l’assenza di scuole secondarie, insegnanti e materiali educativi nei campi significava non poter continuare a studiare per realizzare le proprie ambizioni.
Ma il destino intervenne di nuovo. Nel 2016, una fragile pace era stata instaurata in alcune aree della Repubblica Centrafricana dopo un conflitto settario che aveva costretto 600.000 persone a fuggire nei paesi vicini e ne aveva rese altre 600.000 sfollate all’interno del paese.
Gothier desiderava ardentemente tornare a casa e riprendere gli studi, e lo scorso anno questo desiderio si è finalmente avverato. Ad oggi, l’UNHCR ha assistito il governo della Repubblica Centrafricana nel favorire il ritorno volontario di 4.500 persone dal Congo alla regione di Lobaye, e Gothier era tra loro. Tornato a Mougoumba, si è iscritto alla scuola secondaria e sta facendo del suo meglio per recuperare il tempo perduto.
“Avendo perso cinque anni di scuola sono rimasto molto indietro,” afferma. “Ma è l’unico modo che ho per ricostruire la mia vita. L’istruzione è fondamentale.”
Per Prince, però, le cose non sono andate altrettanto bene. “Da quando sono scappato, cinque anni fa, non sono più andato a scuola. Non ho nulla da fare, senza studiare,” spiega.
Prince è ancora rifugiato. A volte osa intraprendere il pericoloso viaggio verso casa, attraverso il fiume, e per guadagnare un po’ di soldi vende carte telefoniche o lavora nella farmacia non molto fornita dello zio. Ma in quanto rifugiato, le sue visite non sono ufficiali e non ha i documenti necessari per fare permanentemente ritorno a casa – e per iscriversi di nuovo a scuola insieme a Gothier.
“A volte vado alla mia vecchia scuola,” racconta Prince. “Mi siedo fuori dalla classe e ascolto la lezione mentre aspetto che mio cugino finisca. Mi fa sentire davvero triste.”
David Yakpounga, 55 anni, è il preside della Scuola e vorrebbe che Prince e altri ragazzi nella sua stessa situazione potessero iscriversi di nuovo, anche senza i documenti necessari. “Li incoraggio a venire a lezione, ma rimangono a Mougoumba solo per uno o due giorni,” spiega. “Così è impossibile imparare.”
Prince però ha giurato di non arrendersi. “So di aver bisogno di un’istruzione. La scuola è il mio futuro, la vita senza scuola non è vita.”
Yakpounga è d’accordo. Poiché sono sempre di più i cittadini centrafricani di ritorno dall’esilio, il paese ha bisogno di fondi per la costruzione e l’ampliamento degli edifici scolastici, la formazione degli insegnanti e la fornitura di materiali scolastici.
“Un paese in cui i bambini e i giovani non studiano è un paese morto,” afferma il preside. “Senza istruzione non può esserci nemmeno la pace.”
Questa storia è contenuta nel rapporto sull’istruzione pubblicato dall’UNHCR nel 2019 “Stepping Up: Refugee Education in Crisis” (Rafforzare l’istruzione dei rifugiati in tempi di crisi). Il rapporto mostra che con l’avanzare dell’età diventa più difficile superare gli ostacoli all’istruzione: solo il 63% dei bambini rifugiati frequenta la scuola elementare, rispetto al 91% su scala globale, mentre gli adolescenti iscritti alla scuola secondaria sono il 24%, a fronte dell’84% nel mondo. Dei 7,1 milioni di bambini rifugiati in età scolare 3,7 milioni – più della metà – non vanno a scuola.
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