Per commemorare il secondo anniversario della tragica morte di Alan Kurdi, il bambino siriano di tre anni annegato nel 2015 nel tentativo di raggiungere la Grecia, l’Ambasciatore di Buona Volontà UNHCR Khaled Hosseini, autore di best sellers planetari come “il Cacciatore di Aquiloni” e “Mille Splendidi Soli”, ha scritto una struggente lettera che dà voce a un padre siriano intento a scrivere al proprio figlio poco prima di intraprendere un pericoloso viaggio per raggiungere le coste europee in cerca di rifugio e salvezza.
“Mio caro Marwan,
Nelle lunghe estati della mia infanzia, quando ero un ragazzo della tua età, io e i tuoi zii usavamo stendere i nostri materassi sul tetto della fattoria di tuo nonno, poco fuori Homs.
Al mattino ci svegliavamo al fruscio degli ulivi, al lamento della gola di tua nonna, al suo armeggiare con le pentole, l’aria era frizzante, il sole un pallido contorno di un frutto sull’orizzonte a est.
Quando eri piccolo eravamo soliti portarti lì. Conservo ancora un preciso ricordo di tua madre, come intagliato nella mia memoria: durante uno di quei viaggi ti mostrava una mandria di mucche al pascolo in un campo pieno di fiori selvatici. Come avrei voluto che non fossi stato così piccolo.
Non avresti dimenticato la fattoria, la fuliggine sulle sue pareti in pietra, il ruscello dove tuo zio e io da giovani abbiamo costruito migliaia di piccole dighe.
Vorrei che potessi ricordarti Homs come me la ricordo io, Marwan.
Nella sua trafficata città vecchia c’era una moschea per noi musulmani, una chiesa per i nostri vicini cristiani, e un imponente suq per tutti noi, dove poter mercanteggiare sul prezzo di ciondoli d’oro, primizie appena colte e abiti da sposa. Vorrei che potessi ricordare le strade affollate che profumavano di kibbeh fritto e le passeggiate che facevamo con tua madre nella piazza dell’Orologio.
Ma quella vita, quei tempi, sembrano finti ormai, anche ai miei occhi, come un rumore che è svanito. Prima ci sono state le proteste. Poi l’assedio. Poi le bombe piovute dal cielo. La fame. Le sepolture.
Sono queste le cose che conosci tu di Homs: che i crateri delle bombe possono diventare stagni, che il sangue scuro è meglio di quello chiaro. Hai imparato che puoi ritrovare madri, sorelle e compagni di classe in piccoli frammenti triangolari di pelle illuminata dal sole, che risplendono al buio, attraverso piccole fessure nel cemento, nei mattoni e nelle travi a vista.
Stasera tua madre è qui, Marwan, con noi, in questa spiaggia fredda, illuminata dalla luna, tra bambini che piangono e madri che esprimono le loro preoccupazioni in lingue che non conosciamo. Afghani, somali, iracheni, eritrei e siriani. Siamo tutti qui, impazienti e al tempo stesso timorosi di vedere l’alba sorgere. Tutti in cerca di una casa. Ho sentito dire che siamo gli indesiderati, gli sgraditi. Che dovremmo portare le nostre sciagure altrove. Ma sento la voce di tua madre, portata dalla marea, sussurrarmi all’orecchio: “Se solo vedessero, amore mio, anche la metà di quello che hai visto tu. Se solo vedessero… sarebbero più gentili, sicuramente.”
Osservo il tuo profilo illuminato dal bagliore dei tre quarti di luna sopra di noi, ragazzo mio, le tue ciglia chiuse in un sonno innocente. Ti dissi: “Stringimi la mano, non succederà niente.” Ma sono solo parole, i trucchi di un padre.
Cose che distruggono tuo padre e la fiducia che riponi in lui.
Perché stanotte riesco solo a pensare a quanto sia profondo il mare, a quanto sia vasto e indifferente. A quanto sono impotente nel proteggerti da lui. Tutto ciò che posso fare è pregare. Pregare che Dio guidi la barca quando la riva scivola lontano dal nostro sguardo e non siamo altro che un granello sulle acque gonfie, che si capovolge e si rovescia, facilmente inghiottito.
Perché tu sei un carico prezioso, Marwan, il più prezioso mai esistito.
Prego affinché il mare lo sappia.
Dio solo sa. Inshallah.
Quanto prego che lo sappia.”
Sebbene dal giorno della morte di Alan il numero degli arrivi in Europa sia drasticamente calato, i tentativi di affrontare lo stesso viaggio rimangono numerosi e in molti perdono la vita durante il tragitto. Dal 2 Settembre 2015, almeno 8,500 rifugiati e migranti sono morti o risultano dispersi nel tentativo di attraversare il Mediterraneo. Altri sono morti nel deserto.
Molti dei bambini che tentano di raggiungere l’Europa lo fanno da soli, rendendo il viaggio ancor più pericoloso. È un dato che riguarda il 92% dei 13,700 bambini che sono arrivati in Italia via mare nei primi sette mesi del 2017.
La pressante necessità di trovare delle soluzioni per questi bambini e per le altre persone che si spostano rimane viva – se le persone non hanno speranze e vivono nella paura continueranno a mettere a rischio la propria vita affrontando questi viaggi disperati.
Abbiamo tutti il dovere di far sapere ai nostri amici, alle nostre famiglie, alle nostre comunità, ai nostri governi che sosteniamo i rifugiati e che se questi dovessero bussare alle nostre porte in cerca sicurezza e di riparo, noi li accoglieremo. Possiamo dimostrare la nostra solidarietà ai rifugiati in molti modi. Dobbiamo agire subito.
© Khaled Hosseini
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