Tutti gli atleti provengono dai vicini centri di accoglienza e sono recentemente arrivati in Italia via mare. Sebbene nessuno di loro fosse un corridore professionista, si sono tutti interessati allo sport nell’attesa che le loro domande di asilo siano esaminate.
Naima e Najiba, entrambi ventiduenni, sono fuggiti dalla Somalia senza le rispettive famiglie. Si sono allenati nelle palestre del centro di accoglienza di Mineo, dove sono attualmente ospitati, e solo di recente hanno deciso di dedicarsi alla corsa. Corrono insieme per 5 chilometri ogni mattina. “Quando corriamo ci affatichiamo, ma è una fatica buona che ci fa stare meglio, con noi stessi e le nostre vite”, dice Naima. “La corsa di oggi è stata una sfida importante e speriamo di poter continuare a correre”.
La partecipazione di questo gruppo di atleti è stata favorita dall’UNHCR nel quadro di un impegno più ampio nel promuovere l’accesso di rifugiati e richiedenti asilo alle discipline sportive. “Lo sport rappresenta un trampolino importante per l’integrazione dei rifugiati,” afferma Felipe Camargo, Rappresentante dell’UNHCR per il Sud Europa, “essenziale per il benessere di persone che hanno affrontato difficoltà inimmaginabili e nonostante tutto sono pronti a far prevalere il proprio talento e la loro determinazione”.
Ghuleed, 23 anni, è uno degli atleti più esperti del gruppo, avendo alle sue spalle un sei anni da calciatore professionista in Somalia. “La mia squadra non esiste più, molti sono fuggiti come me e da anni ormai non ho più notizie di loro”, dice. “Ho chiamato i miei famigliari prima della corsa per chiedergli di pregare per me e darmi la forza per vincere. Non sono arrivato primo, a sono comunque contento del mio piazzamento”.
Gli ostacoli burocratici spesso impediscono a molti rifugiati e richiedenti asilo di praticare sport a livello professionistico, e l’UNHCR sta lavorando insieme ad altre organizzazioni partner per rimuovere questi ostacoli. A Catania, il sostegno del Comune e della Federazione Italiana di Atletica Leggera sono stati fondamentali nel superamento di queste difficoltà e nel far sì che il gruppo potesse correre.
Hassan, 23 anni, ha perso la sua famiglia in Siria. Quasi un anno dopo parla l’italiano in maniera perfetta e ha cominciato a nuotare. La partecipazione alla gara ha fatto nascere in lui l’interesse per questa disciplina: “Ho partecipato per puro divertimento, ma sono riuscito ad arrivare alla fine e credo che con un allenamento mirato potrei migliorare i miei risultati. L’anno prossimo correrò per vincere!”
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