L’UNHCR e i suoi partner stanno aiutando gli afghani tornati in patria ad accedere a servizi essenziali, alla terra e al lavoro. E’ però necessario ulteriore sostegno dalla comunità internazionale.
Era solo un adolescente quando la sua famiglia è fuggita in Pakistan durante l’occupazione sovietica dell’Afghanistan. Non credevano che sarebbero rimasti nel paese per sempre. Invece col passare dei decenni e l’inizio di un nuovo conflitto, la speranza di tornare a casa sembrava sempre più remota, più simile a un sogno sbiadito che a una realtà possibile da realizzare.
Nel 2016, Qayyum Khan ha deciso di trasferirsi con la sua famiglia – inclusi i sette figli, tutti nati e cresciuti in Pakistan – in Afghanistan.
“Non ricordo nemmeno come siamo saliti sul camion, come messo in valigia tutta la nostra vita, niente di tutto ciò,” dice, ricordando l’eccitazione che provava.
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Qayyum Khan e la sua famiglia sono tra i circa 5,2 milioni di rifugiati afghani che sono tornati a casa con l’assistenza dell’UNHCR dall’inizio degli anni 2000.
Dopo aver cresciuto i suoi figli con le storie della sua casa d’infanzia, l’impatto con l’Afghanistan odierno è stato difficile. Solo tre mesi dopo essere tornato nella sua casa nel distretto di Chadara, nella provincia di Kunduz, Qayyum Khan è stato costretto a fuggire a causa della violenza per la terza volta.
Qayyum Khan si è stabilito con la sua famiglia nella zona di Dasht-e Tarakhil, a quasi un’ora a est della capitale Kabul. Più di mille altre famiglie di rimpatriati – molte provenienti dalla sua città, Kunduz – si erano già trasferite qui.
La terra e i campi di Dasht-e Tarakhil erano aridi e deserti, e le strade non asfaltate rendevano difficile percorrere lunghe distanze per cercare lavoro o andare a scuola.
In ogni caso, la comunità è gradualmente cresciuta fino a raggiungere oltre 7.000 persone. Questo è stato possibile grazie ai forti legami nella comunità, all’aiuto dell’UNHCR e del suo partner nazionale ABRAR, delle autorità afghane e delle organizzazioni internazionali.
Mettendo insieme i fondi dati loro dalle organizzazioni internazionali, incluso l’UNHCR, che aiuta i rifugiati che scelgono di tornare a casa, la comunità ha acquistato piccoli appezzamenti di terreno nella zona e gli ex rifugiati hanno iniziato a ricostruire le loro vite.
Nel 2017, l’UNHCR ha aperto un chilometro di strada asfaltata, che permette alla comunità di avere un accesso migliore alla strada principale e ai mercati locali. Quest’anno, l’UNHCR e i suoi partner hanno costruito due pozzi di acqua profonda, serbatoi e una rete di distribuzione idrica a energia solare, per fornire alla comunità acqua pulita e sicura.
Gli sforzi per incoraggiare l’imprenditorialità sono iniziati lo scorso anno e continuano. Tra questi ci sono progetti di piccole e medie imprese per 30 uomini e 30 donne e il finanziamento di un programma di tessitura di tappeti – che offre un’alternativa al lavoro giornaliero a basso costo (1 dollaro USA al giorno) a Kabul. Le piccole imprese dell’area stanno incontrando una crescente domanda di mercato e si stanno espandendo.
Il comune, che comprende anche famiglie della provincia di Baghlan, ha deciso di investire nelle generazioni più giovani. L’anno scorso, ogni famiglia ha raccolto fondi per acquistare il terreno su cui costruire una scuola per i propri figli, molti dei quali non conoscevano il pashto e il dari, le lingue locali, quando sono arrivati.
“Noi potremmo non essere qui domani, ma i nostri figli lo saranno”, ha detto Zardad, un altro ex rifugiato tornato dall’esilio. La scuola, che viene costruita con l’assistenza dell’UNHCR, sarà integrata nel sistema educativo del governo dell’Afghanistan.
Affinché la loro istruzione non venga interrotta mentre viene costruita la nuova scuola, i bambini continuano a studiare in strutture temporanee fornite dall’UNHCR e dall’UNICEF. Ci sono lezioni sia la mattina che la sera, per permettere l’accesso allo studio sia ai ragazzi che alle ragazze. Gli insegnanti sono giovani, ventenni, della comunità.
I residenti sono grati per i cambiamenti avvenuti da quando sono tornati. “Siamo molto più felici, le cose sono migliorate notevolmente da quando siamo arrivati”, dice Haji Amooz.
Per Qayyum Khan le sfide rimangono e c’è molto da fare, ma lui e gli altri residenti non perdono la speranza e non si pentono di essere tornati.
I bisogni di milioni di afghani tornati in patria sono stati in cima all’agenda della Conferenza di Ginevra sull’Afghanistan, tenutasi il 27 e 28 Novembre 2018.
Guidato dal governo dell’Afghanistan e sostenuto dall’ONU, il forum si proponeva di fare il punto sui progressi compiuti negli ultimi anni. Inoltre, mirava a sostenere gli interventi a lungo termine e gli investimenti necessari per il ritorno e il reinserimento dei rifugiati afghani.
*I nomi sono stati cambiati per motivi di protezione.
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