Di Duniya Aslam Khan
Quando suo padre, violento e tossicodipendente, ha riferito a Zakia* che sarebbe stata data in matrimonio a un uomo con il doppio della sua età, la quindicenne si è sentita mancare. Date le sue proteste, alla rifugiata afghana è stato vietato di lasciare la casa di famiglia a Peshawar, nel Pakistan settentrionale, minacciata e spesso colpita dai fratelli, cicatrici come promemoria permanenti. Aveva due opzioni: sposare lo sconosciuto più grande o scappare.
Ha scelto la seconda opzione, molto più rischiosa – giovani ragazze sono state uccise per aver tentato, nonostante le leggi contro la pratica dei matrimoni precoci. Zakia è stata fortunata, è fuggita dal suo datore di lavoro pakistano, che l’ha portata nell’ufficio dell’UNHCR a Peshawar.
L’Agenzia prende molto seriamente la questione e l’impegno a contrastare questa pratica è stato anche il focus della campagna di 16 Giorni di attivismo contro la violenza sessuale e di genere di quest’anno, iniziata il 25 novembre e terminata il 10 dicembre. Dal momento che era in pericolo di vita, l’UNHCR l’ha trasferita in una sistemazione sicura a Islamabad e raccomandata per il reinsediamento. E’ volata negli Stati Uniti circa 2 mesi fa.
Tuttavia, le sofferenze patite nella sua gioventù resteranno per sempre con Zakia, che è nata e cresciuta in estrema povertà a Peshawar dopo che i suoi genitori sono arrivati in Pakistan in fuga dal Konar, provincia dell’Afghanistan orientale.
La madre lottava per nutrire i suoi 14 figli, non ricevendo aiuto dal marito, che aveva bisogno di soldi per la propria dipendenza da cocaina ed eroina. “Alcuni giorni dovevamo elemosinare il cibo per le strade perché mio padre rubava tutti i soldi di mia madre” ricorda Zakia, mentre le lacrime le scendono sul volto. “Mi chiedo perché dovrei essere etichettata per i peccati di mio padre” aggiunge.
I soldi che rubava erano quelli guadagnati dalle figlie maggiori, compresa Zakia, che ha iniziato a svolgere i lavori più strani quando aveva appena 11 anni. I suoi fratelli sono pigri come il padre. Alla fine, lei ha ottenuto un lavoro come donna delle pulizie presso una gentile donna del posto. Tutti i soldi che Zakia e le sue sorelle portavano a casa venivano arraffati dal padre. “Quando mia madre si rifiutava di dargli i soldi, la colpiva brutalmente e la insultava”.
E il peggio deve ancora venire. Circa un anno fa, Zakia è tornata a casa dal lavoro e una delle sue sorelle minori le ha detto che il padre e lo zio avevano programmato di farla sposare con un uomo in Afghanistan. “Avevano deciso di mandarmi a Konar con mio zio e, una volta lì, sarei state data a un uomo per un prezzo stabilito”, spiega.
SI è rifiutata, scatenando l’ira dei due uomini. “Mio zio mi ha detto: ‘Non sarò il figlio di mio padre se lascerò il Pakistan senza portarti con me’. Io gli ho risposto: ‘Non sarò la figlia di mio padre se mi arrenderò a te’”.
Impaurita per il suo futuro, Zakia ha abbandonato la casa di famiglia. Prima di venir trasferita a Islamabad e del reinsediamento, si è incontrata di nascosto con la madre in una casa sicura a Peshawar per l’ultima volta. “Abbiamo parlato poco e pianto molto – c’era poco di cui parlare. Non voleva che io avessi una vita sofferente come la sua”, singhiozza Zakia. “Era felice che fossi riuscita a evitare il matrimonio, ma anche preoccupata per me”.
Purtroppo, quella di Zakia non è una storia insolita in India, Pakistan e Afghanistan, dove sposarsi al di sotto dei 16 anni è una pratica diffusa, specialmente tra le famiglie povere. Oltre ai motivi culturali, altri fattori principali che portano ai matrimoni precoci sono la risoluzioni di faide e risanamento di debiti. Spesso, i mariti sono molto più anziani delle spose e vicende come quella di Zakia si verificano di frequente.
Maya Ameratuga, rappresentante UNHCR in Pakistan, ha affermato che i bambini che sono stati costretti ad abbandonare la propria casa sono ancora più vulnerabili a causa della povertà o perché i genitori sono preoccupati che le ragazze da sole possano essere violentate.
“In Pakistan, il tasso dei matrimoni precoci tra le comunità afghane è elevato in modo preoccupante” ha notato, aggiungendo: “A rendere l’intervento umanitario ancora più difficile è il fatto che una pratica così vergognosa sia giustificata nel nome della cultura e della religione. Il matrimonio precoce può essere una questione di vita o di morte per una giovane ragazza – è la prima causa del crescente tasso di mortalità materna”.
Nel frattempo, Zakia progetta di massimizzare le opportunità che la vita negli Stati Uniti le offrirà, a cominciare dall’istruzione, che fino a poco fa sembrava un sogno irraggiungibile. “Proverò a loro [i suoi parenti ed ex vicini] e al mondo che la figlia di un tossicodipendente è capace di perseguire i propri sogni come qualsiasi ragazza proveniente da un background privilegiato”.
Sperando nella fine della pratica dei matrimoni precoci, che coinvolge circa 15 milioni di ragazze ogni anno, ha sollecitato i padri in Afghanistan e Pakistan a non “giocare con la vita delle proprie figlie. I soldi che guadagnerete [dalla famiglia dello sposo] finiranno in poco tempo, ma le cicatrici sul corpo e nell’anima delle vostre figlie resteranno per l’eternità”. Ha esortato, invece: “Educatele; fate che siano orgogliose di voi, non che si vergognino”.
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