“Sono assolutamente entusiasta, provo un profondo senso di gratitudine, eccitazione e speranza”, ci dice una raggiante Bernice pochi giorni dopo aver conseguito il Master in Ingegneria Informatica, Cybersecurity e Intelligenza Artificiale presso l’Università di Cagliari,risultato raggiunto dopo due anni di lavoro. Bernice è una dei 271 studenti e studentesse che negli ultimi 7 anni hanno avuto l’opportunità di proseguire gli studi superiori in Italia grazie a Corridoi Universitari per i Rifugiati, un progetto realizzato dall’UNHCR e dalle università italiane.
Un risultato reso ancora più straordinario dalle avversità che Bernice e la sua famiglia hanno dovuto affrontare: “Ho lasciato Kinshasa nel 2005; avevo sette anni e non avevo idea di cosa stesse succedendo. Quello che ricordo è che avevo paura e che tutto è accaduto molto velocemente. Ricordo che eravamo in pericolo e ci trasferimmo prima a Katanga, nella Repubblica Democratica del Congo, dove i miei genitori cercarono di guadagnarsi da vivere. Poi un giorno mio padre ebbe un incidente e fummo aiutati dalla Chiesa cattolica. Mia madre, mio fratello di 9 anni e io fummo messi su un camion e portati in Sudafrica, dove diventammo rifugiati”, ricorda.
Mentre Bernice e la sua famiglia vivevano in pace, nel Paese che aveva dato loro asilo, senza una rete di supporto, assistenza e senza parlare la lingua, lavorare per ricostruire un futuro sembrava impossibile. Sua madre, Niozia, che in Repubblica Democratica del Congo era un’ infermiera, ma i cui titoli di studio non erano stati riconosciuti in Sudafrica, aveva molte difficoltà a sostenere la famiglia. Queste difficoltà sono comuni a molti rifugiati che si sforzano di migliorare la propria autosufficienza e contribuire alla società. Il 71% delle persone costrette a fuggire in tutto il mondo vive in Paesi a basso reddito dove spesso mancano opportunità anche per le comunità locali. Di conseguenza, i rifugiati sperimentano alti tassi di disoccupazione, mancanza di accesso all’istruzione e alla formazione, ma anche ai servizi finanziari, questo spesso li porta anche alla decisione di trasferirsi ancora una volta.
“Mia madre ha dovuto fare sia da madre che da padre per noi. Ha trovato qualsiasi lavoro possibile. All’inizio ha iniziato a vendere vestiti a Johannesburg, poi ha lavorato come donna delle pulizie. Ha fatto tutto il possibile per provvedere a me e a mio fratello”. In questo modo, Nioiza non solo ha provveduto ai suoi figli, ma ha rappresentato un modello da seguire per sua figlia.
“Mia madre ha sempre creduto nell’istruzione, ma quando le cose si sono fatte molto difficili mio fratello ha dovuto lasciare la scuola e trovare un lavoro per aiutarci. È stato allora che ho deciso che avrei fatto il possibile per studiare, non solo per me stessa ma anche per lui e mia madre. Volevo dimostrargli che il suo sacrificio significava molto per me”, dice Bernice.
Nonostante la sua straordinaria forza di volontà, Bernice ha continuato ad affrontare molti degli ostacoli che le donne rifugiate devono affrontare. Se a livello globale solo l’8% dei rifugiati raggiunge l’università, la percentuale scende al 3,5% per le donne. Dati drammatici che l’UNHCR sta cercando di superare sostenendo programmi educativi in tutto il mondo, con l’obiettivo di far iscrivere il 15% dei rifugiati all’istruzione supeeriore entro il 2030.
Quando Bernice finì le superiori, semplicemente non aveva i soldi per iscriversi all’università, dato che il suo piccolo stipendio serviva per pagare l’affitto e il cibo. Nonostante ciò, con l’aiuto di sua madre e di suo fratello riuscì finalmente a iscriversi a ingegneria dell’energia elettrica. “Ho scelto proprio questo perché ho sempre amato la luce. Crescendo nella Repubblica Democratica del Congo la luce era un problema, c’erano giorni, a volte una settimana intera, in cui eravamo senza elettricità, quindi la luce mi dava felicità e volevo capirla meglio: come si crea la luce? Volevo imparare tutto sull’elettricità”, racconta.
Bernice ha notato che non molte donne congolesi si sono avvicinate a questo campo, ma la sua forte convinzione che le donne possano fare tutto ciò che vogliono e l’incoraggiamento di sua madre l’hanno portata ad accettare la sfida.
Anche se i suoi risultati all’università sono stati influenzati dal fatto di essere costretta a lavorare, ha perseverato fino ad ottenere voti eccellenti. Vincere una borsa di studio DAFI è stata la spinta di cui aveva bisogno per completare i suoi studi e incoraggiare i suoi sogni.
Bernice ricorda: “Mentre i miei voti miglioravano e ottenevo il massimo dei voti, sono venuta a conoscenza dell’opportunità offerta dall’Università del programma DAFI per i rifugiati. Era un sogno che si avverava perché speravo di avere l’opportunità di acquisire maggiori competenze attraverso un programma di master. Ho sempre detto a mia madre che avrei conseguito un dottorato di ricerca e che un giorno mi avrebbero chiamato ‘dottoressa’. Sapevo già che volevo mettere in pratica ciò che avevo imparato per aiutare altre persone, per migliorare le loro vite. Il mio progetto dell’ultimo anno è stato la costruzione di una macchina per il rilevamento delle vene da utilizzare negli ospedali per aiutare medici e infermieri a individuare facilmente le vene. A volte è molto difficile individuare le vene nelle persone che necessitano di cure e questo causa loro sofferenza. Mi sono chiesta: cosa posso fare per migliorare la situazione?”
Nel 2022 Bernice è stata selezionata per ricevere una borsa di studio dall’Università di Cagliari che le ha dato le conoscenze per migliorare il progetto a cui stava lavorando, combinando informatica, intelligenza artificiale e sicurezza informatica.
“Ad essere sincera, quando ho fatto domanda per la borsa di studio, ci stavo solo provando. Il giorno in cui ho ricevuto la loro e-mail che diceva che ero stata selezionata non avevo parole, non riuscivo a dire nulla, non potevo muovermi perché sentivo che tutto ciò che avevo sognato, tutto ciò per cui avevo lavorato, stava finalmente accadendo”.
“Questa laurea significa la mia capacità di superare le barriere”, dice. “Questo nuovo certificato è diventato una parte essenziale della mia identità, qualcosa che nessuno potrà mai portarmi via”.
Bernice, che nel 2024 è diventata anche madre di Brielle, ha iniziato a cercare lavoro, ma non dimentica di guardarsi indietro. A Cagliari ha incontrato Loum Awat, un compagno di studi anche lui arrivato in Italia con il progetto UNICORE, che le ha presentato Christine Emmanuel, studentessa rifugiata in Ghana. Insieme hanno finanziato “Wings of Dignity”, una ONG che si impegna a fornire opportunità alle donne rifugiate nel campo rifugiati di Kakuma, partendo dalle basi. Utilizzando parte del denaro della borsa di studio, Bernice, Christina e Loum hanno fornito assorbenti a 150 ragazze e creato spazi sicuri in cui le giovani donne possono condividere le loro esperienze.
“Qualcuno ha creduto in me e mi ha dato l’opportunità di continuare i miei studi. Credo in tutte le ragazze rifugiate e voglio fare del mio meglio affinché anche loro possano avere grandi opportunità”.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter