VENEZIA, Italia – Una nuova mostra durante il più grande festival d’arte del mondo mira a mettere i rifugiati al centro di un dibattito sul fatto che l’arte dovrebbe provare a cambiare la società.
“Rothko in Lampedusa” espone opere di artisti che hanno ottenuto riconoscimenti internazionali come Ai Weiwei e Richard Mosse e opere di cinque artisti emergenti e rifugiati provenienti dalla Siria, dall’Iran, dall’Iraq, dalla Costa d’Avorio e dalla Somalia.
Più di 100 persone hanno partecipato venerdì all’inaugurazione della mostra che rimarrà aperta in parallelo Biennale di Venezia, il cui tema, “May you live in interesting times”, mira a generare una riflessione su questioni sociali tra cui la risposta alla crisi dei rifugiati in Europa.
Mentre la grande maggioranza di quasi 70 milioni di persone costrette a fuggire in tutto il mondo è ospitata in paesi in via di sviluppo, in Europa – dove si è registrato un calo significativo del numero di persone arrivate – hanno cercato asilo circa due milioni di persone dal 2014, incontrando risposte che vanno dall’accoglienza alla chiusura delle frontiere.
“La domanda alla base della mostra è che forse perderemo il Rothko del 21° secolo se non diamo (un’opportunità) a queste persone, rifugiati e migranti, che arrivano in Europa”, ha detto la curatrice della mostra Francesca Giubilei.
Mark Rothko è fuggito negli Stati Uniti nel 1913, a causa delle persecuzioni nel suo paese, l’attuale Lettonia. E’ poi diventato uno degli artisti più famosi del 20° secolo. La piccola isola di Lampedusa, tra la Sicilia e la Tunisia, è stata un luogo di accoglienza chiave per i rifugiati ed è vista come un simbolo della crisi dei rifugiati.
Gli artisti emergenti il cui lavoro è esposto nella mostra hanno risposto al loro status di rifugiato in vari modi. Majid Adin, dall’Iran e residente a Londra, ha mostrato un video animato di una famiglia che sta affrontando un pericoloso viaggio via terra e via mare. Mohammed Keita, fuggito dalla Costa d’Avorio, fotografa scene di strada in Italia, la sua nuova casa.
Per Rasha Deeb, artista siriana ora residente nel sud della Germania, la guerra nel suo paese d’origine, piuttosto che la sua esperienza di rifugiata, è stata l’impulso per la sua scultura astratta.
“La guerra è il mio grande problema ed è il mio grande messaggio. Non i rifugiati. A causa della guerra ci sono rifugiati. Se non c’è la guerra non ci sono rifugiati. Non volevo lasciare il mio paese. Perché? Avevo una bella vita, andava tutto bene per me. Perché?”
La partecipazione alla mostra di Deeb, Adin, Keita e della fotografa Bnar Sardar Sdiq dalla regione del Kurdistan iracheno fa parte della loro residenza di un mese a Venezia finanziata dall’UNHCR. Un quinto artista emergente il cui lavoro è esposto, Hassan Yare, illustratore somalo che vive in un campo in Kenya, non ha potuto ottenere i documenti di viaggio per partecipare.
Giubilei ha detto che “Rothko in Lampedusa” è l’unica esposizione specificamente incentrata sui rifugiati ma non è l’unica mostra che affronta la questione. All’Arsenale, il principale spazio espositivo della città, è esposta una barca naufragata nel Mediterraneo nell’aprile 2015, sulla quale hanno perso la vita circa 800 rifugiati e migranti.
Il governo italiano ha rimesso in sesto la barca e l’artista svizzero-islandese Christoph Buchel, insieme a dei colleghi, ha fatto in modo che fosse portata su una chiatta per la Biennale per essere mostrata come un simbolo dei nostri tempi. I corpi sono stati rimossi ma “Our boat” – la nostra barca, il nome dell’installazione – è in realtà una tomba oltre che un atto di provocazione artistica.
Appassionati d’arte si aggiravano intorno alla nave danneggiata venerdì, sorseggiando aperitivi al sole in un caffè vicino, alcuni apparentemente senza sapere dell’orrore di ciò che era accaduto lì.
“… Ho incontrato i sopravvissuti di questa barca”, ha detto Carlotta Sami, portavoce dell’UNHCR. “Solo 24, giovani, tutti ragazzi tremanti e con gli occhi sbarrati. Era all’alba… nel porto di Catania, ad aprile 2015. E poi ho visto quella mostruosa barca quando è stata recuperata con i suoi 800 cadaveri. E’ stato un momento tragico che ricorderò per sempre”.
“Rothko a Lampedusa” sarà a Palazzo Querini fino al 24 novembre.
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