Nato e cresciuto da apolide, Yutthachai Jaju sta ora contribuendo a porre fine all’apolidia nella provincia di Chiang Rai, nel nord della Thailandia.
Sono nato in Thailandia e ho sempre sentito un attaccamento alla Thailandia e al popolo thailandese. Non ho mai vissuto altrove. Ma poiché la mia famiglia era apolide, lo ero anch’io. Non avevamo la nazionalità tailandese, né quella di nessun altro paese.
Sono di etnia Lahu. La mia famiglia è originaria di Mae Hong Son, nel nord della Thailandia, anche se ci siamo trasferiti nella vicina provincia di Chiang Mai quando ero bambino. Nella parte settentrionale della Thailandia, molti apolidi appartengono alle tribù Lahu, Akha e Lisu. Crescendo, avevo un numero di identificazione a 13 cifre dato dal governo thailandese, ma non la nazionalità thailandese.
Sono diventato cittadino thailandese da adolescente, quando avevo 13 o 14 anni. Prima di ricevere la nazionalità, vivevo in uno stato di costante preoccupazione. Avevo paura ogni volta che vedevo dei poliziotti.
Ho anche affrontato problemi nella mia istruzione. Quando ho completato le medie e stavo per iscrivermi alle superiori, non ho potuto iscrivermi perché non avevo la nazionalità. Ho chiesto consiglio al mio insegnante su cosa fare. Mi ha consigliato di chiedere a mio zio, che era un cittadino thailandese, di parlare alla scuola a mio nome. Dopo che ha garantito per me, alla fine mi è stato permesso di continuare gli studi.
Mi faceva male che altre persone potessero fare questo e quello, mentre io avevo delle limitazioni nei miei diritti – anche se ero nato qui in Thailandia. Sentivo che tutto era complicato e difficile, e che qualsiasi cosa cercassi di fare sarebbe stata ostacolata.
Ricordo vividamente quel giorno del 2000 quando mio padre disse a me e ai miei fratelli che avremmo ricevuto la cittadinanza. Eravamo tutti molto felici e sorridevamo mentre ci dirigevamo all’ufficio distrettuale per ottenere le nostre nuove carte d’identità thailandesi.
Mio padre aveva fatto richiesta di cittadinanza per tutta la famiglia dopo che mio zio aveva completato la procedura. I miei genitori non avevano provato a richiedere la nazionalità prima di allora; l’importanza di avere ufficialmente la nazionalità non era ancora chiara per loro. Inoltre non sapevano come fare domanda e sono dovuti andare molto lontano da casa nostra per presentare i documenti.
Quando sono diventato un cittadino thailandese, mi sono sentito come se fossi rinato, come se stessi ricevendo una nuova vita. Come apolide, ero in uno stato di oscurità, di offuscamento. Dopo aver ricevuto la nazionalità thailandese, mi sono sentito come se ci fosse la luce. Sentivo che non c’erano più ostacoli sulla mia strada, e ho cominciato a sentirmi a mio agio ovunque andassi.
Da quando ho la carta d’identità thailandese, non mi preoccupo più di essere fermato dalla polizia. E per quanto riguarda la mia istruzione, i benefici sono stati altrettanto chiari. Dopo aver completato le superiori, ho potuto ricevere un prestito dal governo per studiare all’università. Se non avessi avuto la nazionalità, non avrei avuto accesso a questo diritto.
Oggi, sono orgoglioso di lavorare come Mobilitatore di Comunità all’ADRA, l’Agenzia Avventista di Sviluppo e Soccorso. Intorno alle zone in cui lavoro a Chiang Rai, ci sono persone che rimangono apolidi.
Una delle sfide principali è che molti apolidi non hanno informazioni sul processo di richiesta della nazionalità. Di conseguenza, non hanno la fiducia necessaria per contattare le autorità competenti e affrontare il processo da soli.
È qui che entriamo in gioco io e i miei colleghi. Aiutiamo gli apolidi a richiedere la nazionalità aiutandoli a preparare i loro documenti. Li incoraggiamo a presentare una domanda di nazionalità, e se hanno difficoltà a comunicare con i funzionari (come accade ad alcuni apolidi anziani, che non parlano correntemente il thailandese), li accompagniamo all’ufficio distrettuale e li aiutiamo facendo da interpreti. Poi seguiamo il caso per loro conto.
Cerchiamo anche di informare gli apolidi sui diritti che hanno, per esempio in relazione a questioni importanti come l’istruzione, i viaggi e il lavoro.
Anche se le sfide rimangono, ho visto con la mia esperienza che porre fine all’apolidia è possibile. Se lavoriamo tutti insieme – dal governo alla società civile, dal mondo accademico ai media – possiamo tutti contribuire a risolvere questo problema. Se collaboriamo e teniamo presente che abbiamo tutti lo stesso obiettivo, possiamo fare in modo che nessuno rimanga apolide.
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