Per mesi dopo la fuga dalla violenza in Myanmar, il rifugiato Roulya Nurul Salam e sua moglie Lalu Begum attingevano acqua da una pompa a mano che spesso lasciava la loro famiglia con mal di gola e dissenteria.
“Il punto di erogazione dell’acqua era vicino a uno scarico. Non abbiamo mai saputo se berla fosse sicuro o no. L’area era veramente sporca e ci siamo ammalati molto spesso”, dice Nurul, 35 anni.
Ora, grazie a un sistema idrico ad energia solare installato di recente nell’affollato insediamento di rifugiati di Kutupalong a Cox’s Bazar, sono tra le migliaia di persone che possono raggiungere uno stand, aprire un rubinetto e riempire una brocca con acqua potabile.
Con l’accesso a un pozzo profondo e un sistema di clorurazione dell’acqua, la coppia e i vicini di casa nell’insediamento hanno meno problemi di salute.
“Mia moglie aveva la dissenteria e qualche volta la febbre. Ora, le cose sono molto diverse. Non si è mai ammalata negli ultimi mesi”, dice Nurul, che si affida anche all’acqua pulita per la bancarella del tè che gestisce nell’insediamento.
La coppia è tra i 745.000 rifugiati fuggiti in Bangladesh dopo essere stati costretti a lasciare le loro case nello Stato del Rakhine settentrionale del Myanmar ad agosto 2017.
All’inizio la famiglia si era stabilita in una zona acquitrinosa dell’insediamento, ma è stata trasferita in una nuova area, dove sono tra 3.500 bambini, donne e uomini che beneficiano di acqua pulita.
“Dove vivevamo prima, se c’era una forte tempesta, i livelli delle acque di scarico salivano ed entravano nel nostro rifugio”, ricorda Nurul. “L’acqua era una disgrazia allora. Ora è una benedizione. I bambini non sono più malati”.
Tre persone su 10 in tutto il mondo non hanno accesso all’acqua potabile – secondo il Rapporto sullo sviluppo idrico mondiale dell’ONU 2019, Leaving no one behind – nonostante l’acqua potabile e le strutture igienico-sanitarie siano riconosciute come fondamentali diritti umani, indispensabili per la salute e la dignità umana.
Il sistema idrico ad energia solare è una delle otto nuove reti completate congiuntamente da UNHCR, OXFAM, Medici Senza Frontiere e dall’agenzia non governativa del Bangladesh BRAC, installate negli ultimi sei mesi, fornendo acqua a un totale di 40.000 persone nel sito. Ci sono piani per installare altre 10 reti nel prossimo anno, che andranno a beneficio di altri 80.000 rifugiati.
I sistemi funzionano interamente attraverso l’elettricità generata da pannelli solari. Le pompe motorizzate attingono l’acqua da pozzi profondi a serbatoi da 70.000 litri appena installati, dove il cloro uccide batteri e altri microbi dannosi. Viene quindi convogliato verso punti d’acqua collettivi strategicamente installati in tutto il sito di Kutupalong-Balukhali.
“È molto meno difficile e più conveniente di prima”, dice Lalu, che fa volontariato con il nostro partner BRAC, mentre prende l’acqua ai rubinetti. “Facevamo lunghe code e dedicavamo molta energia all’acqua, (ma ora) posso prenderla da sola.”
Tra i rifugiati che beneficiano della nuova fornitura ci sono il ventenne Mohammed Baser, anche lui volontario, sua moglie e la loro bambina, Shomima.
“Abitavamo anche noi in una zona in cui si raccoglieva la spazzatura”, dice. “L’odore era davvero pessimo. Mia figlia si ammalava sempre: aveva febbre, diarrea e infezioni alla gola. L’acqua puzzava e l’ambiente era cattivo..
“Invece qui l’acqua qui è buona… Prima non ci rendevamo conto che ci stavamo ammalando a causa dell’acqua”.
Le agenzie umanitarie hanno affrontato enormi sfide per fornire acqua potabile sufficiente ai rifugiati in questi luoghi fortemente sovraffollati. Fornire acqua potabile richiede la perforazione di pozzi profondi, la costruzione di reti idriche e quindi l’installazione di tubi, dighe, canali, meccanismi di filtraggio e sistemi di clorazione.
Inoltre, quest’anno UNHCR e Oxfam hanno creato il più grande impianto di trattamento dei rifiuti umani mai costruito in un insediamento di rifugiati. L’impianto è in grado di smaltire i rifiuti di 150.000 persone.
Nella maggior parte delle località, l’acqua scarseggia. Nella stagione secca, specialmente in aree come Nayapara, spesso l’unica soluzione è trasportare l’acqua attraverso camion, operazione molto costosa. È stato impegnativo garantire fonti d’acqua adeguate per l’intera popolazione di rifugiati. Per questo l’UNHCR e i suoi partner, lavorando a stretto contatto con il governo del Bangladesh, hanno intensificato i loro sforzi nell’ultimo anno per cercare soluzioni durature per acqua e servizi igienico-sanitari.
“Le nuove reti idriche ad energia solare riducono i costi energetici e le emissioni di carburante”, afferma Murray Wilson, responsabile dei programmi di acqua, sanità e igiene (WASH) dell’UNHCR a Cox’s Bazar.
L’UNHCR e i suoi partner mirano a fornire 20 litri di acqua clorurata al giorno a ogni singolo rifugiato, garantendo acqua sicura per tutti.
“L’acqua clorurata aiuta a mantenere l’acqua sicura ed elimina qualsiasi rischio di diffusione di malattie”, afferma Wilson. “Le precedenti fonti d’acqua, principalmente pozzi trivellati dotati di pompe a mano, erano spesso altamente contaminati dalle acque reflue che penetravano nella falda acquifera da cui i pozzi attingevano acqua”.
“Questo è un cambiamento fondamentale nella nostra strategia di fornitura di servizi ai rifugiati”.
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