Spostandosi a piedi, a cavallo o su una 4×4, l’avvocato Azizbek Ashurov e il suo team hanno aiutato il Kirghizistan a porre fine all’apolidia.
Azizbek Ashurov sostiene che non è una cittadinanza quella che lui assicura a persone che vivono senza. Sostiene di non far altro che restituire ciò che appartiene loro da sempre.
Voce soave e sorriso caloroso, l’avvocato ha trascorso gli ultimi cinque anni a difendere i diritti di oltre 10.000 apolidi in Kirghizistan, compiendo ogni possibile sforzo nella sua battaglia per assicurare che ricevessero la cittadinanza.
Insieme al suo team, ha attraversato il Paese su una Lada 4×4 malandata. Ha scalato montagne impervie a cavallo e percorso le strade di comunità remote per scovare le persone che vivono prive di documenti lontano dagli occhi del mondo.
Ora il suo lavoro instancabile è stato ripagato, dal momento che ha permesso a questa nazione dell’Asia centrale di conseguire un obiettivo storico: porre fine all’apolidia in seno ai propri confini.
“Tutti si chiedevano se ce l’avremmo fatta”, racconta l’avvocato di 38 anni. “Dicevano che sarebbe stato difficilissimo. Quando abbiamo cominciato, le persone che cercavamo erano davvero invisibili. Lo Stato non sapeva nulla di loro, non esistevano statistiche”.
“Ma ero giovane e ambizioso, e il mio team condivideva la stessa passione per i diritti umani. Come recita un detto: senza tuoni, non piove”.
L’apolidia segna le vite di milioni di persone nel mondo. Le priva di diritti fondamentali quali l’accesso alla salute, all’istruzione, al lavoro e alla libertà di circolazione, o perfino della possibilità di aprire un conto in banca o comprare una sim card per telefoni cellulari.
La dissoluzione dell’Unione Sovietica nei primi anni Novanta ha determinato l’apolidia di centinaia di migliaia di persone in tutta l’Asia centrale, compreso il Kirghizistan. Altri sono rimasti in un limbo a causa delle lacune nella legislazione o del matrimonio contratto con una persona di nazionalità differente.
Tra quanti rimasti privi di documenti vi era Shirmonkhon Saydalieva, madre di tre bambini divenuta apolide dopo che i confini dell’ex Unione Sovietica furono ridisegnati portando alla costituzione del Kirghizistan indipendente.
“La vita era davvero difficile senza documenti”, racconta la donna di 47 anni. “Non avevamo il diritto di lavorare. Non potevamo recarci in visita ai nostri parenti. Non avevamo il diritto di fare nulla – non potevamo nemmeno andare all’ospedale. Nessuno ci aiutava”.
Per decenni, tre generazioni della sua famiglia hanno vissuto sulla soglia della povertà.
“Poi sono arrivati gli avvocati”, ricorda sorridendo.
L’organizzazione Avvocati senza frontiere della valle di Fergana, di cui Azizbek Ashurov è responsabile, è stata fondata nel 2003 per offrire consulenza legale gratuita. Ha iniziato a contrastare l’apolidia nel 2007 e, nel 2014, i fondi erogati dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, hanno permesso di allestire sportelli mobili di consulenza e di mappare i casi esistenti.
È emerso che l’angolo del Kirghizistan in cui giace la valle di Fergana – regione densamente popolata dell’Asia centrale che comprende anche aree di Uzbekistan e Tagikistan – era una zona calda, abitandovi oltre 10.000 persone prive di documenti.
Trenta avvocati lavoravano instancabilmente, gestendo fino a 10 casi al giorno. Gli orari di ufficio erano saltati completamente. “Non avevamo mai nemmeno il tempo di pensare a cosa fosse a motivarci”, ricorda Azizbek Ashurov, che raramente riusciva a tornare a casa in tempo per mettere a letto i propri figli.
“Risolto un caso, cominciavamo col seguente”.
In questa battaglia, hanno potuto contare su alcuni alleati fondamentali che, alle loro spalle, facevano pressione per il cambiamento e per migliorare le leggi in materia.
“Il nostro principale metodo di lavoro è consistito nel lavorare col governo”, ha affermato Azizbek Ashurov. “Siamo riusciti a conquistarne l’attenzione e a renderlo nostro amico. Eravamo come piccoli guerrieri, ma alle nostre spalle avevamo un enorme carro armato”.
In un Paese caratterizzato da territori tanto montuosi, le unità mobili sono state fondamentali. Hanno girato in lungo e in largo il Kirghizistan per raggiungere alcune tra le comunità più remote, mettendo a disposizione sportelli di consulenza e visitando le persone porta a porta. Attraverso i luoghi che la Lada non poteva percorrere – pendii accidentati o valli scoscese – gli avvocati sono passati a cavallo.
Azizbek Ashurov racconta che è stato necessario molto tempo per conquistarsi la fiducia di persone che si sentivano dimenticate. Ma gli ostacoli non hanno fatto altro che rafforzare la sua determinazione ad aiutarle.
“Dopo tutto, come si potrebbe essere colpevoli per il solo fatto di non essere figli delle persone giuste o per essere nati nel posto sbagliato al momento sbagliato?”.
A luglio di quest’anno alle ultime persone prive di documenti del Kirghizistan è stata finalmente concessa la cittadinanza – in larga parte grazie al lavoro svolto da Ashurov e dal suo team.
Malgrado l’enorme impatto prodotto dal suo operato, quest’uomo straordinario può passare facilmente inosservato. In occasione di una cerimonia tenuta nella capitale del Kirghizistan per celebrare il risultato conseguito dal Paese, indossava un semplice vestito in poliestere. Non ha preso posto ed è rimasto, invece, in piedi in fondo alla sala a osservare e a condividere coi colleghi i meriti di questo risultato ottenuto per la prima volta a livello mondiale.
“Non è stato altro che lavoro di squadra”, ha insistito sorridendo.
Ashurov ha lavorato senza sosta per cinque anni. Si concede poco tempo libero. Si prende una pausa solo la domenica per portare i figli alle giostre o per prendersi cura dei fiori del suo giardino. Dice che sta ancora cercando le parole adatte per ringraziare sua moglie.
Tutti gli avvocati hanno un proprio hobby. Ashurov racconta che questo li aiuta a gestire lo stress. Kanat, 37 anni, fa la controfigura nei film. Nurlan, 40 anni, fa da guardiano alle pecore. Una battuta ricorrente fra loro è che Almaz, 38 anni, ha raddoppiato il proprio carico di lavoro diventando l’amministratore del condominio in cui vive. Ma anche Superman ha bisogno di fare delle pause.
“Ci sono stati momenti in cui ho pensato di non poter continuare”, racconta Ashurov. “L’ultima volta un mese fa. Mi sono ammalato. Avevo problemi a casa e molto lavoro in ufficio. Me lo ricordo perché pioveva. Sono solo un essere umano”.
Gli altri cinque colleghi, fra cui la contabile Mayram, lo hanno aiutato a stringere i denti.
“Ho trascorso quasi 16 anni con queste persone”, afferma. “Non siamo solo colleghi o amici. Siamo fratelli”.
“Ciò che preferisco di Azizbek è che non si comporta come un capo”, racconta Kanat, che lavora nel team dal 2013. “Si comporta come un leader. Sarà sempre in prima linea al tuo fianco”.
Quando non si occupano di contrastare l’apolidia, gli avvocati sono impegnati in un’altra sfida: vincere il torneo locale di ‘Что? Где? Когда?’ (‘Cosa? Dove? Quando?’), un quiz a squadre popolare in tutta l’ex Unione Sovietica.
Ad oggi, tuttavia, la vittoria è sempre sfuggita.
“Recentemente siamo stati invitati alla versione televisiva locale. Abbiamo risposto che non avevamo tempo, ma la vera ragione è che temiamo di perdere”. Azizbek Ashurov ride mentre gli brillano gli occhi. “Continueremo a provarci. Sono il tipo di persona a cui se fai una domanda, non trova pace finché non ha trovato la risposta”.
Quando la campagna #IBelong è ormai giunta a metà percorso, l’UNHCR ha rivolto un appello agli Stati affinché si impegnino ad adottare misure ambiziose e rapide per conseguire l’obiettivo di porre fine all’apolidia entro il 2024.
“La leadership giocata dal Kirghizistan nella risoluzione dei casi conosciuti di apolidia costituisce un esempio straordinario che spero sarà apprezzato e seguito da altri”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
Yasuko Oda, Rappresentante Regionale dell’UNHCR per l’Asia centrale, auspica che il risultato conseguito dal Kirghizistan ispirerà altri Paesi in tutto il mondo a fare altrettanto. “L’obiettivo di porre fine all’apolidia può essere conseguito davvero grazie alla comprensione e agli sforzi collettivi di tutti, compresi gli ex apolidi stessi in qualità di ambasciatori e modelli positivi, nonché coloro che sono ancora privi di documenti e del coraggio di farsi avanti per essere identificati”, ha dichiarato.
Azizbek Ashurov e il suo team ora lavorano per aiutare altri Paesi dell’Asia centrale a ridurre i casi di apolidia. Insieme, hanno contribuito a istituire una rete per la condivisione di informazioni che favorisca la collaborazione fra società civile e governi”.
“Siamo un piccolo Paese dotato di risorse limitate”, afferma Azizbek Ashurov. “Ma abbiamo posto fine all’apolidia insieme. Non è impossibile, e ci si può riuscire anche altrove. La cittadinanza non è un privilegio, è una necessità. Non si tratta di numeri, ma di persone le cui vite sono cambiate per sempre”.
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