Prima che questo ristorante yemenita aprisse sull’isola di Jeju, in Corea del Sud, Kim Hee-yeol sapeva davvero poco del cibo e della cultura del paese devastato dalla guerra.
Ma dopo aver provato il kebab, il pane e l’hummus del ristorante Wardah – dove il cibo viene preparato da chef e servito da camerieri yemeniti rifugiati sull’isola coreana – ha imparato a conoscere entrambi.
“Mangiare qui da loro mi fa sentire di conoscere lo Yemen un pò meglio”, dice Kim, tra i coreani, gli yemeniti e i turisti clienti del Wardah in un affollato venerdì sera.
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“Mi sono commossa nel vedere un cameriere che cercava di prendere un’ordinazione in coreano usando un’app per tradurre. Si stanno impegnando davvero tanto per adattarsi qui in Corea”, dice.
La scorsa primavera, circa 500 yemeniti fuggiti dalla guerra civile sono arrivati a Jeju, una vivace isola turistica della Corea del Sud per la quale non c’è l’obbligo di visto.
L’arrivo in massa dei rifugiati yemeniti è stato un qualcosa di inusuale, e ha provocato preoccupazione sia sull’isola che altrove in Corea, dove le persone del luogo hanno pochi contatti con rifugiati o musulmani. Eppure il ristorante, un pasto alla volta, sta iniziando a cambiare questa percezione.
Wardah, che vuol dire “fiore” in arabo, è stato un’invenzione dell’imprenditrice e musicista locale Ha Min-kyung, che ha deciso di aprire il suo studio musicale ai rifugiati per ospitarli, dopo aver saputo da un gruppo sui social che molti avevano iniziato a dormire in strada perchè i loro risparmi stavano terminando.
“Mi hanno ringraziato con una tale sincerità per un qualcosa di così semplice da fare che ho iniziato a sentirmi quasi in colpa”, dice la 38enne, mentre gli occhi le si riempiono di lacrime al ricordo. “Lo studio era vuoto la maggior parte del tempo e tutto quello che ho dovuto fare è stato aprire la porta. Quanto può essere difficile?”
Dopo aver passato mesi ad aiutare e sostenere i richiedenti asilo yemeniti, dei quali era ormai un’amica, Ha ha capito che molti di loro non mangiavano nel modo adeguato perchè era difficile trovare cibo halal a Jeju.
Con il supporto dei suoi amici yemeniti e coreani, ha deciso di aprire il primo ristorante yemenita dell’isola, e di chiamarlo Wardah, lo stesso nome che i suoi amici rifugiati le hanno dato.
Il ristorante serve cibo halal: kebab, riso, falafel e pollo agdah, insieme a hummus e altre ricette mediorientali. I clienti yemeniti hanno uno sconto speciale del 50%.
“Ha il sapore di casa”, dice Mohammed Ali, richiedente asilo di 37 anni e cliente fisso al Wardah. “Fuori di qui mangiavo solo verdure perchè non ero sicuro che il pollo venduto nei negozi coreani fosse halal. Qui non devo preoccuparmi di questo”.
Tra i clienti fissi c’è anche Nathan Dewan, dagli Stati Uniti, che vive sull’isola da 4 anni e lavora come insegnante di inglese in una scuola pubblica.
“Il cibo permette di relazionarci gli uni agli altri ed è un ottimo mezzo per raccontare la propria personalità o la propria storia.. E’ meraviglioso che questo posto possa avvicinare culture diverse”, dice Nathan.
Il conflitto in corso e le disperate condizioni in Yemen hanno costretto alla fuga circa 2,3 milioni di persone, che sono sfollate all’interno del paese. Si stima che più di 20 milioni di persone in Yemen abbiano un disperato bisogno di aiuti umanitari. Circa 70.000 persone sono fuggite dal paese in cerca di sicurezza.
L’UNHCR lavora sul campo in Yemen, fornendo assistenza umanitaria urgente. Si ritiene che nessun yemenita possa tornare in sicurezza a casa al momento.
E’ una grande soddisfazione per Ha vedere coreani, yemeniti e turisti nel ristorante interagire attraverso il cibo.
“Avrei riso se qualcuno l’anno scorso mi avesse detto che avrei aperto un ristorante yemenita”, dice. “Prima che gli yemeniti iniziassero ad arrivare, non sapevo nemmeno che lo Yemen esistesse. Non sapevo chi fossero i rifugiati”.
Dal 1994 la Corea ha ricevuto circa 49.000 richieste di asilo e ad oggi ospita circa 2.900 rifugiati e persone con permesso umanitario da vari paesi, tra cui Pakistan, Cina, Siria e Yemen.
Il governo sud-coreano ha garantito un permesso umanitario temporaneo alla maggioranza dei 484 yemeniti che hanno cercato asilo sull’isola, e ha riconosciuto due di loro come rifugiati. In ogni caso, le sfide sono ancora tante, in particolare per i 56 richiedenti asilo a cui è stata negata la protezione, anche se hanno diritto di appello e non saranno rimpatriati immediatamente.
“Non siamo venuti in Corea per guadagnare o per avere un lavoro migliore. Siamo venuti in Corea perchè è un paese sicuro ed era la nostra unica opzione”, dice Sami Al-baadni, 23 anni, cameriere al Wardah. “Non possiamo tornare a casa nè ora nè nel futuro immediato. Se tornassimo a casa ora moriremmo”.
Lo chef 35enne del Wardah, Mohammed Ameen Almaamari, vuole la pace in Yemen e l’opportunità di tornare a casa in sicurezza. Nel frattempo chiede ai coreani di vedere gli yemeniti come esseri umani “al di là di differenze etniche, culturali o religiose”.
Ci sono segnali che il ristorante stia aiutando a raggiungere questa speranza. Dopo aver mangiato al Wardah, Kim Hee-yeol fa una riflessione sul bisogno di fare di più per aiutare i rifugiati in difficoltà.
“Possiamo preoccuparci per lo sconosciuto, ma non è colpa sua giusto?”, dice. “Spero che il governo aumenti gli sforzi per persuadere e rassicurare le persone sulla responsabilità della Corea nel proteggere i rifugiati”.
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