Un progetto di pugilato realizzato da una ONG vincitrice dell’Innovation Award sta dando forza alle donne e alle ragazze yazidi sfollate nella regione del Kurdistan in Iraq.
“Ricordo che ero l’unica ragazza tra i miei amici ad avere il coraggio di avvicinarsi a quel sacco rosso e sferrare pugni”, ricorda. “Mi aiutava a scaricare lo stress”.
A casa, Nathifa si occupava principalmente della madre malata e dei fratelli più piccoli, mentre il padre era fuori a lavorare i campi della famiglia. Sua madre è morta pochi giorni prima che i militanti dell’ISIS attaccassero Sinjar nell’agosto 2014. I militanti hanno preso di mira la popolazione a maggioranza yazidi di Sinjar, la cui antica religione si ispira sia al cristianesimo che all’islam, sottoponendola a un regno di terrore che le Nazioni Unite hanno definito un genocidio. Migliaia di uomini yazidi sono stati giustiziati, mentre donne e ragazze sono state rapite e spesso vendute come schiave sessuali.
Nathifa e la sua famiglia sono riusciti a fuggire, finendo a Rwanga, un campo per circa 12.000 sfollati interni, la maggior parte dei quali yazidi, nella regione del Kurdistan in Iraq. Otto anni dopo sono ancora lì, anche se il padre di Nathifa si è risposato e Nathifa, ora 28enne, è l’unica a occuparsi dei suoi quattro fratelli adolescenti.
Il sacco da boxe è tornato nella sua vita dopo che ha iniziato a lavorare per The Lotus Flower, un’organizzazione comunitaria che sostiene le donne e le ragazze sfollate nel nord dell’Iraq. Quando le è stato chiesto di pensare a un’attività sportiva per le ragazze del campo, Nathifa ha pensato subito alla boxe.
“La maggior parte delle donne e delle ragazze del campo erano sopravvissute all’ISIS e avevano subito un trauma a causa della prigionia”, racconta. “Ho pensato che se quelle donne e quelle ragazze fossero state fisicamente forti, avrebbero potuto avere maggiori possibilità di fuggire dall’ISIS o di difendersi”.
Per caso, la fondatrice di The Lotus Flower, Taban Shoresh, stava pensando a qualcosa di simile. Anche lei è sopravvissuta alla violenza e ha osservato gli alti livelli di trauma tra le donne yazidi e il loro bisogno di supporto per la salute mentale e di uno sfogo per le loro emozioni.
“Ho incontrato molte donne e ragazze yazidi che portano dentro di sè le conseguenze dell’ISIS”, racconta. “Ho potuto vedere la rabbia e le emozioni intrappolate dentro di loro. Ho pensato: cosa può aiutarle a ricostruire la fiducia in se stesse e a recuperare il potere che è stato loro tolto? Quale sport c’è? Ed è venuto fuori il pugilato”.
Nel 2018, Taban ha portato a Rwanga Cathy Brown, ex pugile professionista e terapeuta cognitivo-comportamentale, per insegnare a Nathifa e ad altre giovani donne come tirare di boxe e diventare loro stesse allenatrici.
È nato il programma “Boxing Sisters” e da allora Nathifa dice di aver allenato oltre un centinaio di ragazze e donne.
In una recente lezione, circa 15 giovani donne indossano i guantoni da boxe e si esercitano con jab e pugni incrociati con le compagne di allenamento, mentre Nathifa urla le istruzioni.
Shaare Sharaf Sameer, 21 anni, è una di loro. Frequenta le lezioni di boxe di Nathifa da quando sono iniziate e dice di sentirsi annoiata se passa un giorno senza una lezione.
“È molto utile per la nostra salute e per il nostro benessere mentale”, dice, dopo il suo turno con il sacco da boxe. “Non importa quanto siamo tristi o annoiate, non appena partecipiamo alle lezioni dimentichiamo tutto”.
Nathifa racconta che le prime resistenze della comunità all’idea che le ragazze imparassero a boxare sono scomparse quando i benefici sono diventati evidenti. “Prima dicevano che la boxe non era per le ragazze, ma hanno visto che le partecipanti diventavano più forti e non c’è niente di male”.
Il programma “Boxing Sisters” è solo uno dei tanti progetti gestiti da The Lotus Flower per aiutare le donne e le ragazze irachene colpite dal conflitto a ricostruirsi una vita. Tra questi vi sono corsi di alfabetizzazione per adulti, sostegno alle piccole imprese gestite da donne, arteterapia e formazione delle donne per diventare mediatrici e attiviste per la pace.
Taban ha fondato l’organizzazione nel 2016, due anni dopo aver lasciato il suo lavoro a Londra ed essere tornata nella regione del Kurdistan iracheno per contribuire a rispondere alla crisi umanitaria in corso. Ha notato una lacuna nei servizi a sostegno delle donne sfollate.
“Non c’era uno spazio in cui le donne potessero guarire, imparare e crescere”, spiega. “Gli uomini e i ragazzi potevano lasciare i campi, potevano muoversi liberamente, ma le donne e le ragazze, a causa delle pressioni sociali, non potevano lasciare i campi o le tende senza un motivo. Così, abbiamo creato un motivo per cui potessero andarsene”.
Questo mese, The Lotus Flower è stata una delle sette organizzazioni a vincere il premio annuale dell’UNHCR Innovation Award. I vincitori di quest’anno sono tutte organizzazioni guidate da donne che lavorano con i rifugiati, gli sfollati interni e le comunità che li ospitano.
Tornata al campo di Rwanga, Nathifa dice che il pugilato ha aiutato le ragazze delle sue classi a “scacciare il dolore e la sofferenza”.
“Ora mi sento orgogliosa di loro. Sono diventate ciò che loro e io volevamo che diventassero: forti fisicamente e psicologicamente”.
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