Di Melissa Fleming
Ricevo molte risposte su Twitter ai miei post sui rifugiati – retweets, offerte di aiuto, domande sui motivi per i quali le persone fuggono. Alcune vengono proprio da rifugiati che vogliono raccontare le loro difficoltà o cercare sostegno. Un tweet recente, da parte di un giovane dall’Eritrea, non riesco a levarmelo dalla testa: “Sto per intraprendere il viaggio della morte. Provate a fermarmi”.
Il “viaggio della morte” è il termine usato dai rifugiati e dai migranti per la pericolosa e terribile traversata via mare del Mediterraneo, dalla violenza e dalle persecuzioni delle loro patrie verso la protezione/rifugio e una vita migliore in Europa.
Secondo le statistiche dell’UNHCR, una su 50 persone annegano durante questo viaggio. Ma le migliaia di persone che ci provano ogni mese hanno così poco da perdere che pensano valga la pena rischiare la propria vita.
Consegnano migliaia di dollari – a volte tutti i soldi che hanno – a trafficanti avidi e spietati che li fanno ammassare su imbarcazioni create per pochi pescatori, non centinaia di rifugiati. Più questi criminali li ammassano, più guadagnano – quanto una barca da 1 milione di dollari. I rifugiati li chiamano i “mercanti della morte”.
Nel 2014, oltre 3.000 rifugiati e migranti hanno perso la vita nel Mediterraneo. Le imbarcazioni non erano adatte per la traversata, la loro richiesta di soccorso troppo distante. Molti hanno subito percosse, stupri, torture o sono stati gettati in mare solo perché cercavano di muoversi.
Dei 160.000 che sono arrivati in Italia quest’anno, la maggior parte deve ringraziare gli sforzi eroici della Marina italiana e la Guardia Costiera nell’operazione di ricerca e soccorso chiamata Mare Nostrum.
Ad ottobre sono stata con la mia famiglia a Pozzallo, una cittadina di 19.000 abitanti nella punta meridionale della Sicilia. Eravamo andati per visitare le magnifiche città storiche dell’isola e godere del clima mite e la cucina, ma volevamo anche rendere omaggio alle comunità che accolgono i rifugiati e ringraziare gli equipaggi che conducono le navi di soccorso.
Pozzallo si è guadagnata la reputazione di “capitale mondiale dell’ospitalità”. Siamo stati fortunati da incontrare il suo compassionevole sindaco Luigi Ammatuna, il quale mi ha detto “Voglio essere il sindaco di una città che accoglie rifugiati e migranti – non cadaveri”.
Nonostante le tempeste, 2.500 rifugiati e migranti sono arrivati in Sicilia in una sola settimana a Novembre, compresi centinaia di bambini. Sono stati tutti soccorsi dalla Marina italiana o da navi mercantili e lo stesso sindaco Am
matuna è salito sulle navi di soccorso per accogliere le persone in arrivo, sia di giorno che di notte.
Virginia Giungo, vicesindaco, è diventata il tutore legale di circa 500 minori non accompagnati.
“Ci sono notti che non dormo” mi ha raccontato, “è difficile per me perché, come madre, li porterei tutti a casa con me. Hanno bisogno di una madre, una famiglia, una casa e hanno un forte desiderio di studiare. Mi sento fortunata perché vivo in un posto dove apriamo le porte – io, il sindaco e i residenti”.
Abbiamo visitato un centro per minori non accompagnati nelle vicinanze della città di Comiso. E’ una piccola casa a tre piani, verniciata all’interno con colori brillanti. I nomi dei bambini, quattro per stanza, sono stati scritti con attenzione in segni sulle porte nuove delle loro camerette. Frequentano le scuole locali e hanno imparato l’italiano. Una stanza con una la tv satellitare e i computer li tiene collegati con il loro paese e il mondo.
“Mi sento bene qui” mi ha detto un timido ragazzo somalo di nome Mohamed. Ha raccontato che sua madre ha usato i risparmi di una vita affinché i trafficanti lo portassero dal Mogadishu al Sudan, poi in Libia e attraverso/oltre il Mar Mediterraneo. Era ancora traumatizzato dopo aver visto 10 compagni di viaggio morire per la fame e la sete. Però nutre delle speranze per un futuro migliore: aiutare i suoi fratelli a fuggire dalla Somalia e trovare protezione qui. “Vorrei trovare un lavoro e fare il pittore” ha detto.
Il compito più difficile del sindaco Ammatuna è di ricevere i morti. Ha le lacrime agli occhi quando parla di una nave arrivata con 45 cadaveri. Assicura che sono stati sepolti nei cimiteri e le loro bare coperte con la bandiera della città, per dar loro tutta la dignità che poteva offrirgli.
Ad ottobre, il governo italiano ha annunciato la fine di Mare Nostrum, affermando che i 7 milioni di dollari necessari per sostenere l’operazione fossero una cifra troppo alta. Al suo posto, una più piccola operazione finanziata con fondi europei e chiamata Frontex controllerà le coste a largo dell’Italia. Ma le sue navi navigheranno solo in acque europee, e si concentreranno sul monitoraggio piuttosto che sul soccorso.
Il sindaco Ammatuna è preoccupato che questo comporterebbe una tragedia maggiore per la sua piccola città. “Più persone moriranno”, mi ha detto.
Monsignor Angelo Giurdanella, durante la sua omelia in occasione dei funerali a Pozzallo ha detto: “L’opposto dell’amore non è l’odio, ma l’indifferenza”. Le sue parole hanno ricordato la messa commemorativa del Papa per gli annegati di Lampedusa la scorsa estate, quando lui con cordoglio ha affermato “la cultura del benessere che ci rende insensibili di fronte alle crisi degli altri… è ciò che porta alla globalizzazione dell’indifferenza.”
Un giovane uomo siriano in Libano mi ha recentemente contattato su LinkedIn dicendo che la sua vita è in sospeso da quando si deve prendere cura della famiglia, composta da otto persone, inclusi cinque bambini, poiché i fratelli hanno intrapreso “il viaggio della morte” verso l’Europa.
Arriveranno in Italia vivi? Io lo spero, ma non è sicuro. Senza una massiccia operazione di soccorso, le navi della morte hanno maggiori probabilità di sopravvivere al loro nome infausto.
Il 10-11 dicembre, UNHCR ha tenuto una conferenza internazionale a Ginevra sulla “Protezione in mare”. Noi speriamo di suscitare uno slancio a ridurre il terribile bilancio delle vittime tra le persone disperate che intraprendono le pericolose traversate in mare. Noi renderemo omaggio a tutti coloro che salvano le loro vite.