Arrivato in Libia 17 anni fa, Osman ha fornito riparo e sostegno a più di 200 rifugiati nell’ambito del programma dell’UNHCR per assistere i più vulnerabili.
Nel 2003, Osman è fuggito dalla guerra civile in Darfur dopo aver assistito all’uccisione di suo padre da parte di uomini armati, che hanno poi saccheggiato le proprietà della sua famiglia. A soli 19 anni e temendo per la sua vita, ha attraversato il confine con la Libia da solo, lasciandosi alle spalle tutti quelli che conosceva.
All’inizio ha faticato a trovare lavoro a Tripoli. Non conosceva nessuno, ma alla fine ha trovato un lavoro informale nel settore delle costruzioni. Ora, a 35 anni, Osman ricorda la disperazione che provava come rifugiato appena arrivato in Libia, e ha promesso a sè stesso di aiutare altri rifugiati che tentano di costruirsi una vita qui.
Dal 2016, il 35enne ha aperto la sua casa a famiglie, madri single, minori non accompagnati e a persone con gravi problemi di salute, ospitando più di 200 rifugiati per tre anni nella sua casa con tre camere da letto, scarsamente arredata, nel centro di Tripoli.
“Aiutare le altre persone in difficoltà mi dà uno scopo nella vita”, ha spiegato Osman. “Una volta in questa città ero uno straniero senza nessuno a cui rivolgermi, e conosco il valore di trovare una mano tesa per aiutare”.
I suoi sforzi fanno parte di un programma di assistenza gestito dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, attraverso cui le persone a rischio possono contare su volontari rifugiati stabilitisi da tempo in Libia, fino a quando non sono in grado di sostenersi da sole.
Il programma è diventato particolarmente vitale in una situazione che diventa sempre più difficile per i rifugiati e i richiedenti asilo nel Paese. Il conflitto e l’instabilità, in corso dalla rivolta che nel 2011 ha destituito Muammar Gheddafi, ha lasciato loro e altre persone vulnerabili in balìa di sfruttamento e abusi da parte di gruppi armati e reti criminali.
I volontari come Osman, che nonostante i rischi hanno scelto di rimanere nella nazione devastata dalla guerra invece di fuggire di nuovo, possono fornire un rifugio sicuro, oltre all’amicizia e al sostegno ai compagni rifugiati.
Gli ultimi ospiti di Osman nel quartiere densamente popolato dove vive sono state due giovani donne eritree e i loro figli: Hayat e suo figlio di quattro anni Zuhair, e Rahma e la sua bambina Almaz.
A causa del numero limitato di posti e dell’urgenza di trovare un rifugio per le due donne vulnerabili, Osman è stato scelto come il candidato più adatto. Come per tutti i partecipanti all’iniziativa, i partner dell’UNHCR esaminano i potenziali ospiti e effettuano visite di controllo regolari per garantire che le condizioni di vita siano adeguate e che gli ospiti si sentano a proprio agio e sicuri.
Hayat, 22 anni, è cresciuta in Etiopia dopo aver lasciato l’Eritrea a soli quattro anni. Dopo il matrimonio, lei e suo marito hanno deciso di lasciare il Paese in cerca di un futuro migliore.
Sono arrivati in Libia sperando di raggiungere l’Europa via mare e iniziare una nuova vita. Ma sono stati tenuti prigionieri dai trafficanti che hanno chiesto 10.000 dollari per il loro rilascio – una cifra che non avevano modo di pagare.
Durante la prigionia, Hayat – che era incinta – e suo marito sono stati regolarmente picchiati. Un giorno, mentre cercava di difendere la moglie, il marito di Hayat è stato ucciso davanti a lei.
Dopo questo terribile evento, i trafficanti hanno lasciato andare Hayat. Sola e disorientata, ha camminato per ore cercando di raggiungere la città più vicina, ma è stata arrestata durante un controllo di sicurezza perchè non aveva documenti ed era entrata nel paese in modo irregolare.
È finita in un centro di detenzione gestito dalle autorità libiche per mesi, finché lo staff dell’UNHCR ha visitato il centro, l’ha registrata e ha chiesto il suo rilascio.
“Da quando abbiamo lasciato l’Etiopia, la mia vita si è trasformata in oscurità”, ha detto Hayat. “Perdere mio marito è stata la cosa più difficile che abbia mai affrontato. Ma oggi, mio figlio mi dà la forza e la speranza di andare avanti, anche se c’è poco che io possa offrirgli in questo Paese. Non posso nemmeno portarlo a scuola”.
Oggi, Hayat è una degli oltre 40.000 rifugiati e richiedenti asilo che vivono nelle aree urbane del Paese. È grata di aver incontrato Osman, che considera un fratello maggiore per lei e per suo figlio Zuhair.
Insieme a Rahma e a sua figlia, hanno parlato delle loro esperienze e di ciò che hanno lasciato, ma anche delle loro speranze per il futuro. Hanno trascorsi i migliori momenti insieme attorno al tavolo da pranzo, scambiandosi storie e battute mentre mangiavano insieme.
Grazie alla generosità di Osman e di altri come lui, il programma di assistenza offre attualmente rifugio e sostegno a decine di rifugiati e richiedenti asilo. L’UNHCR spera di ampliare il numero di ospiti per accogliere i casi più vulnerabili.
Osman ha recentemente lasciato il programma di assistenza per lavorare come community mobiliser, fornendo alla comunità informazioni e consigli sull’assistenza disponibile e segnalando eventuali casi specifici che richiedono un sostegno supplementare all’UNHCR e ai suoi partner.
Date le sue esperienze personali, Osman comprende le difficoltà che persone come Hayat affrontano nel tentativo di andare avanti in Libia, ed è felice di aver fatto tutto il possibile per aiutarla a rimettersi in piedi.
“È estremamente difficile per una madre single trovare lavoro in Libia e allo stesso tempo occuparsi di suo figlio”, ha detto Osman. “Hayat è stata molto coraggiosa”.
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