Circa 77.000 persone in fuga dagli attacchi armati in Nigeria hanno cercato rifugio nella regione nigerina di Maradi, circa 7.660 dall’inizio dell’anno.
“Stavo tornando a casa quando mi sono trovato faccia a faccia con i banditi”, racconta Abdoulaye. “Hanno detto: ‘Se ti muovi, sei morto!’. Ho mosso appena un piede e mi hanno sparato alla gamba”.
Abdoulaye è caduto a terra, ma in qualche modo è riuscito a raggiungere una casa per nascondersi. Quando gli aggressori se ne sono andati, due abitanti del villaggio erano morti.
Aisha, la cognata di Abdoulaye, incinta e quasi al termine della gravidanza, era a casa quando ha sentito gli spari.
“Sparavano in tutte le direzioni, la gente fuggiva per salvarsi la vita. Tutti erano nel panico”, dice. “Ho preso i miei figli con me e siamo fuggiti verso il confine con il Niger”.
Aisha e i suoi quattro figli hanno camminato tutta la notte per raggiungere Sanguerawa, nella regione di Maradi in Niger, a circa 20 chilometri di distanza. I 3.800 abitanti del villaggio ospitano 1.000 rifugiati nigeriani, 700 dei quali sono arrivati dall’inizio dell’anno.
Poco dopo aver raggiunto la sicurezza, Aisha ha dato alla luce una bambina. Anche Abdoulaye si è diretto a Sanguerawa dopo essere stato curato in ospedale per la ferita ricevuta. Qui si è ricongiunto alla sua famiglia. Come molte altre persone fuggite a mani vuote per salvare le loro vite, hanno bisogno di acqua, cibo, riparo e accesso alle cure mediche.
L’attacco a Rambadawa fa parte di un numero crescente di incursioni nel nord-ovest della Nigeria. L’aumento della violenza sta spingendo le persone a fuggire nella vicina regione di Maradi in Niger, che ora ospita quasi 100.000 rifugiati e sfollati interni, compresi 77.000 nigeriani, 7.660 dei quali sono fuggiti dall’inizio dell’anno.
L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, è preoccupata che l’insicurezza senza precedenti si stia riversando anche oltre il confine. I team dell’UNHCR in Niger hanno registrato un picco di violenza brutale all’interno della stessa Maradi, con un numero maggiore di vittime e gravi incidenti riportato a gennaio e febbraio 2021 che nella seconda metà del 2020. Temendo per la propria vita, 22.153 persone sono diventate sfollate interne.
“L’aumento dell’attività transfrontaliera dei gruppi criminali dall’inizio dell’anno è motivo di reale preoccupazione”, dice Alessandra Morelli, Rappresentante dell’UNHCR in Niger. “Stiamo adattando la nostra risposta alle ondate di migrazioni forzate causate dalla crescente insicurezza e stiamo fornendo protezione e accesso ai servizi di base come la salute, l’istruzione e l’accesso all’acqua.”
Per cercare di mantenere le persone costrette a fuggire al sicuro, da ottobre 2019 circa 11.320 rifugiati sono stati trasferiti più lontano dal confine in tre villaggi – Dan Dadji Makaou, Garin Kaka e Chadakori. L’UNHCR, le autorità del Niger e i partner hanno rafforzato le infrastrutture idriche, sanitarie, igieniche e educative per le persone costrette a fuggire e i loro ospiti, contribuendo ad allentare la pressione sulle comunità locali che hanno dimostrato un’incredibile generosità pur avendo mezzi limitati.
L’attuale esodo è preoccupante. Morelli ha notato che Maradi si trova tra due regioni caratterizzate da grandi crisi di migrazione forzata, il Sahel e il bacino del lago Ciad.
I gruppi armati nelle regioni del Sahel e del Lago Ciad hanno alimentato una delle crisi di migrazione forzata e di protezione in più rapida crescita al mondo. Ad oggi, più di 3,2 milioni di persone sono state costrette a fuggire a causa della violenza nel bacino del Lago Ciad.
La capacità di risposta all’emergenza umanitaria è messa a dura prova: l’operazione dell’UNHCR nel bacino del Lago Ciad necessita di 128,6 milioni di dollari ed è finanziata solo per il 10%. L’Agenzia sollecita la comunità internazionale ad aumentare il sostegno alla regione e ad aiutare i governi a sradicare le cause di questa migrazione forzata e a promuovere uno sviluppo strategico e sostenibile.
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