Di Lilly Carlisle ad Amman, Giordania | 29 Lug 2022
Camion consegnano rifugi prefabbricati utilizzando una strada asfaltata di recente costruzione nel campo rifugiati di Za'atari, in Giordania, nel novembre 2012. © UNHCR/Brian Sokol
Dieci anni fa, un gruppo di 450 siriani in fuga dagli scontri nel loro Paese uscì dal deserto con il buio e attraversò il confine con la vicina Giordania. Più tardi, quel giorno, divennero i primi abitanti del campo rifugiati di Za’atari, appena aperto.
Nel giro di un anno, la popolazione del campo è salita a 120.000 persone. Le tende che fornivano un tetto temporaneo nelle settimane e nei mesi iniziali furono sostituite da migliaia di rifugi metallici. Furono costruite strade, scuole e ospedali per soddisfare le esigenze dei residenti e sorsero negozi e piccole imprese gestite da rifugiati intraprendenti.
A dieci anni dall’apertura del campo, la popolazione si è stabilizzata intorno alle 80.000 persone. Rimane il più grande campo rifugiati del Medio Oriente e uno dei più grandi al mondo, nonché un simbolo della lunga crisi dei rifugiati siriani.
Ecco dieci cose da sapere su Za’atari:
- Le tende sono state sostituite da 25.000 rifugi prefabbricati
I primi rifugiati arrivati nel campo di Za’atari hanno ricevuto delle tende dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, per ripararsi dal rigido clima estivo. Nel 2013, le tende sono state sostituite da roulotte statiche. La loro durata è di sei-otto anni, il che significa che la maggior parte di esse ha ora bisogno di riparazioni urgenti. Secondo una recente valutazione, oltre il 70% dei rifugi ha pareti, pavimenti e soffitti considerati al di sotto degli standard.
- A Za’atari sono state registrate oltre 20.000 nascite
Ciò equivale a circa 40 bambini nati ogni settimana. Metà della popolazione del campo è costituita da bambini e molti di loro non sono mai usciti dal perimetro del campo. Dall’assistenza sanitaria ai centri comunitari, tutti i servizi di cui i bambini hanno bisogno sono forniti all’interno del campo, comprese le scuole, gestite dal Ministero dell’Istruzione giordano.
- Un mercato vivace con 1.800 negozi
Lo “Sham Elysees” – un gioco di parole tra ash-Sham, parola con cui i siriani chiamano Damasco, e il famoso viale parigino Champs-Élysées – si estende per quasi 3 chilometri attraverso il centro del campo, ospitando di tutto, dai negozi di verdura alle officine di riparazione di biciclette, tutte gestite da rifugiati. L’imprenditorialità dei rifugiati di Za’atari è stata ripresa dai telegiornali di tutto il mondo. I rapporti commerciali con le imprese giordane locali e con i fornitori della vicina città di Mafraq fanno sì che ci sia un flusso costante di camion per le consegne da e verso il campo.
- Otto strutture mediche forniscono assistenza sanitaria gratuita
Gestite da una serie di organizzazioni internazionali e locali, le cliniche sono disseminate nel campo per curare tutti, dai pazienti in emergenza trasportati dal servizio ambulanze del campo ai rifugiati che arrivano in clinica da soli. Ogni mese vengono fornite circa 25.000 consultazioni mediche, mentre i casi più gravi vengono inviati agli ospedali giordani delle città vicine.
- Più di 30 organizzazioni operano nel campo
Far funzionare il campo di Za’atari non è un’impresa da poco. Quasi 1.200 persone sono impiegate da 32 diverse agenzie ONU e ONG che operano nel campo. Dalla protezione alla salute, dall’assistenza in denaro alla manutenzione dei rifugi, il coordinamento è fondamentale per far funzionare tutto senza intoppi. L’UNHCR gestisce tutte queste attività in collaborazione con il governo giordano.
- L’acqua è una risorsa preziosa
Poiché la Giordania è riconosciuta come il secondo Paese al mondo per scarsità d’acqua, l’acqua è una risorsa preziosa nel campo, che si trova nell’arido nord-est del Paese. Sebbene tutti i rifugi del campo siano collegati alla rete idrica, in un recente sondaggio il 30% delle famiglie di Za’atari ha dichiarato che la fornitura d’acqua non è sufficiente a coprire tutti i loro bisogni.
- Il campo di Zaatari è alimentato dall’energia solare
La centrale solare di Zaatari è stata inaugurata nel 2017 per fornire energia verde ed elettricità alle famiglie di rifugiati. Originariamente progettata per fornire elettricità per quasi 12 ore al giorno, la centrale ha trasformato la vita nel campo, rendendo possibile l’apertura del mercato di notte e camminare per strada in sicurezza dopo il tramonto. Negli ultimi mesi, tuttavia, l’UNHCR ha dovuto ridurre l’erogazione di elettricità a 9 ore al giorno per gestire i costi a causa dell’aumento della domanda di elettricità.
- Solo il 4% dei rifugiati ha un permesso di lavoro
I permessi di lavoro possono essere concessi ai rifugiati siriani in Giordania per lavorare in qualsiasi settore aperto ai non giordani, compresi agricoltura, edilizia, servizi e industrie di base. Attualmente, però, solo il 4% dei rifugiati in età lavorativa a Za’atari possiede un permesso di lavoro. Mentre l’impatto della pandemia continua a farsi sentire sull’economia giordana, la mancanza di opportunità di lavoro sia per i rifugiati che per i giordani spinge sempre più residenti del campo ad accettare lavori ad alto rischio o a indebitarsi. Due terzi delle famiglie rifugiate a Za’atari dichiarano di essere indebitate.
- Il contante viene sostituito dal denaro mobile
L’UNHCR distribuisce ogni trimestre a tutti i rifugiati che vivono nel campo un’assistenza in denaro per aiutarli a soddisfare le loro necessità di base. Negli ultimi mesi, tuttavia, le distribuzioni di contanti sono state in gran parte sostituite dal denaro mobile. Il 95% delle famiglie di rifugiati nel campo ha ora un portafoglio mobile. Questa innovazione permette ai rifugiati di effettuare pagamenti digitali e di risparmiare per il futuro.
- La maggior parte dei rifugiati vuole tornare a casa un giorno
I dati del sondaggio mostrano che la maggior parte dei residenti del campo vuole ancora tornare in Siria in futuro. Sebbene la maggior parte ritenga che al momento non sia ancora sicuro, la nostalgia per il proprio Paese rimane forte, anche tra i più giovani che non hanno mai visto la propria casa. Le tradizioni tramandate di generazione in generazione contribuiscono a mantenere viva la cultura e l’eredità siriana, grazie anche ai forti legami comunitari che si sono sviluppati nel campo di Zaatari negli ultimi dieci anni.
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