Kokob, costretta a fuggire dall’Eritrea a soli 13 anni, ha trovato conforto nella musica e sicurezza in Europa.
POZZALLO, Italia – La musica ha aiutato Kokob a superare i momenti di sconforto durante il suo lungo e pericoloso viaggio verso la sicurezza.
“In alcuni hangar in Libia ci permettevano di cantare, a bassa voce”, ricorda la sedicenne. “In altri, invece, era tutto proibito. Grazie alla musica, non ho mai perso la speranza durante il mio terribile viaggio”.
Kokob aveva solo 13 anni quando ha lasciato l’Eritrea e la sua famiglia. Ha trascorso due anni in un campo di rifugiati in Etiopia, e lì ha preso la decisione di raggiungere l’Europa.
Prima di partire, ha acquistato un oggetto: una scheda di memoria piena di musica.
“Volevo trascrivere le canzoni su un quaderno, per poterle cantare lungo la strada”, racconta. “Non ho mai avuto un cellulare mentre ero in viaggio, per cui ne potevo ricopiare solo un po’ alla volta. Ogni volta che incontravo qualcuno con un cellulare, chiedevo di inserire la scheda e così potevo trascrivere una canzone o qualche frase”.
Nei suoi momenti più bui, quelle canzoni le hanno dato la forza di proseguire.
“In mezzo al deserto tra il Sudan e la Libia il trafficante mi ha detto che avrei dovuto pagare altri 2.200 dollari USA. Dopodiché, ha preso i soldi e mi ha venduto ad altri trafficanti. Successivamente mi hanno chiesto altri 2.500 dollari e mi hanno spostato da un hangar a un altro, sette in totale. Infine, ho pagato gli ultimi 1.500 dollari per la traversata in mare. Ho trascorso più di un anno in Libia”.
Kokob spiega che sua nonna e altri membri della famiglia hanno venduto delle proprietà per trovare il denaro necessario a pagare il riscatto dei trafficanti.
“Avevano troppa paura di quello che succede alle persone in Libia”, dice. “Non mi avrebbero lasciato morire nelle mani dei trafficanti”.
Fortunatamente, aveva la musica con sé. Ha continuato a trascrivere le canzoni dalla scheda di memoria e i suoi compagni di viaggio ne hanno aggiunte altre che conoscevano.
“Ho imparato alcune canzoni dagli altri. Ogni volta che sentivamo il bisogno di conforto, ci mettevamo a cantare tutti insieme. A volte le persone mi chiedevano di prestargli il mio quadernetto, per cantare e pregare da sole”.
La traversata del Mediterraneo è stata la prima volta in cui Kokob ha visto il mare. Prima di arrivare alla fatiscente imbarcazione di legno, ha avvolto il suo prezioso quadernetto nella plastica e l’ha nascosto dietro la schiena, per evitare che i trafficanti glielo portassero via. Poi è salita a bordo con altre 450 persone.
“Le onde erano talmente spaventose che non solo non riuscivo a cantare, ma nemmeno a guardare l’acqua. Ho tenuto gli occhi chiusi per la paura. Solo quando abbiamo visto la nave di soccorso li ho finalmente riaperti. La gente ha iniziato a cantare per festeggiare”.
Una settimana dopo l’arrivo della nave di soccorso a Pozzallo, un team dell’UNHCR ha incontrato Kokob in un centro di accoglienza per ragazze non accompagnate. Lei ha sorriso e ha espresso il desiderio di voler studiare. Finalmente, non vedeva l’ora di andare incontro al futuro.
Poi ha intonato la canzone che l’aveva accompagnata durante il salvataggio in mare.
“Si intitola ‘The Boat’ e dice: ‘Tu sei la mia barca, mi hai protetto dalle onde, portandomi in salvo. Ora non ho più paura delle onde”.
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