Mentre il paese affronta l’impatto dell’esplosione a Beirut, del COVID-19 e della crisi economica, l’Alto Commissario dell’UNHCR chiede alla comunità internazionale di sostenere il Libano e la sua numerosa popolazione di rifugiati.
L'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi parla con un gruppo di rifugiate siriane in un insediamento nella valle della Bekaa, in Libano.
L’Alto Commissario ONU per i Rifugiati Filippo Grandi ha concluso la sua visita in Libano invitando la comunità internazionale a sostenere il Paese, che si trova ad affrontare “una tempesta quasi perfetta” tra crisi finanziaria, focolaio di COVID-19 e le conseguenze della devastante esplosione portuale nella capitale Beirut.
Durante la sua prima missione sul campo dall’inizio della pandemia, Grandi ha incontrato le famiglie di Beirut colpite dall’esplosione, ha visitato una struttura di isolamento per il COVID-19 e la sezione ampliata dell’ospedale nel nord del Paese, istituita dall’UNCHR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, per aiutare a rispondere alla pandemia.
Ha anche incontrato alcune famiglie gravemente colpite dalla crisi economica, che ha generato un aumento della povertà e delle difficoltà per molti libanesi e per la numerosa popolazione di rifugiati nel Paese.
“Questo Paese da più di 70 anni ospita milioni di rifugiati, palestinesi, iracheni e, ovviamente, un gran numero di persone dalla Siria. Ma ora anche il Libano si trova nel momento del bisogno”, ha detto Grandi. “È una situazione di tempesta quasi perfetta… tutte queste crisi si stanno abbattendo sul Libano nello stesso momento”.
“In questo momento, è importante che il mondo stia accanto al Libano e fornisca il sostegno umanitario di cui la sua gente, insieme ai rifugiati, ha bisogno per rimettersi in piedi”, ha aggiunto. “Dobbiamo agire rapidamente, mobilitare risorse [e] aiutare le comunità… in modo che questo possa almeno ridurre la sofferenza acuta di così tante persone che ho visitato nei giorni scorsi”.
Tra le persone che ha incontrato c’era Khalil Ibrahim, un rifugiato di 38 anni proveniente dalle campagne di Aleppo in Siria, fuggito in Libano nel 2013 e stabilitosi nella valle della Bekaa. E’ rimasto ferito e incapace di guadagnarsi da vivere in seguito a una caduta sul lavoro, dove produceva mattonelle.
Con spese e debiti crescenti nel mezzo dell’aggravarsi della crisi finanziaria, che negli ultimi mesi ha aumentato la quota di rifugiati che in Libano vivono al di sotto della soglia di povertà dal 55 al 75 per cento, la sua famiglia è costretta a fare affidamento sui guadagni della figlia maggiore Nahed, 12 anni, che ha lasciato la scuola per raccogliere verdure con la madre in una fattoria locale per circa 2 dollari al giorno a testa.
“Mia figlia ha dovuto lasciare la scuola perché viviamo in circostanze che non riesco nemmeno a descrivere”, ha detto Khalil. “È stata una decisione molto difficile. Sono io il padre della casa; sono io quello che dovrebbe generare un reddito.”
Khalil ha detto che la crisi economica ha portato ad un aumento dei prezzi, mentre le restrizioni dovute al COVID-19 hanno impedito a sua moglie e a sua figlia di lavorare, costringendolo ad assumersi più debiti, che non ha modo di ripagare.
“A causa della pandemia di coronavirus non c’è lavoro”, ha spiegato. “Affitto, elettricità, acqua, sono tutte cose che dobbiamo pagare alla fine di ogni mese. Con questi prezzi elevati, sono costretto a chiedere prestiti.”
L’UNHCR ha ampliato il più possibile l’assistenza economica in contanti alle famiglie di rifugiati più vulnerabili per aiutarle a far fronte all’inflazione e all’impatto finanziario delle restrizioni causate dal COVID-19, per cui per molti è stato impossibile guadagnare qualcosa durante quel periodo.
“Con le limitazioni alla circolazione… il limitato reddito di tanti rifugiati – ma anche, francamente, di tanti libanesi – è scomparso”, ha detto Grandi.
“Per questo motivo è importante mettere in atto reti di sicurezza sociale. Le grandi istituzioni ci stanno lavorando ad un livello macro-economico, e noi, il World Food Programme e l’UNICEF stiamo lavorando anche con libanesi e rifugiati per cercare, almeno sul piano umanitario, di superare questa fase molto acuta il difficolta’.”
Tuttavia, i bisogni sono numerosi e gli aiuti umanitari possono coprire solo una frazione del fabbisogno complessivo.
Khalil spera semplicemente che la famiglia possa trovare una via d’uscita dall’attuale situazione e che Nahed ei suoi fratelli possano godersi un’infanzia normale.
“Spero che mia figlia veda giorni felici e spero che continui a studiare”, ha detto Khalil. “Voglio che i miei figli abbiano una bella vita, non la migliore, voglio solo poterli vestire con bei vestiti. Non voglio essere ricco. Voglio solo avere una vita dignitosa”.
Puoi contribuire agli sforzi di soccorso dell’UNHCR a Beirut qui.
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