I rimpatri stanno accelerando mentre l’UNHCR raccomanda la fine dello status di rifugiato per la grande maggioranza degli ivoriani.
Ora il padre di quattro figli è sul retro del camion che lo riporterà a casa.
“Non ho parole per descrivere quello che provo”, dice. “Anche i bambini sono molto felici perché troveranno i loro nonni dall’altra parte”.
Brice e la sua famiglia sono tra i 5.000 rifugiati ivoriani che hanno ricevuto assistenza dall’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, per tornare volontariamente a casa da varie località della Liberia dalla fine di agosto.
Ogni settimana, tre convogli che trasportano tra 150 e 200 rifugiati ivoriani lasciano Toe Town, in Liberia, dove Brice ha trovato rifugio, per Toulepleu, la città ivoriana più vicina.
La campagna di ritorno assistito è parte di un processo che porrà fine allo status di rifugiato per la stragrande maggioranza degli ivoriani che sono fuggiti dai disordini politici nel loro paese negli ultimi 20 anni.
La Costa d’Avorio ha attraversato due guerre civili tra il 2002 e il 2007 e tra il 2011 e il 2012, che hanno costretto circa 340.000 ivoriani a fuggire dal loro paese. Anche se altri 34.000 sono fuggiti dalla metà del 2020 all’inizio del 2021 temendo la violenza legata alle elezioni presidenziali e parlamentari, la situazione politica in Costa d’Avorio si è in gran parte stabilizzata nell’ultimo decennio, inducendo circa 290.000 rifugiati ivoriani che vivono in Africa occidentale, soprattutto nella vicina Liberia e nel Ghana, a tornare volontariamente a casa.
Augustine Blo, 33 anni, era una di loro. Nata con una disabilità, è fuggita dalla Costa d’Avorio nel 2011. Suo marito è morto in Liberia, e lei è tornata in Costa d’Avorio con i suoi quattro figli nel 2016. La sua situazione era molto precaria, ma nel 2018 ha ricevuto aiuto – tra cui una casa e abbastanza soldi per avviare una piccola attività – attraverso un programma di reintegrazione gestito dall’UNHCR.
“Tutto quello che vendo mi aiuta a crescere i miei figli”, dice. “Mangiamo bene e dormiamo bene. I bambini vanno a scuola e se uno di loro è malato, posso portarlo all’ospedale”.
L’UNHCR fornisce ad ogni rimpatriato, compresi i bambini, che sono fuggiti a causa delle guerre civili tra il 2002 e il 2012 305.000 CFA (540 dollari). Quelli che sono partiti tra il 2020 e il 2021 ricevono 75.000 CFA (130 dollari).
L’UNHCR ha anche finanziato l’apertura di cooperative per l’allevamento di polli, maiali e pesce, di cui beneficiano sia i rimpatriati che i membri delle loro comunità ospitanti.
La reintegrazione non è tuttavia priva di problemi. In loro assenza, la terra di molti rifugiati è stata occupata da altre famiglie.
Paul Bah, 71 anni, è fuggito per la Liberia nel 2010 ma è tornato nel 2012 per cercare di recuperare la sua piantagione di cacao di 1.000 ettari. Le persone che la occupavano hanno attaccato i suoi parenti con i machete, ferendo gravemente diversi di loro, e hanno rapito i suoi dipendenti.
“Ho intrapreso un’azione legale”, dice. “Abbiamo avuto un’udienza dopo l’altra per anni. Il nostro caso è rimasto sette anni in tribunale finché non è stata presa una decisione a nostro favore. Ma i difensori sono andati alla Corte d’appello. È durato altri due anni prima che la corte si pronunciasse di nuovo a nostro favore”.
Le due famiglie hanno finalmente raggiunto un accordo. I legittimi proprietari, la famiglia di Paul, ora affittano metà della loro terra a chi l’ha occupata.
Sulla base di un’analisi della situazione in Costa d’Avorio e delle consultazioni con il governo e con i governi dei paesi ospitanti, l’UNHCR ha stabilito che le circostanze che hanno portato gli ivoriani a fuggire dal loro paese hanno cessato di esistere e sta consigliando la fine dello status di rifugiato per la maggior parte degli ivoriani.
La Convenzione sui Rifugiati del 1951 stabilisce le condizioni per le quali lo status di rifugiato deve cessare secondo le cosiddette clausole di cessazione.
Durante il Comitato Esecutivo annuale dell’UNHCR tenutosi il 4 ottobre, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi ha raccomandato che la fine dello status di rifugiato per gli ivoriani abbia effetto dal 30 giugno 2022.
Ha espresso gratitudine verso i governi della Costa d’Avorio, così come quelli di Ghana, Guinea, Liberia, Mali, Mauritania e Togo, per aver dimostrato la volontà politica di attuare soluzioni per i rifugiati ivoriani.
“Questo sforzo regionale merita il plauso dell’intera comunità internazionale”, ha detto, aggiungendo che l’UNHCR è pronto a rafforzare il suo sostegno agli Stati della regione mentre attuano la clausola di cessazione, in particolare aiutando a garantire che gli ivoriani abbiano la documentazione necessaria per tornare a casa o per rimanere nel paese ospitante.
Attualmente ci sono 91.000 rifugiati e richiedenti asilo ivoriani. Circa 51.000 vivono in Africa occidentale – la maggior parte in Liberia – e 22.000 sono in Europa.
Un sondaggio condotto nella regione mostra che il 60 per cento dei rifugiati ha intenzione di rimpatriare, il 30 per cento è ancora indeciso e il 10 per cento vuole rimanere nel paese ospitante e richiedere la residenza permanente o la naturalizzazione.
Coloro che si considerano ancora a rischio in caso di rimpatrio possono chiedere una deroga alla procedura di cessazione.
Brice e la sua famiglia sono accolti da grida di gioia quando arrivano a Klobli, il loro villaggio natale. Anche la notizia che un terzo della loro piantagione di cacao è ora occupata da un’altra famiglia non offusca la loro felicità.
“Possiamo rivolgerci alle autorità: il capo villaggio e il sottoprefetto. Possiamo presentare una denuncia”, dice Brice.
“Anche se la nostra casa non è in buone condizioni, grazie al sostegno finanziario che ho ricevuto, sarò in grado di ripararla”.
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