Ha cominciato bene. Oltre a queste tre lingue, studia anche il tedesco. Dopodiché si esibisce in saluti in hindi e in una serie di espressioni in francese.
Secondo molti rifugiati appena arrivati, imparare la lingua ceca è la chiave per integrarsi davvero.
“Se parli bene il ceco, i cittadini cechi ti aiutano”, dice Michel. Ma se vieni da un Paese arabo e passi tutto il tuo tempo insieme ad altri arabi, questi non possono aiutarti perché non sanno come vanno le cose in Repubblica Ceca. È meglio studiare il ceco.”
L’insegnamento della lingua è un punto cardine della politica del governo Ceco per integrare i rifugiati, che punta a personalizzare i piani a seconda delle necessità di ogni rifugiato.
“Imparare il ceco è di vitale importanza”, dice Olivera Vukotic, funzionario per l’integrazione regionale presso l’ufficio Centroeuropeo dell’UNHCR nella capitale ungherese, Budapest. “Se non parli la lingua, non puoi parlare di integrazione. È impossibile.”
Vukotic dice che il governo è molto generoso in quanto a ore di lezione di lingua per i rifugiati. Alcuni Paesi Centroeuropei non offrono questo servizio.
Michel e la sua famiglia di fede cristiana sono fuggiti dalla guerra in Siria dopo che lo scuolabus su cui viaggiava ha rischiato di esplodere. A causa delle esperienze vissute, la famiglia ha ottenuto una forma di protezione internazionale all’interno del paese, ma potrebbero dover tornare a casa quando la guerra finirà.
Sua madre non ha imparato il ceco con la stessa facilità. All’inizio era felice di poter fare da interprete per lei e per gli altri al centro dove alloggiavano appena arrivati in Repubblica Ceca. “Ma ora è diventato un peso, perché ho le mie cose da fare”, dice Michel. Ha meno tempo a disposizione per accompagnarla negli uffici governativi e altri posti simili.
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È una sensazione simile a quella che prova una sua compagna di classe, Natalia Rami Haddad, anche lei quattordicenne. I due si sono incontrati nella città universitaria di Hradec Karlove a 115 chilometri a est di Praga. Natalia dice che spesso le è stato chiesto di fare da interprete per i suoi parenti.
“Per noi giovani è più facile imparare una nuova lingua” dice la ragazza in un ceco fluente. “Quando cominci sei come un neonato che apre gli occhi per la prima volta. Ora è praticamente la mia lingua madre”. Solitamente i bambini rifugiati partono a rilento nel loro percorso educativo ma possono recuperare con delle classi di recupero estive.
Natalia a Michel sono tra gli undici studenti rifugiati che sono stati premiati dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati, per i loro eccellenti risultati accademici, nel corso di una cerimonia che si è tenuta presso la sede del Ministero dell’Istruzione di Praga.
“Il supporto fornito dalle scuole e dalle comunità agli studenti rifugiati e alle loro famiglie è davvero notevole”, ha detto Petra Levrincova, capo degli uffici UNHCR nella Repubblica Ceca.
Petr Rehak, insegnante di Natalia e Michel, dice che i rifugiati hanno portato una ventata di piacevole diversità e “un altro punto di vista” all’interno della scuola, cosa che è particolarmente apprezzata durante le discussioni su cosa accade nel mondo.
In prospettiva futura, Michel ha ricevuto la notizia che un volontario vuole lavorare con lui a un progetto sotto l’egida dell’UNHCR volto a mettere in contatto cittadini cechi con rifugiati.Il volontario farà da tutor a Michel per gli esami che determineranno se potrà entrare in una prestigiosa scuola secondaria.
Natalia, che vuole diventare una dottoressa, ha stretto una forte amicizia con la compagna di classe ceca Natalie Sembdnerova. La dodicenne ceca dice che è contentissima di avere un’amica siriana.
Natalie crede che i bambini che instaurano legami che vanno al di là delle nazionalità sono la migliore speranza per il pianeta.
“Quando guardi quello che succede nel mondo e vedi tutte quelle guerre, è evidente che gli adulti non sanno convivere”, dice.
Natalia, per la prima volta con un tono cupo aggiunge: “Chi sta lì in alto e comanda vuole fare la guerra, ma non capisce quanto sia difficile la vita per coloro che stanno in basso.”
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