Un programma congiunto di UNHCR e Unione Europea offre ai rifugiati siriani e ad altri bambini di strada uno spazio sicuro per apprendere e giocare, nel quadro di un più ampio sforzo per far sì che non siano costretti a lavorare ma possano andare a scuola.
È pomeriggio, e in un desolato quartiere occidentale di Beirut, capitale del Libano, un autobus dai colori vivaci accosta al lato di una strada. Un gruppo di bambini che vendono gomme da masticare e fazzoletti di carta ai conducenti in un incrocio molto trafficato ripongono rapidamente le loro merci e si riuniscono sul ciglio della strada, aspettando con impazienza di salire a bordo.
“Ci chiamano qui, ci dicono di venire a giocare”, dice Abed, un rifugiato siriano di 12 anni. “Ci piace venire qui.” Per qualche ora, Abed e i suoi amici possono tornare a essere bambini normali, giocando e imparando lontano dai pericoli della strada.
L’iniziativa “Fun Bus” è finanziata congiuntamente dall’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, e dall’Unione Europea, ed è realizzata dalla Fondazione Makhzoumi, una ONG libanese. Il progetto fornisce supporto e possibilità di svago ai bambini di strada in Libano, riducendo in tal modo la quantità di tempo che impiegano a lavorare, appunto, per strada.
“Girovaghiamo per Beirut, in tutti i suoi quartieri. Svolgiamo attività di sostegno psicosociale, alfabetizzazione di base e lezioni di matematica e artigianato”, spiega Nadine Moussa della Fondazione Makhzoumi.
Il progetto, lanciato nel 2018, ha già raggiunto centinaia di bambini che lavorano a Beirut, la maggior parte dei quali fa parte dei circa 950.000 rifugiati siriani registrati che attualmente vivono nel paese. I giovani sono costretti a lavorare per sostenere le loro famiglie, venendo dunque privati della possibilità di un’infanzia normale e di un’educazione.
“Non mi piace stare per strada”, dice Alaa, un ragazzo di 14 anni originario di Aleppo, in Siria. “Sono stato aggredito, non mi sento al sicuro. Qui invece gioco, disegno e imparo.” Sul “Fun Bus” Alaa sta imparando l’alfabeto, un piacevole diversivo dalla vendita di bottiglie d’acqua per circa 10 dollari al giorno. “I bambini hanno a disposizione uno spazio sicuro per esprimersi”, spiega Nadine Moussa. “Qui vengono rispettati e apprezzati. Possono vivere pienamente la loro infanzia, anche se solo per poche ore.” I bambini, che sono regolarmente esposti alla violenza nelle strade, a volte possono diventare aggressivi. I volontari del “Fun Bus” spesso passano il tempo a mediare tra bambini che litigano, ma che alla fine si accontentano di una lezione o di un gioco.
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L’iniziativa offre ai bambini anche sessioni di sensibilizzazione sui pericoli che affrontano per le strade, rendendoli meglio equipaggiati per proteggersi. Abed, per esempio, è rimasto ferito dopo che un’auto gli ha schiacciato i piedi. Di conseguenza, è attualmente lontano dalla strada e ogni settimana attende con impazienza il momento in cui potrà salire di nuovo sul “Fun Bus”.
L’iniziativa “Fun Bus” fa parte di un programma più ampio dell’UNHCR e dei suoi partner che mira a “porre fine una volta per tutte al lavoro dei bambini per strada”, spiega Sirine Comati di UNHCR.
L’ambizioso programma cerca di coinvolgere le famiglie di questi bambini e di incoraggiarle a far sì che non vengano lasciati per strada. I genitori ricevono una formazione professionale che possa aiutarli a trovare lavoro, in modo che non debbano più dipendere dai soldi che i loro figli guadagnano.
Dove possibile, i bambini stessi sono iscritti nelle scuole. Molti non hanno mai frequentato le lezioni o hanno perso anni di istruzione.
Stiamo portando avanti un’opera di sensibilizzazione sui pericoli a cui sono esposti i bambini, perché i genitori si rendano conto che i loro figli possono vivere una vita migliore lontano dalla strada”, aggiunge Sirine Comati.
Attraverso questo approccio, negli ultimi due anni il programma ha portato con successo 150 bambini lontano dalle strade, ma rimangono molte sfide da affrontare. Più dei due terzi dei rifugiati siriani in Libano vive al di sotto della soglia di povertà, con un accesso limitato al lavoro, e spesso le famiglie sono costrette a mandare i propri figli a lavorare per sbarcare il lunario.
Alaa aveva appena terminato la quarta elementare quando suo padre è morto, l’anno scorso. Ha così lasciato la scuola e si è unito agli altri bambini che lavorano per strada. “Dovevo lavorare per sostenere mia madre e i miei fratelli. Vorrei poter tornare a scuola, ma ora non ho scelta”, dice.
Dopo aver terminato la lezione del giorno sull’alfabeto, Alaa riprende le sue bottiglie d’acqua e si dirige verso l’incrocio, dicendo: “Non vedo l’ora di tornare sull’autobus la prossima settimana”.
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