Violenti scontri tra separatisti ed esercito hanno costretto 26.000 camerunensi a fuggire in Nigeria, dove c’è ancora bisogno di finanziamenti per fornire loro assistenza.
Quando gli uomini armati entrarono nel suo villaggio nel Camerun nord-occidentale, Loveline ebbe solo il tempo di prendere i suoi quattro figli e scappare.
“Non sono riuscita a prendere i vestiti a causa degli scontri – hanno ucciso mio zio e hanno sparato a mio cugino”, dice la 39enne.
Mentre fuggiva nella boscaglia, degli uomini armati hanno ucciso suo marito. Da lontano li ha visti cospargere la loro casa di benzina e darle fuoco.
In un altro villaggio, Myriam, 22 anni, ha visto uomini armati di fucili arrivare nel suo villaggio e aprire il fuoco.
“Potevi vedere i proiettili sfrecciarti davanti”, dice Myriam, che era fuggita nella boscaglia con la sua famiglia. Quando hanno provato a tornare a casa per cercare di recuperare i loro averi, si sono trovati di nuovo nel conflitto a fuoco.
“Stare nella boscaglia con i bambini non è facile”, dice Myriam. “Ci sono le zanzare, c’è la fame”.
Loveline e Myriam sono tra i 26.000 civili fuggiti dalle regioni sud-occidentali e nord-occidentali del Camerun che hanno cercato sicurezza negli stati di Akwa Ibom, Cross River, Benue e Taraba nella Nigeria sud-orientale. Qui le donne e i bambini rappresentano i quattro quinti della popolazione di rifugiati.
I residenti anglofoni di queste province del Camerun sono da sempre in conflitto con il governo centrale, che è perlopiù francofono. Questo perchè ritengono che nei sistemi legali ed educativi prevalga il francese, e che di conseguenza loro vengano discriminati.
Questa crisi è esplosa lo scorso anno dopo che le proteste sono diventate violente, con alcune parti che chiedono la secessione. Fino ad ora circa 400 civili sono stati uccisi durante l’anno nei crescenti attacchi tra gruppi separatisti e forze governative.
A marzo, l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha avvertito che la situazione dei rifugiati in Nigeria stava diventando sempre più disperata. I terreni offerti dal governo per la costruzione di insediamenti sono completamente occupati, e altri campi devono essere sviluppati. Allo stesso tempo, la fornitura di alloggi, cibo, acqua e servizi igienico-sanitari da parte dell’UNHCR e dei suoi partner è stata limitata da un grave sottofinanziamento.
“Il governo ci ha recentemente fornito altri insediamenti, ma abbiamo bisogno di più risorse per stabilirli e ricevere altri rifugiati”, afferma il capo dell’ufficio dell’UNHCR a Ikom, Mohammad Rafiq Nasry.
In attesa di una risposta, molti rifugiati hanno trovato il sostegno delle comunità ospitanti. Gli abitanti dei piccoli villaggi di confine condividono ciò che hanno con loro: cibo, una stanza per dormire o lavoro nelle piantagioni di cacao. Alcuni hanno ricevuto un pezzo di terra da coltivare. Tuttavia, la solidarietà da sola non è sufficiente affinchè le persone che hanno perso tutto possano ricominciare le loro vite.
“Per vivere meglio, dovrò trasferirmi”, dice il rifugiato Elias Enu, infermiere diventato agricoltore, che lotta per sfamare la sua famiglia di 10 persone.
All’inizio Myriam e Loveline, che hanno raggiunto Ajassor, in Nigeria, a mani vuote e impaurite dopo settimane trascorse nella boscaglia, hanno avuto un posto dove alloggiare insieme ai loro figli da un residente locale. Insieme, si sono alternate per lavorare e prendersi cura dei bambini, hanno condiviso il cibo e sopportato pazientemente le notti insonni a causa della mancanza di spazio.
Poi, il mese scorso, le donne sono salite su un autobus per raggiungere l’insediamento di Adagom in Nigeria, nello stato di Cross River. Sorridevano e non riuscivano a nascondere la loro felicità.
“Voglio che i miei figli vadano a scuola”, diceva Loveline, dal sedile anteriore. ” Vorrei ricevere supporto per avviare un’impresa e fare andare a scuola i miei figli”.
Anche Myriam non vede l’ora di trovarsi in un futuro più felice. Anche se un giorno spera di tornare a casa in Camerun, sa che è più forte con Loveline al suo fianco.
“Sono felice di essere qui. Ecco perché quando ci è stato detto di trasferirci non abbiamo esitato a fare i bagagli. Perché conosciamo bene il fardello che abbiamo portato. Sarà più leggero qui”.
Le loro speranze per un futuro stabile dipendono in larga misura dai finanziamenti. Per aiutarle puoi fare una donazione qui.
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