Dopo gli scontri mortali nell’Estremo Nord del Camerun scatenati dalla scarsità d’acqua dovuta al cambiamento climatico, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati chiede riconciliazione e più aiuto per le persone colpite.
“Il nostro villaggio è stato attaccato e siamo stati costretti a fuggire senza avere il tempo di portare nulla con noi”, racconta.
Ndjinda si è diretta a sud in cerca di sicurezza insieme a suo marito e ai suoi sette figli, finendo nel campo di Ardjaniré a Bogo. Il campo ospita attualmente circa la metà delle 4.200 persone di questa zona che sono fuggite dalla peggiore violenza intercomunitaria mai vista nell’Estremo Nord del Camerun.
Ma di fronte a una disperata carenza di cibo e di altre risorse, nonostante la generosa accoglienza dimostrata dalla comunità locale, il marito di Ndjinda è tornato indietro per recuperare quello che poteva dei loro raccolti e dei loro averi.
“Mio marito ha cercato di tornare al nostro villaggio per raccogliere il sorgo nei nostri campi. Ma quando è arrivato, ha scoperto che gli uccelli migratori avevano mangiato tutto. Anche tutti i nostri averi erano stati distrutti”, ha spiegato. Tragicamente, suo marito non è mai tornato, e Ndjinda crede che lo shock di vedere cosa era rimasto della loro casa abbia portato alla sua morte improvvisa.
Ora, lasciata a prendersi cura dei suoi sette figli da sola e senza reddito, Ndjinda non sa più come sopravvivere. “Stiamo finendo tutto. Quando i bambini si ammalano, non posso portarli all’ospedale”.
La crisi climatica sta esacerbando la competizione per l’acqua e altre risorse in questa parte della regione africana del Sahel, dove le temperature stanno aumentando 1,5 volte più velocemente della media globale. I livelli dell’acqua nel lago Ciad sono diminuiti di ben il 95% negli ultimi 60 anni, e gli effetti si fanno sentire per le comunità che dipendono dai fiumi Logone e Chari che alimentano il lago all’estremo confine settentrionale del Camerun.
In una visita di tre giorni in Camerun che si è conclusa venerdì, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati Filippo Grandi ha incontrato Ndjinda e altre famiglie sfollate colpite dalle recenti violenze, che gli hanno descritto le pressanti necessità che devono affrontare.
“Al di là degli sforzi fatti dalle autorità e della generosità dimostrata dalle comunità ospitanti, i bisogni di cibo, istruzione e assistenza sanitaria rimangono”, ha detto Grandi. “Abbiamo anche sentito preoccupazioni per la pressione sui servizi locali, sottolineando la necessità di aumentare il nostro sostegno sia alle famiglie sfollate che ai membri della comunità locale che le ospitano”.
L’UNHCR e i partner stanno lavorando per stabilire siti sicuri per gli sfollati e fornire aiuti salvavita tra cui acqua, ripari e articoli per la casa. Insieme alle autorità camerunesi, l’agenzia ha anche guidato gli sforzi di risoluzione dei conflitti per porre fine alle violenze.
“Identificare le cause dei conflitti e affrontarle garantirebbe una convivenza pacifica tra le comunità”, ha detto Grandi. “La riconciliazione e la ricostruzione sono fondamentali per aprire la strada al ritorno volontario e sicuro delle famiglie sfollate”. Ha anche chiesto una valutazione dei bisogni di ricostruzione nelle aree colpite dalla violenza.
Durante la sua visita ad Ardjaniré, l’Alto Commissario ha visitato un progetto di riforestazione che pianterà 2.000 alberi per aiutare ad affrontare la desertificazione esacerbata dalla crisi climatica e fornire ulteriori risorse e opportunità di reddito per gli sfollati e le comunità locali.
Il progetto fa parte dell’iniziativa Great Green Wall, che mira a far crescere una barriera di 8.000 chilometri in tutto il continente per combattere il degrado della terra, la desertificazione e la siccità nel Sahel.
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