È uno dei 33.000 minori non accompagnati provenienti da diversi Paesi che sono arrivati in Italia via mare a partire dal gennaio del 2016. Durante il viaggio molti hanno subito abusi, tra cui violenza sessuale e di genere, e sono stati costretti ad affrontarne le conseguenze fisiche e psicologiche da soli.
Solomon è stato sfruttato dai trafficanti mentre attraversava il Sudan e la Libia nella speranza di raggiungere l’Europa. “Siamo stati venduti nel Sahara e poi in Libia, dove siamo rimasti per sette mesi” racconta. “È stato molto difficile, molto difficile. Devi rinunciare alla tua vita. Ci hanno chiesto un sacco di soldi. Uno ti compra e poi ti vende, e poi ti vende un altro ancora”.
In Libia è rimasto prigioniero dei trafficanti per un mese. Ha vissuto in una stanza con centinaia di altri rifugiati e migranti, senza cibo a sufficenza e costretto a subire percosse quotidiane. Quando, infine, lui e il resto del gruppo sono stati imbarcati su una nave diretta in Italia, si sono ritrovati ammassati insieme a centinaia di altre persone.
“C’erano 900 persone sulla barca”, ricorda Solomon. “Siamo partiti con il buio, verso le sei o le sette. È stata dura – il mare era mosso, le persone si dibattevano, e morivano, alcuni a causa dell’agitazione, altri per via degli scontri. Sono morte molte persone. È stato spaventoso. Ma cosa puoi fare se non hai scelta? Non puoi avere paura, perché prima o poi devi affrontare la traversata”.
Dopo due giorni in mare, la barca su cui viaggiava Solomon è stata tratta in salvo e portata in Italia e lui trasferito in una comunità di accoglienza per minori non accompagnati.
Anche se ormai era al sicuro, Solomon sperava ancora di poter raggiungere la zia in Olanda. Ben presto però, come per tantissime altre persone separate dai propri cari, i lunghi tempi di attesa lo hanno costretto, ancora una volta, a prendere in mano la situazione, correndo il rischio di subire abusi, violenze e sfruttamento. “I minori non dovrebbero esporsi a tali rischi. Il ricongiungimento familiare transfrontaliero deve migliorare, non solo per evitare questi pericoli, ma anche per ridare speranza e fiducia ai bambini come Solomon,” ha dichiarato Stephane Jaquemet, Rappresentante Regionale dell’UNHCR per il Sud Europa.
Insieme a un gruppo di adolescenti, è partito di notte con uno zaino e una torcia elettrica, seguendo i binari della ferrovia. Quando i binari entravano nelle gallerie scavate tra le montagne, Solomon e i suoi amici iniziavano a correre, pregando che un treno non sopraggiungesse proprio in quel momento – se fosse arrivato non avrebbero avuto scampo e sarebbero stati travolti.
Il loro viaggio è finito quando la polizia di frontiera li ha arrestati e riportati in Italia. Oggi Solomon è ancora in attesa di ricongiungersi con la sua amata zia.
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