Atene è una delle città più grandi d’Europa, ma per Faraydun e la sua famiglia è solo un appartamento affollato al piano terra dove si sente al sicuro ma non felice. In questo appartamento di due stanze vivono 20 persone di etnia yazidi provenienti dall’Iraq, e tutti desiderano ricongiungersi con i loro cari, altrove in Europa.
“Vorrei che i miei figli vivano in pace e sicurezza senza paura, in un mondo migliore,” dice all’UNHCR la moglie 28enne di Faraydun. Lei e i suoi due bambini, un maschio e una femmina, sono ancora traumatizzati dal calvario e dalle uccisioni, dai rapimenti e dagli stupri che vengono commessi ai danni degli yazidi nella città di Sinjar, nel nord dell’Iraq.
Faraydun e Nazdar sono scappati dal loro villaggio, Zoraba, quando i miliziani hanno cominciato a minacciare l’intera regione di Sinjar, patria degli yazidi nella provincia di Ninewa da secoli. “Non potevo più aspettare che ci attaccassero; ero sicuro che prima o poi sarebbe accaduto,” dice Faraydun. “Così tre giorni prima del grande attacco, siamo fuggiti verso Dohuk, provincia nelle vicinanze del Kurdistan iracheno”.
Una volta arrivate in Grecia dopo un difficile viaggio, queste persone vulnerabili devono affrontare ancora molti ostacoli, inclusa la lotta per sbarcare il lunario nella capitale greca e il rischio di detenzione e deportazione qualora vengano fermate senza permesso di soggiorno, che in molti non possiedono.
Gli yazidi hanno raccontato all’UNHCR che uno del loro gruppo è stato rimandato in Iraq nonostante necessiti di emodiliasi ogni tre giorni. Quest’uomo ha riferito di aver presentato la sua richiesta di asilo e di aver acconsentito al reimpatrio solo dopo che la polizia di immigrazione gli ha comunicato che lo avrebbero trattenuto per un anno e mezzo.
L’UNHCR sta cercando di fare luce sulla difficile condizione degli yazidi attraverso i media greci e di diffondere la consapevolezza riguardo i loro bisogni. “Gli yazidi hanno bisogno di protezione e assistenza, loro non dovrebbero essere detenuti”, sottolinea Giorgos Tsarbopoulos, responsadile dell’ufficio dell’UNHCR in Grecia. “Dovrebbero ricevere lo stesso trattamento dei rifugiati siriani, ai quali è stato concesso di trascorerre sei mesi nel paese, con la possibilità di un’estensione”.
Nessuno degli yazidi del gruppo di Faraydun vuole ritornare in Iraq o Siria, dove hanno già rischiato la vita. E` stato un viaggio difficile attraverso le aride montagne siriane, a Dohuk, per Faraydun e la sua famiglia, in particolare per l’anziana suocera, che è rimasta nel Kurdistan iracheno mentre Farydun e Nazdar hanno proseguito.
Speravano di raggiungere la Germania, dove Nazdar ha una sorella, soprattutto dopo aver sentito degli abusi che erano stati commessi ai danni degli yazidi catturati in Sinjar. “Avrei preferito essere uccisa piuttosto che essere catturata e venduta come schiava o violentata” ha detto Nazdar.
I primi di agosto, hanno raggiunto un gruppo di circa 80 persone, principalmente yazidi ma anche cristiani siriani, e hanno attraversato il fiume Evros per dirigersi in Grecia. I trafficanti di esseri umani hanno caricato a bordo quelli che volevano arrivare ad Atene in gruppi di dieci. Quelli che sono rimasti ad aspettare il proprio turno sono sopravvissuti senza cibo o riparo, nei boschi.
Nonostante gli sforzi per assicurare che avessero accesso alle procedure di asilo e assistenza, tutti gli yazidi con cui UNHCR ha parlato hanno detto che non desiderano rimanere in Grecia. Tutti loro vorrebbero andare in altri paesi dell’Unione Europea, dove hanno familiari.
Nel frattempo, poichè le loro scarse risorse finanziarie diminuiscono, il gruppo degli yazidi attende trasferimenti di denaro dai propri famigliari, ma i trasferimenti di denaro dal Kurdistan iracheno sono bloccati. Le famiglie negli appartamenti si aiutano l’un l’altra e ricevono aiuti occasionali dagli altri yazidi che vivono in Grecia.
Sono tutti preoccupati per il futuro e per le famiglie lasciate alle spalle. “Ringrazio Dio per la salvezza dei nostri bambini e gli chiedo di salvare i miei genitori”, dice Nazdar.
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