Una nuova procedura di determinazione dell’apolidia in Ucraina dà alle persone senza documenti d’identità il diritto di lavorare, studiare e accedere all’assistenza sanitaria.
Nonostante il cancro, a Olena Miryasheva è stato negato l’accesso all’assistenza sanitaria: non poteva essere registrata all’ambulatorio, non poteva ottenere una prescrizione medica e non poteva nemmeno sottoporsi a una visita medica che sarebbe stata gratuita per un cittadino ucraino.
Nel maggio 2019 le sue condizioni sono peggiorate e a ottobre è morta. Ma anche allora i problemi della sua famiglia non si sono fermati. La figlia Anna è riuscita a malapena ad ottenere un certificato di morte e ad eseguire la cremazione, l’ultimo desiderio di sua madre.
“Mia madre ha faticato a ricevere i documenti per 25 anni”, dice Anna. “Se avesse avuto accesso prima al sistema sanitario pubblico, forse il cancro avrebbe potuto essere diagnosticato e curato nelle fasi iniziali”.
Olena è nata nella Repubblica Socialista Sovietica Kazaka. Ma quando l’ex Unione Sovietica si è dissolta nel 1991, era tra le centinaia di migliaia di persone rimaste con passaporto invalido in tutta l’Asia centrale, che sono diventate apolidi.
In seguito ha vissuto nella Federazione Russa e poi in Ucraina, dove ha dato alla luce sua figlia, ma nessun Paese l’ha riconosciuta come cittadina. Né lei né Anna, nata a Kiev, hanno potuto ottenere un permesso di soggiorno per poter rimanere legalmente in Ucraina.
Quell’impasse è stata superata questa settimana con una legge firmata dal presidente dell’Ucraina. Adottata dal Parlamento il 16 giugno 2020, stabilisce formalmente una procedura di determinazione dell’apolidia (PSD) per aiutare circa 35.000 persone che sono apolidi o a rischio di apolidia a uscire dal limbo legale.
Redatta dalla Commissione per i diritti umani del Parlamento, con il contributo di esperti dell’ufficio del presidente, della società civile e dell’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la legge permetterà a persone senza nazionalità, come Olena e Anna, di chiedere di essere riconosciute come apolidi e di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo, valido per un anno.
Il permesso di soggiorno temporaneo stabilisce la residenza legale del titolare. Dopo due anni di residenza continuativa – durante i quali godranno di diritti fondamentali, come la libertà di circolazione, l’accesso al lavoro, all’istruzione e all’assistenza sanitaria – i titolari potranno richiedere la residenza permanente. Dopo cinque anni di residenza permanente in Ucraina, gli apolidi possono richiedere la naturalizzazione.
“Questa legge trasformerà la vita di migliaia di persone che hanno vissuto nell’ombra”, ha detto Pablo Mateu, Rappresentante dell’UNHCR in Ucraina. “Siamo pronti a fornire sostegno durante l’attuazione, che si concluderà entro tre mesi dalla sua entrata in vigore”, ha aggiunto.
L’adozione della legge rientra nell’impegno che l’Ucraina si è assunta accedendo a due Convenzioni delle Nazioni Unite sull’apolidia nel gennaio 2013: la Convenzione del 1954 sullo status degli apolidi e la Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961.
Poiché la legge sarà attuata nei prossimi mesi, l’UNHCR offrirà la sua assistenza al Servizio statale ucraino per le migrazioni, fornendo formazione al personale delle 25 province ucraine e l’accesso all’assistenza legale gratuita. Inoltre, mentre il governo fornirà assistenza legale gratuita, come previsto dalla legge, l’UNHCR è pronto a sostenere i richiedenti nelle fasi iniziali dell’attuazione delle procedure di determinazione dell’apolidia. Cercherà anche di sensibilizzare gli apolidi e le persone a rischio di apolidia sulla possibilità di richiedere il riconoscimento del loro status.
In tutto il mondo, l’apolidia rovina la vita di milioni di persone. Adottando questa legge, l’Ucraina diventa il ventunesimo Paese al mondo a stabilire procedure dedicate alla determinazione dell’apolidia.
Mentre è tragicamente troppo tardi per aiutare sua madre, Anna spera che la legge le permetta di andare avanti dopo una vita vissuta ai margini.
“Senza passaporto non sono mai riuscita a entrare all’università. Non riesco a trovare un lavoro vero e proprio, anche se lavoro da qualche anno nel marketing online. Non posso usare i servizi pubblici statali, nessuno si preoccupa davvero per me”, dice.
“Ma con questa legge, avrò la possibilità di diventare una persona normale. Viaggerò, troverò un lavoro adeguato, crescerò professionalmente. Ma prima di tutto, finalmente mi farò un’idea di come sia essere una persona che esiste”.
Scopri come puoi sostenere la campagna #IBelong dell’UNHCR per porre fine all’apolidia entro il 2024.
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