Durante il suo viaggio verso la sicurezza Yeraldine, dal Venezuela, ha affrontato molte delle stesse discriminazioni subite a casa. In occasione della IDAHOTB, parla dei suoi sforzi per rendere l’Ecuador un paese più inclusivo.
Anche se l’essere gay ha reso il loro viaggio molto più difficile e rischioso, la coppia alla fine ha trovato la propria comunità in Ecuador. Yeraldine lavora con un gruppo di sensibilizzazione, allo scopo di rendere il suo paese di accoglienza più inclusivo per i rifugiati e i richiedenti asilo LGBTQI+ come lei.
“Voglio che la gente veda al di là dei simboli, al di là delle bandiere arcobaleno e dell’acronimo LGBTQI+, e riconosca che siamo esseri umani… e che vogliamo dare una mano e trovare un luogo dove sentirci a casa” ha detto Yeraldine, dopo aver finito di intervistare una donna transgender per una serie di podcast a cui collabora.
Yeraldine, che ha 39 anni ed è madre di due figli, ha vissuto un lungo e tumultuoso matrimonio con un uomo prima di conoscere Zailet, circa cinque anni fa. Dopo che tra loro è scoccata la scintilla, Yeraldine racconta che la decisione di fare coming out è stata facile, malgrado le difficoltà che le persone LGBTQI+ devono affrontare nella maggior parte dei paesi dell’America Latina.
“Il mio coming out è stato repentino” dice. “Non mi importava cosa dicevano gli altri. I miei figli mi hanno accettato, e per me era più che sufficiente.”
Tuttavia, nonostante il pieno sostegno dei figli di Yeraldine, la coppia ha affrontato una serie di altre difficoltà in Venezuela, compreso il licenziamento (lavoravano entrambe nello stesso negozio) e le molestie sessuali di un padrone di casa, giunte a tal punto che le due hanno dovuto lasciare l’appartamento in cui vivevano.
“Non avevamo da mangiare. Non avevamo un lavoro. Non avevamo un posto dove vivere” ha raccontato Yeraldine.
A peggiorare le cose è stato il fatto che lei non riuscisse più a ottenere i farmaci necessari alla cura della sua malattia cronica. E così lei e Zailet hanno cercato sicurezza in Ecuador, lasciando i figli di Yeraldine (di 15 e 17 anni) con dei parenti, per risparmiare loro la durezza del viaggio.
Nei quasi tre anni trascorsi da quando la coppia si è stabilita a Quito, capitale dell’Ecuador, hanno trovato la stabilità di cui avevano bisogno per ricostruire le loro vite.
Tuttavia, non solo hanno dovuto superare molti degli ostacoli che spesso si presentano alle persone costrette alla fuga, per esempio salari sotto la media per orari di lavoro spropositatamente lunghi, ma anche, a volte, discriminazioni simili a quelle subite in patria. Yeraldine ha raccontato che lei e Zailet hanno dovuto fingersi cugine per poter firmare un contratto d’affitto per un appartamento.
“Per la comunità LGBTQI+ è spesso difficile trovare spazi sicuri durante e dopo la fuga” dice Giovanni Bassu, Rappresentante per l’Ecuador dell’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati. “SI trova davanti barriere molto più grandi nell’accesso ai diritti e ai servizi fondamentali, come l’istruzione, l’assistenza sanitaria, l’abitazione o il lavoro”.
Ma Yeraldine è decisa a dare il suo contributo per cambiare le cose. In quanto partecipante a Redes Comunitarias, un progetto dell’UNHCR che mira a fornire a rifugiati e migranti gli strumenti necessari a diventare leader delle loro comunità, Yeraldine è diventata portavoce non ufficiale della causa LGBTQI+. Collabora alla produzione di podcast, video ed eventi mirati non solo a informare le persone LGBTQI+ sui loro diritti, ma anche a rendere il paese che le ospita più accogliente verso tutti i rifugiati e i migranti, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.
Avendo accolto più di 500.000 dei 6,1 milioni di persone fuggite dal Venezuela, l’Ecuador ha la terza più numerosa popolazione al mondo di rifugiati e migranti venezuelani. Un numero stimato in 10.000 rifugiati e migranti nel paese andino si identifica come LGBTQI+, secondo le valutazioni dell’UNHCR e dei suoi partner.
L’attivismo di Yeraldine ha fatto la differenza anche in casa sua. Vedere le sue prese di posizione pubbliche ha aiutato Zailet, la sua compagna, a sentirsi più a suo agio nella sua identità di donna lesbica.
“Sono sempre stata lesbica, ma vengo da una famiglia molto conservatrice e ho sempre sentito di dovermi limitare, di dover costruire dei muri intorno a me” ha detto Zailet. “Un tempo per me era difficile manifestare il mio affetto per la mia compagna in pubblico, ma Yeraldine mi ha dato la sicurezza di cui avevo bisogno per poterle tenere la mano davanti ad altri.
“È molto bello poter dimostrare il tuo amore in pubblico” dice Zailet con un sorriso.
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