Nato a Bukhara, Uzbekistan, Ali Choriev ha ricevuto la cittadinanza uzbeka a 52 anni. Tre anni dopo, spiega come è cambiata la sua vita.
Nel corso della sua lunga carriera, il regista 55enne si è saldamente affermato nell’industria cinematografica locale, arrivando persino a diventare capo della filiale di Bukhara della Uzbekkino, l’agenzia cinematografica nazionale dell’Uzbekistan. Apolide per 20 anni, il sentimento di umiliazione non lo ha mai abbandonato.
“Non ho mai condiviso i miei sentimenti, questo dolore, con nessuno, nemmeno con la mia famiglia. Non volevo che si preoccupassero per me. Ma nelle ambasciate e alle frontiere ti trattano sempre come una nullità. Viaggi avanti e indietro per ricevere un visto”, dice Ali.
Il 21 aprile 2017, Ali ha ricevuto una telefonata con una buona notizia: dopo due decenni da apolide, sarebbe stato confermato come cittadino uzbeko. Appena eletto nel dicembre 2016, il presidente dell’Uzbekistan Mirziyoyev ha iniziato a risolvere i casi di apolidia, sulla base delle leggi esistenti.
Per coincidenza, il giorno in cui ha ricevuto la telefonata era il compleanno di Ali. Aveva compiuto 52 anni, ma con la notizia della sua cittadinanza, si sentiva come se fosse rinato.
Da allora, l’Uzbekistan ha continuato gli sforzi per affrontare l’apolidia: una nuova legge adottata nel 2020 dà diritto alla cittadinanza dell’Uzbekistan a circa 50.000 apolidi che avevano residenza permanente nel paese prima del 1° gennaio 1995. Sono tra le circa 97.000 persone note per essere apolidi nel paese alla fine del 2019; costituiscono una delle più grandi popolazioni di apolidi conosciute al mondo.
L’apolidia in Uzbekistan risale alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel dicembre 1991, che ha messo le ex repubbliche sulla strada dell’indipendenza. In precedenza, i cittadini dell’URSS, che si estendeva dai paesi Baltici agli angoli più remoti dell’Asia centrale, potevano viaggiare liberamente attraverso il vasto paese. La dissoluzione nel 1991 ha visto il ripristino dei confini e di nazionalità separate.
Di etnia tagika, Ali è nato nella città di Bukhara. Si è trasferito in Tagikistan nel 1980 per studiare recitazione e regia. Dopo la laurea, ha lavorato nell’industria cinematografica tagika come assistente del regista e poi come secondo regista. Nel 1992, si è trasferito a Mosca per lavorare con un acclamato regista e la sua compagnia cinematografica appena fondata. Ha lavorato in Russia per i successivi quattro anni.
All’epoca, la sua famiglia si era già stabilita in Uzbekistan e aveva ricevuto la cittadinanza uzbeka. Ali si unì a loro solo alla fine del 1996, dopo che si era chiusa la finestra di tempo entro cui poteva dimostrare il diritto alla cittadinanza, e si ritrovò così apolide.
Come regista con progetti all’estero, Ali aveva bisogno di viaggiare. Ha ricevuto un passaporto grigio – un documento di viaggio rilasciato agli apolidi che permette loro di attraversare le frontiere. Richiedere i visti per l’estero è stata una lotta.
“La gente mi invita all’estero, ho il biglietto, i soldi, ma non posso andare. Devo andare all’ambasciata russa e richiedere un visto. Una volta un sergente in Azerbaigian mi ha tirato il passaporto in faccia. E aveva ragione. Non aveva mai visto un documento simile. Ero una persona senza cittadinanza”, racconta Ali.
“Sai che ho attraversato illegalmente il confine del mio paese? Ho viaggiato attraverso un passaggio non ufficiale con il Kazakistan nel 2002. Il mio visto era scaduto e mi avrebbero deportato. Così sono dovuto tornare indietro illegalmente”.
Dopo il ritorno da ogni suo viaggio all’estero, Ali doveva fare rapporto ai servizi di sicurezza uzbeki. Doveva spiegare dettagliatamente dove era stato e chi aveva incontrato. Dopo aver ricevuto la cittadinanza, Ali dice che i servizi di sicurezza lo hanno lasciato in pace.
Non poter votare è stato un altro problema che Ali ha dovuto affrontare. L’Uzbekistan è sempre stata la sua amata patria, ma non poteva partecipare alla sua vita politica. Nel dicembre 2019, ha votato alle elezioni parlamentari in Uzbekistan per la prima volta nella sua vita.
“Non sono riuscito a dormire tutta la notte. Mi sono svegliato presto la mattina. Fuori era ancora buio, ma non vedevo l’ora di esprimere il mio voto”, racconta Ali. “Trattenevo le lacrime per non farmi vedere piangere dai miei vicini. Hai 54 anni e vai a votare per la prima volta, come un adolescente”.
Dopo aver ricevuto la cittadinanza, Ali ha viaggiato con la sua famiglia in Tajikistan. Visitare un paese che durante la sua giovinezza era stato la sua seconda casa era un modo simbolico importante per celebrare il suo nuovo status. Ma quello non è stato l’unico viaggio che ha fatto.
“Sono andato alla Mecca per ringraziare Dio per la mia cittadinanza. Non solo per me, ma per tutte le altre persone che sono diventate cittadini: insegnanti, lavoratori, infermieri. Siamo in tanti”, dice Ali. “Non voglio lasciare l’Uzbekistan, ho viaggiato abbastanza. Ora voglio fare qualcosa per il mio paese. L’Uzbekistan è la mia patria”.
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