Nel corso della pandemia, i rifugiati si sono fatti avanti per fornire assistenza sanitaria, sostenere la salute e il benessere, salvaguardare le loro comunità e ispirarci durante il lockdown.
Ma all’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, siamo fiduciosi. Le persone costrette alla fuga in tutto il mondo, molte delle quali hanno subito perdite inimmaginabili, ci hanno mostrato cosa significa essere resilienti e come superare una crisi.
Ecco cinque modi in cui i rifugiati ci hanno ispirato in un anno come nessun altro:
All’inizio di marzo, ancora prima che il COVID-19 fosse dichiarato pandemia, il medico venezuelano Samuel Suárez stava già dando ai cittadini ecuadoriani a rischio nelle zone rurali consigli per evitare il contagio, e ha continuato a farlo da allora. In Iran, la dottoressa e rifugiata afghana Fezzeh Hosseini ha lavorato instancabilmente per aiutare i pazienti locali e afghani colpiti dal virus, fornendo informazioni e consigli per restare al sicuro. In Bangladesh, gli operatori sanitari della comunità, tutti rifugiati Rohingya, hanno attraversato il più grande insediamento di rifugiati del mondo per indirizzare le persone che potevano aver contratto il COVID-19 verso le cliniche sanitarie.
In un campo rifugiati in Kenya, l’imprenditore e rifugiato dal Burundi Innocent Havyarimana ha prodotto sapone per venderlo a prezzi accessibili. Nella vicina Somalia, il rifugiato tornato a casa Fardowsa Ibrahim, di 24 anni, si è iscritto a un corso di sartoria, senza mai immaginare che sei mesi dopo avrebbe realizzato mascherine per aiutare a proteggere le persone dal virus. In Messico, i rifugiati si sono uniti ai dipendenti di un’azienda che produce lavatrici specializzate per mantenere al sicuro i primi soccorritori dell’America Latina.
Tra le difficoltà economiche sempre più gravi e i lunghi periodi di isolamento, i problemi di salute mentale sono peggiorati durante la pandemia. I rifugiati hanno risposto cercando di migliorare il benessere fisico e mentale. In Perù, consulenti venezuelani hanno offerto agli altri rifugiati un “primo soccorso psicologico” attraverso sessioni a distanza per aiutarli ad affrontare la pandemia di coronavirus. In Iraq, gli operatori delle comunità e rifugiati hanno portato i servizi di salute mentale nei campi durante il lockdown. In Kenya, la rifugiata ugandese e istruttrice di yoga Rita Brown ha realizzato corsi online per promuovere l’accettazione di sé e il benessere mentale tra i rifugiati, sia in Kenya che altrove.
Shadi Shhadeh e altri rifugiati siriani in Svizzera hanno fornito un ponte vitale verso il mondo esterno per le persone vulnerabili che ne avevano più bisogno durante la pandemia. Shadi ha mobilitato una rete di volontari per fare acquisti e commissioni per anziani, malati e altri a rischio. L’impegno, per garantire che nessuno rimanesse indietro, si è concretizzato in attività di volontariato e di sensibilizzazione della comunità da parte dei rifugiati di tutto il mondo.
“Shine Your Light” – Con Ricky Kej, Aditya Narayan, Neeti Mohan e Salim Merchant
Mentre il lockdown costringeva tutti a cercare qualcosa da fare, i rifugiati fornivano divertimento e ispirazione. In India, i rifugiati hanno unito le loro voci in un canto di speranza e di gentilezza. Affiancati dal vincitore di Grammy Ricky Kej, i 24 musicisti rifugiati si sono riuniti per “Shine Your Light” – una canzone, eseguita in quattro lingue diverse (inglese, dari, farsi e pashto) che invitava gli ascoltatori a celebrare la nostra comune umanità. Mentre l’anno volgeva al termine, rifugiati da tutto il mondo che oggi chiamano il Canada la loro casa hanno condiviso le loro storie e le loro ricette preferite in ‘Tastes from Home: Ricette della Comunità dei rifugiati’ – un e-cookbook gratuito.
La loro forza, creatività e dedizione ci danno speranza per il 2021.
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