L’UNHCR, Agenzia ONU per i Rifugiati, esprime profonda preoccupazione per i casi di violenza sessuale perpetrata in maniera diffusa e sistematica nei confronti di donne e bambine congolesi ad opera di gruppi armati nella provincia di Tanganyika, Repubblica Democratica del Congo, dove quest’anno si registrano migliaia di sfollati interni.
Secondo le autorità locali, sono state oltre 23.000 le persone costrette a fuggire a partire da maggio nel solo territorio di Kongolo, nel nord della provincia di Tanganyika. La maggior parte sono fuggite a più riprese negli ultimi tre mesi da situazioni segnate da assenza di sicurezza.
Nelle sole ultime due settimane, i partner umanitari dell’Agenzia impegnati nelle zone sanitarie di Kongolo e di Mbulula hanno registrato 243 casi di stupro, 48 dei quali hanno visto coinvolti minori, in 12 villaggi differenti. Tali cifre corrispondono a una media 17 aggressioni segnalate al giorno. Si ritiene che i numeri reali siano addirittura più elevati, considerato che le denunce di casi di violenza di genere (GBV) continuano a costituire tabù nella maggior parte delle comunità. Oltre agli enormi traumi, sul piano fisico e psicologico, derivanti dall’essere state stuprate, le persone sopravvissute a violenza sessuale possono dover far fronte a sentimenti di stigma ed esclusione da parte delle proprie famiglie.
Le aggressioni sarebbero perpetrate da gruppi armati rivali, in lotta per il controllo dei bacini minerari – specialmente miniere d’oro – e per rappresaglia contro le operazioni militari governative. I civili si trovano intrappolati tra gli intensi combattimenti in corso tra gruppi differenti.
Al personale dell’Agenzia sono giunte raccapriccianti testimonianze di episodi di estrema violenza. Le persone in fuga hanno accusato i gruppi armati di perpetrare stupri di massa, mentre le donne tentano di fuggire dalle proprie case. Donne e bambine sono state rapite e usate come schiave sessuali da membri dei gruppi armati. Alle famiglie è stato chiesto di pagare riscatti per ottenerne la liberazione.
L’UNHCR e i partner continuano a lavorare con le autorità locali e gli attori umanitari affinché siano assicurati sostegno psicosociale e assistenza medica alle persone sopravvissute, ma il conflitto in corso e le lunghe distanze per raggiungere gli ambulatori stanno rendendo loro estremamente difficile usufruire degli aiuti.
L’UNHCR rivolge un appello alle autorità affinché garantiscano con urgenza maggiore sicurezza nel cosiddetto “triangolo della morte” – un’area adiacente a numerose località comprese tra le province di Tanganyika, Maniema, e Sud Kivu – al fine di proteggere i civili, specialmente donne e bambine, consentire l’accesso agli aiuti umanitari, e poter avviare indagini volte ad assicurare alla giustizia i responsabili degli abusi perpetrati.
A luglio 2021, secondo stime delle Nazioni Unite, sono quasi 310.000 le persone fuggite dall’assenza di sicurezza e dalle violenze e che, attualmente, sono sfollate nella provincia di Tanganyika.
Le esigenze umanitarie e di protezione sono in aumento e l’UNHCR chiede ulteriore sostegno finanziario. L’Agenzia ha raccolto solo il 36 per cento dei 205 milioni di dollari necessari per le operazioni nella RDC.
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