L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime profondo apprezzamento per il passo importante dell’Italia nel percorso di adesione alla Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961, per la quale la Camera si è espressa oggi positivamente.
L’Italia, che ha ratificato e reso esecutiva la Convenzione relativa allo status degli apolidi del 1954 attraverso la legge del 1° febbraio 1962 n. 306, è uno dei pochi paesi europei che non ha ancora aderito alla Convenzione sulla riduzione dell’apolidia del 1961. La proposta di adesione sarà ora discussa in Senato per l’approvazione finale.
L’apolidia è la condizione di un individuo che nessuno Stato considera come suo e al quale, di conseguenza, non viene riconosciuto il diritto fondamentale alla nazionalità né assicurato il godimento dei diritti e dei servizi che i Paesi normalmente garantiscono ai loro cittadini. Sebbene possa anche essere apolide, il rifugiato invece possiede una cittadinanza, ma è costretto alla fuga perché il suo paese non può o non vuole concedergli protezione.
Almeno 10 milioni di persone al mondo sono attualmente apolidi e ogni dieci minuti un bambino nasce apolide. La fine dell’apolidia significherebbe porre rimedio a queste terribili ingiustizie. La Convenzione del 1961 riguarda la prevenzione dell’apolidia e la conseguente riduzione di essa nel tempo. In particolare, stabilisce regole chiare per evitare l’apolidia dalla nascita e prevenire il verificarsi dell’apolidia nel corso della vita di un individuo.
L’Alto Commissario per i Rifugiati, António Guterres, ha lanciato una campagna finalizzata a porre fine all’apolidia entro dieci anni. Porre fine all’apolidia nel mondo sembra essere oggi sempre più possibile grazie al recente aumento del numero di Stati che hanno aderito ai due trattati chiave delle Nazioni Unite. L’UNHCR si augura che l’Italia entri presto definitivamente e a pieno titolo in questo numero.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter