L’UNHCR sta cercando 13 milioni di dollari per far fronte ai bisogni delle persone arrivate in barca nel Sud-est asiatico, dove migliaia di rifugiati e migranti hanno attraversato il Golfo del Bengala e il Mare delle Andamane.
L’appello è stato lanciato ieri e ha lo scopo di rafforzare il nostro lavoro volto a proteggere le quasi 4.800 persone provenienti dal Myanmar e dal Bangladesh, arrivate nell’ultimo mese su barche gestite dai trafficanti. Lo sbarco più recente si è verificato all’inizio di questa settimana e ha coinvolto 700 persone, arrivate nello stato di Rakhine, in Myanmar. Tra loro c’erano circa 120 donne e bambini, che hanno raccontato di essere rimasti in mare per almeno tre mesi.
La stagione dei monsoni è ormai alle porte, e si stima che migliaia di persone possano essere ancora in mare.
L’appello dell’Agenzia fa seguito al meeting degli Stati della regione coinvolti nella situazione, tenutosi venerdì scorso a Bangkok. L’appello riflette inoltre un piano di azione in 10 punti proposto dall’UNHCR, dall’OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e dall’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine.
I fondi consentiranno all’UNHCR di potenziare il suo intervento in tre aree: aiutando a soddisfare le esigenze di protezione internazionale dei nuovi arrivati; migliorando le informazioni a disposizione delle persone che intendono intraprendere queste traversate ed affrontando nei paesi di origine alcune delle cause alla radice di tali flussi migratori.
Ad oggi, i team dell’UNHCR hanno registrato poco più di 1.000 nuovi arrivi di Rohingya in Indonesia. Nel sud della Thailandia sono stati distribuiti generi di soccorso e assistenza psicologica a decine di persone, mentre in Malesia l’UNHCR si prepara a potenziare l’assistenza alle persone appena arrivate, non appena verrà garantito pieno accesso.
Sono necessarie ulteriori risorse per organizzare team di operatori che possano muoversi sul campo per identificare e aiutare rapidamente le persone con esigenze specifiche di protezione. I rifugiati che non possono tornare a casa dovranno avere la certezza di poter rimanere nei paesi di accoglienza temporanea con la possibilità di accedere ad opportunità di lavoro legale, finché non ci saranno condizioni favorevoli per il ritorno volontario o fino a quando non verranno trovate altre soluzioni. Dove possibile, l’UNHCR sosterrà programmi per generare nuove fonti di reddito attraverso strutture nazionali per soddisfare le esigenze dei rifugiati e delle comunità ospitanti.
L’appello prevede corsi di formazione sui principi giuridici internazionali e sulla protezione per i funzionari che si occupano di ricerca e soccorso nella regione, e la ricerca di possibili località di sbarco. L’UNHCR inoltre aumenterà le attività di monitoraggio e rapporto sui flussi migratori via mare, includendo campagne di informazione sui rischi di queste pericolose traversate e i maltrattamenti causati da contrabbandieri e trafficanti.
Per ridurre gli incentivi che hanno le persone a intraprendere queste pericolose traversate in mare, l’UNHCR cercherà delle alternative legali, quali programmi per la transizione dello status da rifugiato a migrante, nei paesi ospitanti che hanno bisogno di migranti temporanei.
Per affrontare in profondità le cause di questi flussi migratori, una parte fondamentale dell’appello è diretta a cercare sostegno per interventi di carattere umanitario, rispetto dei diritti umani ed esigenze di sviluppo nei paesi d’origine. L’UNHCR è pronta a lavorare con i governi per affrontare la questioni legate alla cittadinanza e alla documentazione per le persone in Bangladesh e nello stato del Rakhine nel Myanmar.
Per contribuire a risolvere l’emergenza sfollati, che nello stato di Rakhine dura da ormai tre anni, l’UNHCR sta cercando di ampliare l’assistenza e il monitoraggio delle famiglie sfollate che desiderano tornare a casa o stabilirsi in altri luoghi.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter