Siamo profondamente preoccupati per le ulteriori restrizioni da parte dell’Ungheria che stanno portando al respingimento di persone richiedenti asilo e per i racconti dell’uso di violenza e abusi. Queste restrizioni non sono in linea con il diritto comunitario ed internazionale e le testimonianze di violenza dovranno essere oggetto di investigazione.
Il numero di rifugiati e migranti al confine tra Serbia e Ungheria ha superato le 1.400 persone, incluse persone che stavano attendendo di entrare nelle zone di transito e quelle che si trovavano nel Centro di Aiuto per Rifugiati nell’area di Subotica. La maggior parte sono donne e bambini che sono particolarmente colpiti dal deterioramento della situazione umanitaria. Gli Stati hanno l’obbligo di garantire che queste persone siano trattate in modo umano, in sicurezza e dignità, e abbiano accesso all’asilo, se desiderano.
Le nuove leggi hanno esteso i controlli di confine ad un’area di 8 km all’interno del territorio ungherese, ed autorizzano la polizia ad intercettare le persone all’interno di quest’area rimandandole al di là della recinzione, spesso in aree remote senza servizi adeguati.
Ai richiedenti asilo vengono poi date istruzioni di andare in una delle zone di transito lungo il confine per presentare domanda di asilo. Al momento, solamente due zone di transito sono attive, lungo il confine di 175 km tra Serbia e Ungheria, e sono quelle di Roszke e di Tompa, dove in media in un giorno sono ammessi solo 15 individui per ciascuna zona di transito. Da quando la nuova legislazione è divenuta attiva, un totale di 664 persone sono stati rimandate al di là della recinzione. Inoltre, il governo ha significativamente aumentato la sicurezza ai confini, predisponendo 10.000 soldati e ufficiali della polizia e sorveglianza con droni ed elicotteri.
L’UNHCR ha anche pubblicato un documento a proposito dell’Ungheria come paese di Asilo – UN High Commissioner for Refugees (UNHCR), Hungary as a country of asylum. Observations on restrictive legal measures and subsequent practice implemented between July 2015 and March 2016, May 2016.
L’UNHCR ha continuato a ricevere rapporti di abusi e violenza al confine, quando le persone sono state catturate all’interno delle zone di transito, o nelle strutture di detenzione della polizia. I racconti includono casi di morsi da parte di cani della polizia lasciati senza guinzaglio, l’utilizzo di spray al peperoncino e percosse. L’UNHCR ha chiesto che le autorità ungheresi investighino su queste situazioni. All’inizio di giugno, l’UNHCR ha rilasciato una dichiarazione dopo che un giovane rifugiato siriano era annegato, quando, stando ai racconti, era stato costretto a tornare indietro attraversando il Fiume Tisza.
Le condizioni di coloro che attendono di entrare nelle ‘zone di transito’ sono durissime. Individui e famiglie si trovano all’aperto o in tende improvvisate su campi fangosi a fianco delle recinzioni. La salute e la sanità pongono sfide considerevoli, e le condizioni igieniche sono lontano dall’essere accettabili. Tra le persone in attesa ci sono neonati, minori non accompagnati, donne incinta e persone con disabilità o con bisogni specifici. A molte centinaia di persone è stato offerto riparo dal Governo della Serbia nel Centro di Aiuto per i Rifugiati vicino a Subotica, ma la capacità massima di questa struttura è già stata superata. In questo contesto, le persone potrebbero essere incentivate a ricorrere a trafficanti di uomini senza scrupoli, che li espongono ad ulteriori rischi.
L’UNHCR, i partner, e le ONG hanno aumentato l’assistenza, anche attraverso il Governo della Serbia, e stanno fornendo maggiori quantità di cibo, acqua, medicine ed altri aiuti. L’UNHCR è presente anche per identificare le persone con bisogni specifici. L’8 luglio, le Agenzie delle Nazioni Unite in Serbia hanno rilasciato un comunicato stampa congiunto esprimendo preoccupazione per un possibile ulteriore deterioramento della situazione dei rifugiati e migranti al confine serbo-ungherese.
Nelle aree rilevanti al nostro mandato, l’UNHCR rimane pronto a sostenere i governi dell’Ungheria e della Serbia nel gestire la situazione lungo il loro confine.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter