L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) esprime disappunto per la deportazione dalla Thailandia nella Repubblica democratica popolare del Laos di un rifugiato riconosciuto dall’UNHCR; nel Laos il rifugiato potrebbe subire maltrattamenti equivalenti a persecuzione.
Secondo le informazioni confermate questa settimana da parte delle autorità tailandesi, la deportazione di questo ex leader Hmong laotiano ha avuto luogo il 13 giugno.
Sin da quando era stato posto in arresto nel marzo 2013, l’UNHCR aveva esortato il governo reale tailandese a non rimpatriarlo. Considerato il suo alto profilo, l’UNHCR esprime grave preoccupazione per i rischi in cui incorrerà ora che è stato rimandato in Laos.
La deportazione viola il principio di non-refoulement, ovvero il divieto di praticare ritorni forzati, sancito dal diritto internazionale consuetudinario. Questo principio è vincolante per tutti gli Stati e impedisce di inviare un rifugiato in un paese dove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate. Il ritorno di una persona in un paese in cui potrebbe incorrere nel rischio di tortura è vietato anche ai sensi della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, di cui la Thailandia è firmataria.
L’UNHCR si appella alle autorità tailandesi affinché tengano fede alle proprie responsabilità ai sensi del diritto internazionale e garantiscano il pieno rispetto dei diritti delle persone bisognose di protezione internazionale.
La Thailandia continua a ospitare generosamente più di 128.000 rifugiati e richiedenti asilo che vivono per la grande maggioranza all’interno di nove rifugi temporanei/campi lungo il confine con il Myanmar.
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