Il conflitto in corso nel Sud Sudan e il degradarsi della situazione umanitaria nella nazione più giovane del mondo stanno provocando un esodo verso l’Etiopia, il Kenya, il Sudan e l’Uganda maggiore rispetto a quello che era stato inizialmente previsto. Il numero di rifugiati atteso (715.000) è più che raddoppiato rispetto all’appello iniziale lanciato nel mese di marzo.
L’Etiopia ha registrato il più alto aumento di arrivi nel corso degli ultimi mesi: nel momento di massima affluenza, a inizio maggio, nel giro di 72 ore circa 11.000 rifugiati hanno attraversato il confine per raggiungere la città isolata di Burubiey. Da allora il numero di arrivi si è stabilizzato, ma quest’area remota dell’Etiopia sta ricevendo ancora più di 1.000 rifugiati al giorno. I servizi locali non riescono a fare fronte alle loro esigenze.
Molti dei sud-sudanesi che cercano rifugio in Etiopia, Uganda, Kenya e Sudan arrivano in condizioni terribili: esausti, traumatizzati da quello che hanno vissuto nel paese di origine e dalle difficoltà del viaggio che è stato necessario per mettersi in salvo, malnutriti e spesso ammalati.
Le priorità individuate nel piano di risposta aggiornato si riferiscono alle attività di 34 organizzazioni internazionali e non governative e prevedono la distribuzione di soccorsi vitali per quanto riguarda l’alimentazione, l’assistenza sanitaria, l’acqua e i servizi igienici, l’alloggio. Inoltre un numero elevatissimo di rifugiati (il 94% in Etiopia) sono donne e bambini particolarmente vulnerabili. Ciò spiega l’importanza di registrare la popolazione per comprenderne meglio le esigenze e programmare una risposta adeguata. Anche l’elevato numero di minori non accompagnati e separati (in totale circa 14.000) richiede una gestione dei casi mirata e il potenziamento dei programmi volti a rintracciare i familiari attraverso la regione. Fra le altre attività prioritarie vi sono quelle finalizzate a garantire la natura civile dei campi e degli insediamenti di rifugiati, così come la denuncia delle gravi violazioni dei diritti umani in corso nel Sudan del Sud.
Nonostante i graditi contributi che abbiamo ricevuto fino ad ora, l’appello congiunto lanciato per fare fronte alle esigenze crescenti di questa popolazione di rifugiati vulnerabili è stato finanziato soltanto per il 24%. Se i fondi non aumenteranno urgentemente, le conseguenze potrebbero essere drammatiche per i rifugiati: carenza di cibo, peggioramento delle condizioni sanitarie, aumento dei rischi di contrarre malattie, tagli ai programmi educativi e dunque un notevole aggravarsi delle sofferenze dei rifugiati. (Nel documento allegato sono disponibili dati più dettagliati sulle conseguenze di una mancata risposta a questo appello).
Attualmente vi sono circa 400.000 rifugiati sud-sudanesi, distribuiti fra l’Etiopia (158.164), l’Uganda (118.423), il Sudan (82.000) e il Kenya (41.115).
Nel marzo 2014 l’UNHCR e 25 organizzazioni partner hanno lanciato un appello congiunto per il Piano di risposta regionale all’emergenza rifugiati del Sud Sudan. Sono stati richiesti 371 milioni di dollari per soccorrere una popolazione di rifugiati pari a a 340.000 persone.
La versione aggiornata del Piano di risposta regionale alla crisi dei rifugiati sud-sudanesi è stata presentata ai donatori questa mattina a Ginevra.
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