Le migrazioni forzate all’interno della Somalia e al di là dei suoi confini non mostrano segnali di allentamento, laddove gli allontanamenti forzati, la siccità, il conflitto e la mancanza di mezzi di sussistenza hanno costretto più di 130.000 persone a lasciare le proprie case dall’inizio dell’anno. La stragrande maggioranza – circa 107.000 – sono sfollati interni in Somalia; nel complesso 23.000 rifugiati somali appena arrivati si sono registrati in Yemen, Kenya ed Etiopia nei primi otto mesi dell’anno.
L’insicurezza è stata la principale causa di sfollamento interno, per cui si contano circa 38.000 persone in fuga a causa del conflitto militare. Si stima che negli ultimi otto mesi, circa 7.000 persone sono fuggite in seguito all’offensiva militare in corso nel centro-sud della Somalia. Anche se le migrazioni sono probabilmente temporanee – le persone fanno ritorno alle proprie case non appena vi sia la sicurezza per farlo – molti richiedono assistenza anche durante il periodo di sfollamento. Questi sforzi sono tuttavia ostacolati da un accesso limitato alle città interessate da attività militari e i costosi ponti aerei sono spesso l’unico modo di portare scorte alle persone bisognose.
Si stima che gli allontanamenti forzati degli sfollati interni da terreni ed edifici, che sono sia di proprietà privata che del governo, abbiano coinvolto circa 33.000 persone: 15.600 persone nella città portuale di Kismayo all’inizio dell’anno e 18.300 persone nella capitale Mogadiscio solo nelle ultime settimane. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è impegnato in un dialogo con le controparti delle autorità somale per garantire che tali sfratti non violino i diritti umani fondamentali. Nelle ultime settimane l’Agenzia ha distribuito beni di prima necessità a 3.000 famiglie sfollate a Kismayo, ma sono necessari ulteriori aiuti.
Molte persone vivono in luoghi privi di servizi di base, in rifugi costruiti con pezzi di legno, erba e scatole di cartone vuote. Sono arrivate segnalazioni di episodi di violenza di genere e stupri di giovani ragazze e donne da parte delle milizie che operano al di fuori degli insediamenti.
Nel 2014, lo Yemen ha accolto 11.000 persone arrivate via mare attraverso il Golfo di Aden e il Mar Rosso, praticamente eguagliando le cifre registrate per tutto il 2013. La maggior parte dei nuovi arrivati provengono dalle sei regioni della Somalia meridionale e centrale per lo più colpite da siccità, insicurezza alimentare e povertà. Quasi 9.000 somali sono arrivati in Kenya, mentre l’Etiopia ha registrato più di 3.000 rifugiati somali in arrivo quest’anno. Il numero totale di rifugiati somali nella regione è pari a 957.000.
Questi flussi migratori continui giungono in un momento in cui gli sfollati interni stanno subendo le conseguenze dell’attuale crisi alimentare nel paese, per cui spendono in proporzione più – fino al 75% – del loro reddito disponibile in cibo rispetto ai somali nelle comunità rurali e urbane.
Secondo la recente valutazione dell’Unità di analisi della sicurezza alimentare e nutrizione della FAO (FSNAU), gli sfollati interni hanno i più alti tassi di malnutrizione acuta grave, mentre i tassi di malnutrizione sono critici in sette dei 13 siti per sfollati esaminati. Il tasso di mortalità sotto i cinque anni tra gli sfollati interni di Mogadiscio è sei volte superiore alla media. Anche se l’UNHCR e le altre agenzie stanno intensificando le azioni di risposta, l’operazione in Somalia richiede più di 40 milioni di USD, ma i fondi disponibili, che sono pari al 38%, sono decisamente insufficienti.
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