Da sabato scorso gli scontri in corso tra milizie rivali nella capitale della Repubblica Centrafricana Bangui hanno provocato la morte di almeno 36 persone e costretto alla fuga dalle loro case migliaia di altri cittadini, facendo fare un passo indietro al processo di riconciliazione.
Per ristabilire l’ordine sono state dispiegate truppe delle Nazioni Unite, ma questa mattina il personale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) di stanza a Bangui ha segnalato che la situazione è ancora molto tesa, con spari in corso nel centro della città. La situazione ricorda in modo preoccupante quanto avvenuto tra la fine del 2013 e il 2014, quando migliaia di persone sono state uccise e decine di migliaia costrette alla fuga a causa del conflitto tra comunità. Si segnala inoltre la presenza di gruppi armati rivali che si starebbero reclutando nelle province e a Bangui, fatto che porta l’Agenzia a temere che la situazione degeneri. L’UNHCR si unisce all’appello già lanciato da altri soggetti affinché venga ristabilita la calma.
I combattimenti e i numerosi posti di blocco hanno ulteriormente aggravato una situazione umanitaria già difficile, ostacolando la capacità dell’UNHCR e dei suoi partner di raggiungere migliaia di sfollati interni e di valutare le loro esigenze. Tutte le parti dovrebbero urgentemente consentire alle organizzazioni umanitarie l’accesso alle aree che ospitano i nuovi sfollati.
L’UNHCR, con l’aiuto dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni e di altri partner, stima che almeno 27.400 persone siano state costrette alla fuga. Tra di esse 10mila si sarebbero rifugiate presso il sito di Mpoko, vicino all’aeroporto, che già ospitava circa 11mila persone.
Vi è un bisogno immediato di alloggi di emergenza, assistenza sanitaria e primo soccorso. Se la situazione rimarrà instabile, saranno necessarie ulteriori scorte di cibo e strutture igienico-sanitarie. Gli sfollati sono in stato di shock e paura estrema. Molti sono stati più volte costretti alla fuga.
La situazione a Bangui era rimasta relativamente tranquilla negli ultimi mesi, ma i combattimenti sono ripresi nella giornata di sabato scorso dopo l’uccisione di un giovane autista di un moto-taxi musulmano. La violenza ha provocato il panico nella capitale, dove è stato imposto il coprifuoco. Nella Repubblica Centrafricana sono previste le elezioni per il 18 ottobre.
Oltre ai morti, centinaia di civili sono stati feriti e hanno bisogno di cure, ma i team medici hanno difficoltà a raggiungerli, secondo quanto riferito da Medici Senza Frontiere.
Diverse organizzazioni internazionali si sono viste danneggiare i loro compound. Martedì sera, uomini armati sono entrati nella casa di un membro del personale dell’UNHCR, rubando effetti personali e un veicolo dell’UNHCR.
Sempre ieri sera, centinaia di detenuti sono scappati dal carcere Ngaragba di Bangui, e si ritiene che in molti abbiano aderito al gruppo di miliziani anti-Balaka, che ha combattuto l’ex milizia Seleka.
La violenza in atto ci ricorda quanto sia fragile e imprevedibile la situazione della sicurezza in Repubblica Centrafricana, con elementi armati ancora presenti in alcuni quartieri di Bangui, che controllano diverse città e località del centro e del nord del paese (tra cui Bambari, Batangafo, Kaga-Bandoro, Mbres, Kabo).
Allo stesso tempo l’UNHCR si unisce all’appello pronunciato dal Coordinatore umanitario delle Nazioni Unite, dalla Missioni ONU in Centrafrica (Minusca) e da altri soggetti attraverso cui si chiede a tutte le parti in campo di porre fine ai combattimenti e di garantire la protezione della popolazione civile. Gli sforzi di coesione sociale e di dialogo tra le due comunità devono essere consolidati dal momento che il processo di pace è chiaramente ancora molto fragile.
Prima di questi ultimi episodi di violenza la Repubblica Centrafricana aveva una popolazione di sfollati interni stimata in 370mila persone, con altre 470mila persone fuggite nei paesi vicini come rifugiati. Il piano di risposta alla crisi dei rifugiati presentato dall’UNHCR e da 17 partner per fornire protezione e assistenza ai rifugiati nei paesi confinanti con la Repubblica Centrafricana è stato finanziato solo per il 23 per cento di quanto richiesto (331 milioni di dollari statunitensi), lasciando un buco pari a 254 milioni.
Condividi su Facebook Condividi su Twitter