L’UNHCR esprime grave preoccupazione per la situazione disperata di migliaia di persone in fuga dagli scontri in corso a Ramadi.
Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), partner dell’UNHCR, sono circa 85.000 le persone fuggite in seguito all’ultima escalation di violenza a Ramadi e dintorni a partire dal 15 maggio. La maggior parte delle persone di questa ultima ondata di sfollati – circa l’85 per cento – rimane nel governatorato di Anbar. Complessivamente si stima che più di 180.000 persone siano state costrette ad abbandonare la zona di Ramadi a causa delle ostilità iniziate nei primi giorni di aprile.
Molte persone sono ancora in fuga e l’UNHCR, insieme agli altri membri della comunità umanitaria, sta cercando di localizzarli e di fornire loro assistenza per i bisogni di prima necessità. I gruppi di monitoraggio dell’UNHCR hanno verificato che i civili sfollati si trovano ad affrontare seri ostacoli presso i vari posti di blocco di Anbar per raggiungere le province vicine, dal momento che le autorità locali impongono restrizioni al movimento. I governatorati di Babil e Kerbala sono chiusi agli sfollati provenienti da Anbar.
Il ponte di Bzebiz, punto di ingresso principale da Anbar a Baghdad, è stato chiuso per quattro giorni all’inizio di questo ultimo esodo da Ramadi, iniziato il 15 maggio, lasciando quotidianamente molte persone bloccate, con temperature altissime, in attesa che venga esaminato il proprio accordo di ammissione.
Il “collo di bottiglia” rappresentato dal ponte è stato ora reso più scorrevole, ma i team di monitoraggio dell’UNHCR segnalano che l’obbligo per gli sfollati di avere uno sponsor locale a Baghdad continua a destare preoccupazione, in quanto rappresenta un ostacolo all’accesso rapido alle zone di sicurezza, lascia le persone in attesa al caldo senza un adeguato riparo, e rende gli sfollati vulnerabili allo sfruttamento. L’Agenzia sta esortando le autorità ad affrontare questo problema e più in generale a garantire la libertà di movimento e di accesso rapido alla sicurezza a tutti i cittadini iracheni sfollati.
Un altro elemento di preoccupazione è rappresentato dall’esistenza di requisiti onerosi per ottenere altri tipi di documenti. I partner dell’UNHCR hanno passato giorni ad aiutare 600 persone più vulnerabili, molte delle quali con disabilità o gravi condizioni di salute, ad ottenere l’accesso al governatorato di Baghdad. Ciò si è tradotto nella necessità di fornire un servizio di trasporto per tornare all’ospedale Amriyat Al-Fallujah al fine di ottenere i documenti medici necessari per accedere a Baghdad, in un momento in cui le autorità stavano solamente garantendo l’accesso alle persone che necessitavano di cure mediche.
Impossibilitati a spostarsi in altre province, migliaia di sfollati si sono raccolti intorno alla città di Al-Khalidiya (a est di Ramadi e a sua volta teatro di scontri diretti nelle ultime settimane), per poi spostarsi in direzione di Al Madina Al Siyahiya (o Trourist City) ad Al- Habbaniya e di Amriyat Al-Falujah, dove l’UNHCR ha fornito aiuto nei centri di accoglienza collettivi. Ma in queste zone, in cui molte persone vivono in condizioni di sovraffollamento, senza accesso all’acqua pulita e a servizi igienici adeguati, è necessario un sostegno molto più consistente.
Alcune persone si stanno spostando verso nord in direzione delle città di Kalar (nel governatorato di Diyala) o di Kirkuk. Con migliaia di persone in movimento e una forte concorrenza per usufruire dei trasporti, viaggi che normalmente avrebbero richiesto alcune ore stanno durando giorni interi. I team dell’UNHCR hanno incontrato nel campo di Qoratu, nel governatorato di Diyala, famiglie di sfollati provenienti da Ramadi che sono state bloccate tre giorni al check point di Kullajo, al confine con Diayla e Sulyaymaniyah. È stato loro concesso di entrare a Kalar solo a condizione che accettassero di rimanere nel campo di Qoratu, che ora ospita circa 1.500 persone. Le autorità locali del governatorato di Sulaymaniyah hanno segnalato che agli sfollati provenienti da Ramadi sarebbe stato negato l’ingresso e che essi devono pertanto rimanere nel campo di Qoratu o tornare indietro verso Baghdad.
Le condizioni nel campo sono difficili, dato che si sono già raggiunte temperature di 47 gradi. L’UNHCR sta distribuendo ventilatori, oltre che materassi, taniche e teli di plastica per contribuire a creare delle zone d’ombra.
Di fatto, avere un alloggio adeguato rappresenta una delle esigenze fondamentali per migliaia di sfollati, che si trovano a vivere all’aperto al caldo per lunghi periodi – quando le temperature giornaliere superano già i 40 gradi. L’obiettivo attuale dell’UNHCR è quello di offrire rapidamente un riparo agli sfollati, anche nel governatorato di Baghdad, così come nel campo di Qoratu. L’Agenzia sta anche lavorando con i partner delle Nazioni Unite e con le ONG per monitorare la dispersione delle persone e le esigenze che si possono manifestare nei diversi luoghi, e identificare così possibili luoghi sicuri dove possano essere istituiti degli insediamenti temporanei. L’UNHCR si sta coordinando con il Centro congiunto di coordinamento e monitoraggio del governo per garantire che gli sforzi delle Nazioni Unite complementari a quelli del governo iracheno riescano a garantire l’assistenza così disperatamente necessaria per gli sfollati.
Dall’inizio di aprile, l’UNHCR e i suoi partner, nel contesto di un piano di risposta proposto da diverse Agenzie, hanno distribuito beni di prima necessità – tra cui materassi, taniche e teli di plastica – a più di 33.000 persone che hanno abbandonato le loro case a Ramadi. L’UNHCR ha anche consegnato tende e materiali per suddividere gli spazi all’interno dei rifugi collettivi in diverse località nei governatorati di Anbar e Baghdad.
Le Nazioni Unite continuano a promuovere il rispetto dei diritti umani fondamentali, in particolare la libertà di movimento e l’accesso alla sicurezza per tutti gli iracheni in fuga. Essere in grado di raggiungere un luogo sicuro fa la differenza tra la vita e la morte per gli sfollati che si stanno spostando disperatamente. Una volta uscite dalla minaccia immediata del conflitto che le circonda, le persone hanno bisogno di assistenza continua, tra cui alloggi d’emergenza, acqua e servizi igienici. Hanno anche bisogno di accedere ai servizi di base come l’istruzione per i loro figli in modo che possano ritrovare una parvenza di normalità e stabilità.
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