L’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, esprime preoccupazione per la decisione annunciata sabato dagli Stati Uniti di ridurre, in modo significativo e per il terzo anno consecutivo, il numero di rifugiati che ammetteranno al programma di reinsediamento nel proprio territorio nel corso del prossimo anno. Il tetto di 18.000 posti lascia a rischio migliaia di rifugiati tra i più vulnerabili, manda un messaggio controproducente agli altri Paesi in merito al bisogno di una maggiore condivisione di responsabilità e mina una delle tre soluzioni durature a disposizione dei rifugiati.
“In un’epoca in cui il totale di persone in fuga nel mondo ha toccato livelli record, una riduzione del numero di ammissioni limita la capacità dell’UNHCR di adempiere il proprio mandato di proteggere i rifugiati e ne diminuisce il potere negoziale umanitario su scala globale”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “In quanto agenzia incaricata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di guidare e coordinare la risposta internazionale alle esigenze dei rifugiati, l’UNHCR esprime naturalmente apprensione per l’evoluzione di questa tendenza negli Stati Uniti e in altre regioni”.
Filippo Grandi ha sottolineato come solo circa lo 0,5 per cento dei 26 milioni di rifugiati di tutto il mondo – comprese vittime di tortura, donne e bambine a rischio e altre persone gravemente vulnerabili – si sia potuta reinsediare in Paesi terzi; e questo solo dopo screening approfonditi e a discrezione degli Stati responsabili per l’ammissione. Tuttavia, considerato che il numero di persone e famiglie costrette alla fuga da conflitti e persecuzioni su scala mondiale ha toccato i più elevati livelli di sempre, le necessità di essere reinsediati superano di gran lunga i posti messi a disposizione dai governi.
Il tetto al numero di ammissioni fissato dagli Stati Uniti per l’anno finanziario 2020, che decorre dal 1 ottobre, è ben al di sotto di quello delle persone già in attesa di una decisione in merito al proprio reinsediamento nel Paese. La riduzione del numero di ammissioni comporterà la posticipazione del ricongiungimento di famiglie traumatizzate e ne lascerà molte in un limbo indefinito, in assenza delle condizioni necessarie per ricostruirsi una vita.
L’UNHCR riconosce che il reinsediamento di rifugiati costituisce una scelta di carattere umanitario – non un obbligo legale – ed esprime profonda gratitudine per la generosità di lunga data del Governo degli Stati Uniti e del popolo americano nell’optare per tale scelta. È una scelta che salva vite ogni giorno. Tuttavia, grazie all’esperienza quotidiana nelle crisi di rifugiati in tutto il mondo, l’UNHCR è consapevole che sono necessari ulteriori posti da destinare ai più vulnerabili. Pertanto, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati continua a rivolgere un appello affinché non solo i posti messi a disposizione nei tradizionali Paesi di reinsediamento aumentino, ma un numero maggiore di Paesi si faccia avanti contribuendo attivamente a rispondere a questa crescente sfida umanitaria, in linea con la strategia 2019-2021 su reinsediamento e canali complementari per i rifugiati, sviluppata in stretta collaborazione con gli Stati e vari attori della società civile e del settore privato.
Il reinsediamento consiste nel ricollocamento di persone che sono già state costrette a fuggire dal proprio Paese di origine, ma continuano a essere a rischio nel Paese di asilo e devono pertanto essere trasferite in un Paese terzo per motivi di salute e di sicurezza.
Per maggiori informazioni:
Condividi su Facebook Condividi su Twitter