L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) è incoraggiato dall’esito positivo che ha avuto l’incontro regionale per risolvere la situazione di migliaia di rifugiati e migranti che rischiano la vita in mare nel Golfo del Bengala e nel Mar delle Andamane.
Organizzata dal governo tailandese, l’assemblea straordinaria sui flussi migratori nell’Oceano Indiano tenutasi venerdì ha riunito 17 paesi della regione Asia-Pacifico, oltre all’UNHCR, l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) e l’Ufficio delle Nazioni Unite per il Controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC). L’incontro si è concluso con una serie di proposte e raccomandazioni su come rispondere immediatamente per aiutare le persone in pericolo in mare, così come sugli sforzi per ridurre il traffico e la tratta di esseri umani e affrontare le cause profonde di queste traversate.
Dal 2014 più di 88.000 persone sono partite dal Golfo del Bengala su barche gestite da trafficanti e si ritiene che oltre 1.000 siano morte a causa di abusi e privazioni in mare.
“La priorità deve essere il salvataggio di vite umane”, ha detto l’Assistente Alto Commissario dell’UNHCR per la Protezione, Volker Türk, accogliendo con favore l’impegno degli Stati per il salvataggio e lo sbarco di persone in difficoltà e a garantire che l’UNHCR possa avere accesso a questi migranti. “Queste proposte sono un buon inizio, ed è necessario che vengano implementate in maniera efficace.”
L’UNHCR e altre organizzazioni hanno offerto supporto allo screening delle persone arrivate via mare – fra i quali ci sono rifugiati, migranti economici, vittime di tratta e minori non accompagnati – per determinare le loro esigenze e cercare soluzioni adeguate. I migranti potrebbero essere in grado di tornare alle proprie case; i rifugiati non possono farlo e avranno pertanto bisogno di accordi per il soggiorno temporaneo nei paesi ospitanti. Solo i più vulnerabili potranno accedere a programmi di reinsediamento, che a livello globale garantiscono un numero limitato di quote.
“In sostanza, questo significa che a coloro che ora non possono tornare per motivi di protezione internazionale deve essere consentito di rimanere temporaneamente e di lavorare”, ha dichairato Türk. “In questo modo si riconoscerebbe e regolarizzerebbe semplicemente quanto in realtà sta già accadendo da molti anni.”
A tal riguardo, l’UNHCR è pronto a sostenere i governi tramite la registrazione degli arrivi, la fornitura di documentazione ed altro, nel contesto di un approccio globale e creativo a un problema regionale.
“Sarebbe falso lasciar intendere che ci sono soluzioni semplici per questo fenomeno”, ha affermato. “Tuttavia, come il mondo ha imparato dal Sud-Est asiatico, nel corso di una crisi c’è sempre un’opportunità e un reale potenziale per una situazione ‘win-win’ per tutti i soggetti coinvolti. Ma per raggiungere questo obiettivo saranno necessarie la volontà politica e una leadership, sia individuale che collettiva.”
Una parte fondamentale della soluzione consiste nell’affrontare le cause della fuga, comprese le questioni legate alla cittadinanza nel Myanmar. Pur accogliendo con favore i primi passi intrapresi a questo proposito, Türk ha dichiarato: “Nel frattempo, è urgente offrire uno status giuridico per tutti i residenti abituali, che riconosca che il Myanmar è il loro paese. L’accesso ai documenti di identità e la rimozione delle restrizioni alle libertà fondamentali sono necessari per normalizzare e stabilizzare la vita.”
I partecipanti alla riunione hanno convenuto sulla necessità di una strategia per affrontare le cause profonde di questi flussi migratori e migliorare i mezzi di sussistenza delle comunità a rischio. Tra le azioni consigliate vi sono l’assistenza allo sviluppo, il miglioramento del senso di sicurezza e di appartenenza, e la promozione del pieno rispetto dei diritti umani e l’accesso ai diritti e ai servizi di base.
Türk ha guidato una delegazione dell’UNHCR che comprendeva il direttore dell’Ufficio per l’Asia e il Pacifico, Daisy Dell, e il Rappresentante e Coordinatore Regionale nel Sud-Est asiatico, James Lynch.
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