A causa del continuo spargimento di sangue, in Sudan si sta consumando la peggiore crisi mondiale di protezione della popolazione civile degli ultimi decenni – e il mondo non sta prestando affatto attenzione.
Questa settimana è stata raggiunta una pietra miliare devastante. Da quando è scoppiata la guerra, 19 mesi fa, oltre 3 milioni di persone sono state costrette a fuggire dal Sudan, cercando sicurezza nei Paesi vicini e in quelli più lontani. È stato un anno e mezzo di sofferenze inimmaginabili, atrocità brutali e violazioni diffuse dei diritti umani. Ogni minuto, migliaia di vite vengono spezzate dalla guerra e dalla violenza, lontano dall’attenzione del mondo.
L’esodo dal Sudan continua, e ha raggiunto livelli mai visti dall’inizio della crisi. Solo nel mese di ottobre, circa 60.000 sudanesi sono arrivati in Ciad in seguito all’escalation dei combattimenti in Darfur e al ritiro delle acque alluvionali.
Le persone arrivano in condizioni disperate, portando con sé solo i ricordi di violenze inimmaginabili a cui hanno assistito e a cui sono sopravvissuti – cose che nessuno dovrebbe sopportare.
I civili stanno pagando il prezzo più alto in questo conflitto violento. Chi è riuscito a fuggire in Ciad ha raccontato di terribili atrocità: civili terrorizzati, case saccheggiate, persone e animali uccisi. Molti sono stati costretti ad assistere all’uccisione dei propri cari. Le persone sono state prese di mira sulla base della loro etnia; uomini e ragazzi uccisi e i loro corpi bruciati. Le donne sono state violentate mentre fuggivano. Molte persone ricordano i corpi che hanno visto abbandonati lungo la strada mentre fuggivano fra pericoli disumani verso la salvezza.
Uno sconcertante 71% dei rifugiati arrivati in Ciad riferisce di essere sopravvissuto a violazioni dei diritti umani durante la fuga. I livelli di trauma sono devastanti, con famiglie sotto shock dopo essere fuggite dagli orrori, e che vivono ancora nella paura nonostante si trovino in relativa sicurezza.
I Paesi della regione stanno facendo la loro parte, ma i bisogni sono immensi in molti dei Paesi ospitanti, le cui popolazioni avevano già necessità umanitarie enormi. I Paesi limitrofi sentono la pressione; le strutture nazionali stanno collassando sotto la pressione degli arrivi continui.
Il Ciad è diventato un’ancora di salvezza e un rifugio per oltre 700.000 rifugiati sudanesi – la maggior parte dei quali donne e bambini – costretti a lasciare le loro case dallo scoppio della brutale e indiscriminata guerra in Sudan. Si tratta del più grande afflusso di rifugiati nella storia del Ciad, che si aggiunge agli oltre 400.000 sudanesi che già vivevano in condizioni di sfollamento prolungato nell’est del Paese, portando la popolazione totale di rifugiati sudanesi nel Paese a oltre 1,1 milioni.
Adre era una piccola città di confine di 40.000 persone, ma la sua popolazione è aumentata di sette volte e ora ospita 230.000 rifugiati sudanesi, molti dei quali trascorrono mesi in condizioni difficili, in attesa di essere trasferiti nell’entroterra.
Nonostante gli sforzi compiuti, il sistema sanitario è fragile, con un solo medico per 24.000 pazienti, superando di gran lunga lo standard di emergenza di un medico ogni 10.000 persone. L’accesso all’acqua è inadeguato. L’istruzione rimane una priorità assoluta per le famiglie, ma la maggior parte dei bambini non va a scuola da quasi due anni. Il cibo in Sudan è scarso e sempre più bambini attraversano il confine malnutriti.
Altri Paesi vicini, come l’Egitto, che secondo gli ultimi dati governativi è Paese che ospita il maggior numero di sudanesi in fuga: 1,2 milioni di nuovi rifugiati – sono andati oltre le loro possibilità, fornendo sicurezza alle persone in arrivo, assicurando che i bambini possano andare a scuola, dando ai rifugiati il diritto di lavorare, di avviare nuove attività e la possibilità di contribuire alle comunità che li ospitano.
L’Etiopia sta creando insediamenti integrati con il sostegno di donatori per lo sviluppo, rafforzando i servizi sociali esistenti per i rifugiati sudanesi e per chi li ospita, mentre l’Uganda sta fornendo ai nuovi arrivati i documenti per poter utilizzare la loro istruzione e le loro competenze per contribuire alle economie locali. Nella Repubblica Centrafricana, ai rifugiati sudanesi sono stati assegnati terreni coltivabili.
In Libia, le comunità locali, compresi i sudanesi presenti nel Paese da molti anni, hanno mostrato solidarietà e sostegno a decine di migliaia di rifugiati sudanesi. Tra i 3 milioni di persone che sono fuggite dalle violenze in Sudan, 650.000 sono sud sudanesi che tornano in un Paese estremamente fragile e con enormi necessità umanitarie. Tuttavia, stiamo lavorando con le autorità e gli attori dello sviluppo per migliorare le condizioni delle comunità che li accolgono.
Si tratta di una delle più grandi emergenze al mondo, ma tra le meno denunciate e finanziate. Senza un sostanziale sostegno finanziario da parte della comunità internazionale, la coesione sociale e la stabilità regionale saranno messe in pericolo e milioni di persone dovranno affrontare difficoltà estreme. Il Piano regionale di risposta ai rifugiati per il Sudan è finanziato solo per il 29% degli 1,5 miliardi di dollari richiesti dagli 86 partner.
Dona ora per supportare la risposta umanitaria dell’UNHCR in Sudan e nei Paesi vicini.
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