Negli ultimi giorni l’area circostante il Centro di detenzione di Ain Zara è stata teatro di scontri pesanti. Alcuni rifugiati hanno riferito all’UNHCR di avere paura e di temere per la propria incolumità a causa degli scontri in corso nella zona, nonché di avere ormai a disposizione quantità minime di scorte.
L’UNHCR è stato informato di situazioni simili che coinvolgono altri Centri di detenzione e attualmente sta esaminando quanto riferito.
Il ricollocamento di rifugiati e migranti detenuti avvenuto ieri è il primo realizzato dall’UNHCR in seguito al recente inasprirsi degli scontri.
L’UNHCR sta lavorando a stretto contatto con le autorità e coi propri partner per garantire che un numero ulteriore di persone vulnerabili sia ricollocato dai Centri di detenzione.
“In Libia molti rifugiati e migranti sono soggetti a terribili depravazioni. Ora sono ancora più esposti a seri rischi e non deve essere tralasciato alcuno sforzo volto a trarre in salvo tutti i civili e a garantire loro un luogo più sicuro”, ha dichiarato Matthew Brook, Vice Capo Missione dell’UNHCR in Libia.
Da quando sono scoppiati gli scontri nella capitale libica, oltre 3.400 cittadini sono stati costretti alla fuga e molti altri sono rimasti vittime del fuoco incrociato, impossibilitati a mettersi in salvo.
L’UNHCR si unisce al resto degli attori umanitari per sollecitare il rispetto degli obblighi legali internazionali volti ad assicurare l’incolumità di tutti i civili e l’integrità delle infrastrutture, oltre che a garantire un accesso incondizionato, sicuro, duraturo e senza impedimenti degli aiuti umanitari alle aree colpite.
Nell’ambito della risposta d’emergenza alle violenze in atto, l’UNHCR ha inoltre predisposto la presenza di aiuti in aree chiave a Tripoli e a Misurata, rafforzando la capacità dei propri servizi di assistenza telefonica e assicurando la continuità dei programmi di protezione per rifugiati e sfollati interni negli insediamenti urbani.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ribadisce la propria posizione secondo cui le condizioni in Libia non sono sicure per i rifugiati e i migranti soccorsi o intercettati e che, pertanto, essi non devono esservi ricondotti.
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